Colto e spregiudicato, da direttore di “Chi” ha gestito l’album di famiglia del Cavaliere. Il suo motto: “Meglio stronzo che anonimo”

(di Filippo Ceccarelli – repubblica.it) – E non si dica, per favore, che è solo gossip. O meglio, si dica pure, ma a patto di riconoscere che il gossip, Sua Maestà il Gossip, è il re clandestino di questo tempo lurido e sfarzoso, nel quale tuttavia la giustizia — quel che sembra e quel che è — seguita comunque a fare il suo corso.
Inutile adesso appigliarsi con il senno di poi alle mille opportunità che il personaggio Signorini ha offerto in pasto alla cronaca. Per cui certo non hanno funzionato i mazzi d’aglio e peperoncino esposti contro l’invidia e le disgrazie; idem il vistoso acciaccamosche per proteggersi dai “fastidiosi”; e che dire dello specialissimo rosario al quale, sempre tenuto in tasca, si “formava un nodo” quando c’era qualche sgradevole impiccio?
Di nodi e snodi, anche nel paranormale, era già piena la vita di questo non più tanto giovane uomo colto e sensibile, laureato in filologia medievale. Si è scritto — e smentito, forse tardivamente — che fra i suoi meriti cortigiani c’era di aver presentato a Marina B. una maga. Risuona in ogni caso beffardo l’inno che un coro femminile, sull’aria di Non sono una signora, andava in onda prima di una trasmissione radiofonica: “Un’ora surreale/ di fuga dal banale:/ Alfonso Signorini,/ il killer dei falsi divi e dei cretini”. Quello stesso personaggio che con due leggiadri assiomi aveva fotografato l’essenza dell’odierna società, che così oggi giorni lo ripaga. Primo: “Chi non c’è, s’incazza”. Secondo: “Meglio stronzo che anonimo”.
Ce ne sarebbe poi un terzo che recita: “Il pettegolezzo distrugge, il gossip costruisce”. Là dove, saltato il confine tra pubblico e privato, quella fatidica paroletta inglese è da intendersi come quel magma incandescente di spettacoli, affari, corpi, ricatti, chiacchiericcio, storytelling, potere, marketing e mitologia. Dal che, specie in queste occasioni, sarebbe saggio tenersi alla larga da ogni possibile demonizzazione. Se non fosse che, tratteggiando un sommario ritratto di Signorini, la memoria, per quanto negletta, rivendica il suo e costringe a ricordare quando — era la primavera del 2009 — l’allora presidente Berlusconi, con un sorrisone dei suoi, comunicò che le foto, peraltro irresistibili, del compleanno di Noemi a Casoria gliele aveva chieste “quel diavolo di Signorini”.
Non è certo il caso di fare esorcismi, pure comparsi qui e là nell’ilare e torbido ciclo degli scandali sessuali berlusconiani. In tal senso è bene segnalare che il direttore di “Chi” non fu solo il telescopio gossip del Cavaliere, ma che questi cercò di trascinarlo in politica e sempre premiò o suoi preziosi consigli su parecchi altri affarucci così delicati che certo contribuirono a ristrutturare le forme e la sostanza del potere in Italia tra il primo e il secondo decennio del secolo.
Con apparente avventatezza, si può sostenere che Berlusconi vide in Signorini la sconfitta definitiva della figura dell’intellettuale di partito e la sua conseguente sostituzione con quella di un consigliere strategico pronto uso, indispensabile nella costruzione di un immaginario funzionale alla rotocalchizzazione di quello che Silvione sognava come un regno. Alla guida dell’“album di famiglia” della Real Casa non pubblicò soltanto foto e noterelle che avvicinavano figli e figlie del sovrano alla mitologia, ai poemi epici, al mondo dei faraoni. Quando scoppiò il caso di Veronica, Signorini fu prelevato alle Maldive con un jet Mediaset. Quando l’affaire della prima minorenne non si sgonfiava ne proclamò l’illibatezza, pure assegnandole un fidanzatino ex tronista. Quando divampò la vicenda D’Addario mise in copertina il presidente col nipotino per controbilanciare orge e satiriasi. E quando dopo Ruby fu il momento della controffensiva, chi se non Signorini maneggiò il video Marrazzo per le necessità del caso? Così come, nel momento in cui le cronache strabordavano di ruffiani e olgettine, fu suo il compito di farli fotografare in preghiera in fantastiche pseudo-paparazzate.
Insomma, va bene che tutto si scorda facile, ma guai a sorvolare sul ruolo centrale di Signorini e di “Chi” come astuto “accontentatoio” e ponte verso ambienti estranei od ostili. Vedi la provvisoria scelta tecnocratica, le pagine celebratrici dedicate alle “mogli di”, le missioni clandestine con Renzi, la scoperta e il lancio tv di Giambruno. A riprova che nazional-popolare, a volte, non è altro che fango e cenere.