I falchi sono in azione da entrambi i versanti. Tale retorica bellica è la miglior prova che la guerra è uno strumento obsoleto che non risolve ma aggrava

(Mario Giro – editorialedomani.it) – I falchi sono in azione. Dalle due parti. Appena le notizie sul possibile accordo tra russi e ucraini sono diventate più serie, chi è contro la pace ha messo giù le proprie carte, sia a Mosca che in Europa. L’attacco (vero?) a una residenza di Putin sa di dimostrativo ma basta ai duri dei due lati per affondare il fragile consenso costruito finora. Analisti e opinionisti commentano: «L’accordo trumpiano è fragile». Sai che scoperta! Dopo quattro anni di guerra micidiale, ogni possibile intesa sarà fragile e avrà bisogno di continua manutenzione. Sembra che ci sia un’inconfessabile soddisfazione a sostenere che non esista accordo possibile se non quello che ognuno considera vittoria. In chiaro: per i falchi russi come minimo si tratta della conquista di tutto il Donbass, incluse le terre non ancora occupate. Sappiamo anche che al Cremlino c’è chi sostiene ancora la conquista di tutta l’Ucraina e oltre. Era l’idea iniziale della guerra. Non è andata così ma malgrado ciò c’è ancora chi è partigiano di un conflitto allargato per recuperare il ruolo che fu dell’Urss.

Dal lato di Kiev, c’è la propaganda patriottica che spinge per la continuazione della guerra fino alla liberazione di tutto il territorio occupato. Una parte dei leader europei (di maggioranza o opposizione) che vorrebbe tenere occupati i russi nel Donbass in una guerra di logoramento per evitare conquiste o aggressività ulteriori. Sarebbe come dire: usiamo gli ucraini per difendere noi stessi, che tanto non andremo a combattere.

La propaganda impazza dai due versanti (contaminando gli analisti). Per entrambi la tesi di Trump (scambio pace per territori con garanzie e in più molti affari) appare «ingiusta», «limitante» e comunque uno «spreco» dopo molto sangue versato: «Dopo tanto clamore, otteniamo solo questo?».

Tale retorica bellica è la miglior prova che la guerra è uno strumento obsoleto che non risolve ma aggrava. Certamente c’è una differenza tra le due parti: tra chi si è preso la responsabilità inammissibile dell’aggressione – Mosca – e chi si è difeso, l’Ucraina.

Per la Russia il conflitto in corso si è rivelato talmente inutile da diventare addirittura dannoso con annose conseguenze: da superpotenza influente, la Russia non è riuscita a conquistare nemmeno la piccola Ucraina, ha perso la Siria e l’Armenia, ha rivitalizzato la Nato e si è gettata tra braccia cinesi.

Ma anche per l’Ucraina la guerra si sta rivelando inutile e dannosa. Seppur giustificata dal diritto all’autodifesa e dal principio di inviolabilità, il suo prolungamento infragilisce un paese ormai allo sbando, con metà della popolazione fuori casa, senza energia e senza più aiuti americani. Perché questa è la svolta politica che costringe all’accordo: la decisione Usa di smettere il supporto militare a Kiev e di riannodare con la Russia. Si tratta di un ragionamento puramente legato agli interessi domestici americani.

In un gesto di comprensibile fierezza, gli europei hanno deciso di sostenere loro la lotta ucraina ma non potranno farlo a lungo. E di questo i falchi europei si lamentano, cercando di risvegliare tutto l’orgoglio possibile perché la battaglia prosegua in nome delle regole internazionali, pur sapendo che ciò non sarà possibile.

Dal canto suo Trump usa il suo solito metodo: il caldo e il freddo. Un giorno elogia le parti; l’altro si dichiara insoddisfatto o deluso; talvolta insulta e minaccia; tal altra complimenta e promette. È il suo sistema, tra imprevedibilità e pressioni. Anche le scansioni temporali (una settimana, alcune settimane…) sono del tutto imponderabili perché servono a pressare i suoi stessi negoziatori. Alla fine il tycoon riserva per sé stesso il ruolo di giudice-arbitro: darà buoni voti a chi – secondo lui – lo è stato ad ascoltare e boccerà gli altri. Lui stesso non avrà responsabilità alcuna.