
(Giuseppe Panissidi – lafionda.org) – La “differenza specifica”, aristotelicamente intesa, tra le due realtà statuali è capitale, in quanto inerente ai capisaldi della Civiltà giuridica. Pertanto, la conferma dell’assoluzione di Matteo Salvini suggerisce qualche rispettosa domanda.
Se, realmente, alla stregua della discussione davanti alla Suprema Corte di Cassazione, a “tenere sequestrati” i profughi non fosse stato il ministro leghista bensì il comandante di Open Arms, che avrebbe potuto sbarcare altrove, al ministro dell’Interno pro tempore Salvini incombeva comunque l’obbligo giuridico di impedire quell’evento, in forza del comando di cui all’art. 40, cpv, codice penale: “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Sotto il profilo tecnico si versa nella fattispecie di “concorso omissivo”.
Si deve porre attenzione alla circostanza, pacifica in diritto, dottrina e giurisprudenza, che l’evento da impedire non deve di necessità configurarsi come penalmente rilevante. Siffatta fattispecie di reato, infatti, si concreta anche qualora il fatto presupposto, in tal caso la condotta del comandante di Open Arms, non costituisca reato.
In breve, sia che il comandante dell’imbarcazione avesse “sequestrato” i profughi in acque territoriali italiane, sia che costui non fosse stato responsabile di “sequestro”, Salvini Matteo avrebbe dovuto rispondere di “concorso”! Infatti, al potere, astratto ed eventuale, di impedire lo sbarco corrisponde specularmente il dovere di intervenire in costanza sia di violazioni della legge penale sia di altre devianze all’interno dei “confini” dei quali un ministro della Repubblica giustamente si proclama difensore.
E ancora: a giudizio della Procura Generale della SC, in riferimento all’ordinanza emessa dalle Sezioni Uniti Civili della SC nello scorso mese di marzo, appare complicata la “traslazione” dall’ambito civile a quello penale. Indubbiamente.
Se non che, nel caso che ci occupa, non si trattava affatto di ricorrere a un’impropria e incongrua trasposizione meccanica, bensì di applicare una limpida costellazione di principi giuridici generali, anche di rango costituzionale, ad ambiti giurisdizionali e funzionali diversi! Tanto è vero che le Sezioni Unite Civili, sgombrato risolutamente il terreno da “inesistenti”, e solo presunte, ambiguità e incertezze in tema di doveri istituzionali e “porto sicuro”, non richiamano il codice civile, bensì, e tra l’altro in modo esplicito, la Carta Costituzionale e i suoi basilari artt. 10, ovverosia la cogenza preminente del “diritto internazionale” quanto ai diritti degli stranieri, e 13, in ordine all’inviolabilità della persona, salvo l’“atto motivato dell’autorità giudiziaria”, nonché la loro valenza giuridica universale.
A nulla rileva che l’ordinanza delle Sezioni Unite Civili sia molto recente e successiva agli eventi relativi a Open Arms, risalenti al 2019. Invero, nell’anno del Signore 2019 erano già (!) in vigore tanto la Costituzione, alla quale un ministro giura fedeltà, quanto il delitto di “sequestro di persona”, rispetto al quale “ignorantia iuris neminem excusat”, vale a dire che l’ignoranza della legge non discolpa nessuno.
Né giova ricordare che l’esecutivo non è “autorità giudiziaria”! La pronuncia delle Sezioni Unite Civili, la massima istanza della giurisdizione, appare inequivoca e non sembra particolarmente “complicata” da applicare in sede di giurisdizione penale.
Pare oltremodo improbabile che la pubblicazione, a tempo debito, delle motivazioni dell’odierna decisione assolutoria possa delucidare tali enigmi…