Dai caschi blu alle tovaglie blu. Cosa aspetta Meloni a mandare suo cognato alle Nazioni Unite? Lì dove c’è un conflitto, arriva la comunità internazionale ad apparecchiare una bella cena, un banchetto, un buffet

((SAVERIO RAIMONDO – ilfoglio.it) – Mi scuso con i lettori di questa rubrica se per la seconda volta consecutiva, dopo soltanto una settimana, torno a trattare del ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e le Foreste Francesco Lollobrigida, detto “Lollo” – o, ancor più confidenzialmente, “er cognato”. La mia non è mancanza di fantasia, né pigrizia; è il ministro che continua a superarsi, ormai le spara a livelli agonistici come fosse a un poligono di tiro della cazzata, deve aver fatto una scommessa con qualcuno – e quel qualcuno si prepari a pagare pegno, perché il ministro la sta vincendo. Non vi sarà sfuggita infatti l’ultima dichiarazione di Lollobrigida, che riporto in calce: “Quanto è importante stare a tavola, discutere e ragionare, bere un bicchiere di vino. Dialogare. Quante guerre non ci sarebbero state di fronte a cene ben organizzate”. In effetti, se Zelensky fosse andato a cena da Putin, non ci sarebbe stata alcuna guerra in Ucraina in quanto Zelensky sarebbe morto subito dopo il dolce, avvelenato. (C’è allora da chiedersi quanto avesse mangiato male Mussolini il 10 giugno 1940…).

Le parole del ministro valgono per la pace nel mondo come, più in generale, per il quieto vivere: delle cene ben organizzate, magari lunghe, di quelle con tante portate (intervallate da sorbetti, e poi dopo i caffè anche gli amari), certe cene dicevo, di quelle che non ti alzi mai da tavola, possono impedire le guerre fra i popoli come ai ministri di rilasciare dichiarazioni demenziali, occupandogli la bocca per ore e ore così da ridurli al silenzio. Nella dichiarazione del ministro però c’è un dettaglio che un dettaglio non è; e che fa la vera differenza. Il ministro, per garantire la pace del mondo, non parla di qualità del cibo – che, ricordiamolo, sempre secondo Lollobrigida è appannaggio della povera gente (cit.); bensì parla di “cene ben organizzate”. In altre parole: catering per la pace. Altro che il ritorno del servizio di leva: alberghiero obbligatorio, per preparare i nostri giovani a servire ai tavoli in caso di Terza guerra mondiale. Cosa aspetta Giorgia Meloni a mandare suo cognato alle Nazioni Unite? Sembra avere un’idea di riforma dell’Onu molto chiara: dai caschi blu si passi alle tovaglie blu!

Lì dove c’è un conflitto, arriva la comunità internazionale ad apparecchiare una bella cena, un banchetto, un buffet. All’aperto, ma in caso di maltempo c’è la location alternativa in locale climatizzato; e poi sedie e tavoli per tutti, tovaglioli di lino freschi di bucato e bianchi di lavanderia, camerieri discreti ma sempre a disposizione, velocissimi nel versare da bere non appena ti si svuota il bicchiere e senza che neanche tu te ne accorga. Niente posate (per evitare che siano usate come armi nel caso in cui le ostilità siano più recidive del previsto), alle cene per la pace di Lollobrigida si mangia con le mani; ma impiattamento curatissimo. E cosa si mangia? Ma ovvio: niente! Assolutamente niente: oggi come oggi, se c’è una cosa sulla quale la gente si scanna è il cibo. Fra allergici, intolleranti, crudisti, salutisti, animalisti, è impossibile mettere sei persone intorno a un tavolo senza che scoppi una rissa per l’alimentazione di uno rispetto a quella di un altro, figuriamoci due popoli che si contendono dei confini territoriali; viviamo nell’epoca del ritorno dei totalitarismi, compresi i regimi alimentari; non ci si riesce a mettere d’accordo sul menu, figuriamoci un trattato di pace. Ma tutto questo Lollobrigida non lo sa: a lui piace tanto il vino italiano, e si sente.