Gli organici come Giordano e Paglia ormai sono in secondo piano. A portare il verbo oggi ci sono Cerno, Chirico e le Giornaliste italiane

Il direttore artistico di Sanremo 2026 Carlo Conti

(Lisa Di Giuseppe – editorialedomani.it) – Forse non serve un Pier Paolo Pasolini, ma basta un Carlo Conti. Senza nulla togliere al valore culturale del direttore artistico di Sanremo 2026, ovviamente. Il melonismo ha conquistato il centro del paese e, con lui, volti che portano in giro per l’Italia la variante soft della politica degli eredi di An. Con tanti saluti a Marcello Veneziani e Mario Giordano, che consumano inchiostro per ricordare al ministro della Cultura Alessandro Giuli da dove viene e dove (secondo loro) non sta andando. «Non è cambiato niente» ha attaccato Veneziani, accusato a sua volta dal ministro di «nemichettismo». Ieri sulla Verità gli ha replicato per le rime Giordano: «Credere, obbedire e purgare, si capisce: la destra meloniana avanza spedita verso la deriva dei folli, anzi dei folletti». Un passaggio generazionale tutt’altro che fluido, gravato da risentimenti e presunte gelosie: ma si tratta di una fotografia precisa di un avvicendamento dei cantori del melonismo. La nuova generazione è parte di un mondo tangente alla destra tradizionale, ma con un piede nel mainstream, capace di portare più lontano il verbo della presidente del Consiglio.

«You can’t always get what you want, but sometime you might find you get what you need» cantavano i Rolling Stones. Non sempre si riesce ad avere quello che si vuole (Pasolini nel pantheon della destra) ma a volte si scopre di avere quel che serve (Conti ad Atreju). Sono lontani i tempi in cui si faticava a trovare un intellettuale d’area e mancavano i nomi a cui affidare gli incarichi economici o culturali che lo spoils system assegna a chi è al potere. Nel 2022 per guidare l’Ales non c’era nessuno di meglio dell’ex noleggiatore Fabio Tagliaferri, oggi sul palco di Atreju passano tutti, da Mara Venier in giù.

Non si tratta di meloniani purissimi, anzi. Ma anche il pubblico della kermesse da tempo non è più composto da militanti convinti, chi orbita nell’universo del partito della nazione spesso è di tutt’altra estrazione. Certo non è il caso di Arianna Meloni, che nel partito tutto vede e tutto governa, ma per esempio Tommaso Cerno, neodirettore del Giornale e acclamatissimo intervistatore di Giuseppe Conte, ex senatore dem, è lontanissimo dal colleoppismo spinto dei Giampaolo Rossi e dei Guido Paglia (un altro che ormai attacca la governance Rai da destra). Ciò nonostante sa perfettamente quali sono le parole d’ordine – «Soumahoro», «cooperative», «Superbonus» – da pronunciare per scatenare la folla di avventori simpatizzanti di Atreju.

Il tubo catodico

Per non parlare della deriva televisiva: a disposizione degli autori – anche quelli dei «salotti radical-chic» come ama descriverli Giorgia Meloni – non ci sono più soltanto “animali da palcoscenico” come il leghista Claudio Borghi o il presidente di commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone. Entrambi restano presentissimi, ma al loro fianco si è ormai cristallizzata una buona squadra di volti “di destra” più pacati. C’è da tempo Annalisa Chirico, che conduce anche su Radio 1, dove qualche programma più in là registra la sua trasmissione Noemi, a cui pure viene attribuita un’amicizia personale con le sorelle Meloni. Ma uno dei più ambiti dai programmi è senz’altro Francesco Giubilei, classe 1992 e presidente della Fondazione Tatarella. Un erede dei Mario Sechi e gli altri direttori dei giornali di destra, un po’ meno presenti, come i “colonnelli” meloniani in Rai, nel palinsesto di Atreju di quest’anno.

Oltre agli ospiti à la Raoul Bova o Francesco Facchinetti – «la sinistra coltiva odio, Giorgia Meloni invece sa fare politica» – a dettare i tempi dal palco hanno pensato, spesso, le Giornaliste italiane. L’organizzazione nata in Rai che riunisce croniste conservatrici sembra essere diventata, se non braccio operativo, almeno bacino di riferimento delle sorelle Meloni molto più della vecchia guardia di direttori (maschi). Tra i volti più conosciuti la chigista del Tg2, Giulia Di Stefano, la coconduttrice di L’Alieno in patria, Manuela Moreno, mentre la presidente, Paola Ferrazzoli, ha condotto addirittura il panel, l’unico, a cui ha partecipato Arianna Meloni.

In Rai, al di là di presunti abboccamenti (sempre smentiti) della destra con Stefano De Martino, come nuovi volti di riferimenti dovrebbero sbarcare a breve Claudio Brachino e Hoara Borselli. Anche Piero Chiambretti sembra aver spuntato l’access del sabato sera dopo una prova soddisfacente del suo Finché la barca va. Capitalizza invece la sua passione per le patrie province Edoardo Sylos Labini, da sempre prezzemolo della Rai sovranista, pronto a portare il pubblico, con il suo Radix, in un «viaggio identitario» a Pomezia, Chioggia, Ascoli, Lecce, Casale Monferrato (nel frattempo Alberto Angela per il suo programma in onda notte di Natale ha scelto la poco provinciale Torino, non gli deve essere arrivata la nuova direttiva da via Asiago).

A ricavarsi un ruolo sempre più preminente – ma sempre nelle retrovie – c’è il sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi. Accanto a lui, anche se di generazione successiva, i due organizzatori di Atreju, Giovanni Donzelli e Francesco Filini. Merita una menzione d’onore il talento multiforme di Gennaro Sangiuliano, volto suo malgrado grazie all’identità cangiante di direttore-ministro-corrispondente-capogruppo regionale. Ben più giovani, ma lanciate nel cielo stellato del melonismo Marta Schifone, figlia d’arte e commissaria del partito a Napoli, e Grazia Di Maggio, giovane promessa di FdI saldamente al microfono di Radio Atreju. Fanno parte della leva politica degli anni Novanta anche la tanto discussa direttrice d’orchestra Beatrice Venezi e Caterina Funel, che ha iniziato a frequentare FdI quando aveva quattordici ed è in pole position come prossima guida dei giovani meloniani: quest’anno aveva la responabilità dei volontari di Atreju. Militasse altrove si potrebbe dire che il suo è un futuro nel segno del sol dell’avvenire.