(Andrea Zhok) – Ieri la conferenza su “Russofilia Russofobia Verità”, già boicottata due volte, si è tenuta a Napoli, protagonisti Angelo D’Orsi e Alessandro DI Battista. Al termine della conferenza una folta claque presente tra il pubblico si è alzata con addosso magliette dell’Ucraina, urlando a squarciagola domande retoriche tipo “Chi vi paga?”, cioè domande che non sono tali, ma sono in effetti ingiurie. Alla resistenza di alcuni astanti a questa azione di disturbo, alcuni hanno cominciato a lamentarsi della scarsa democraticità per non aver risposto alle domande (tipo che se ti chiedono “A che ora tua madre smette il turno sulla tangenziale?” devi rispondere educatamente dandogli un orario – e non invece con una sacrosanta testata sul setto nasale.)

Ora, qui gli organizzatori politici del sabotaggio sono i soliti noti: Radicali, + Europa et similia, ma qui c’è stato anche il sostegno di elementi della comunità ucraina locale. Napoli, come molte altre città italiane ed europee, ospita una folta comunità di profughi ucraini e questo fatto credo sia stato finora sottovalutato nella sua portata.

L’Ucraina ha esportato in questi anni – grazie alle leggi europee che lo consentivano – milioni di propri cittadini in una moltitudine di città europee. Come è emerso da dati sul traffico social, tra gli ucraini, la maggior parte dei più acerrimi sostenitori della prosecuzione ad oltranza della guerra sono proprio ucraini fuggiti all’estero.

Il sostegno degli ucraini alla guerra alberga soprattutto tra gli imboscati all’estero, mentre in patria l’auspicio di una rapida conclusione, anche con sacrifici territoriali, appare maggioritario.

Alla luce della chiusura del conflitto, che potrebbe non essere distante (io scommetterei su una tempistica di 6 mesi), un problema con cui temo avremo a che fare in futuro sarà precisamente la presenza di folti gruppi di nazionalisti ucraini nel cuore di tutte le città europee.

Sono certo che molti cittadini ucraini vorranno soltanto vivere pacificamente, ma la rilevanza di una diaspora di ipernazionalisti – peraltro connessi con l’area con la massima circolazione di armi di contrabbando al mondo – rappresenterà un serio problema. Tutte le comunità all’estero, soprattutto se arrivate insieme in tempi brevi, tendono a costituirsi in associazioni di muto supporto, e la storia ricorda come tali associazioni abbiano un’elevata tendenza ad essere contigue ad organizzazioni a delinquere (questa è la storia della mafia italiana o irlandese negli USA).

Questa guerra, come tutte le guerre, lascerà strascichi di odio e risentimento. Ma avere folti gruppi di nazionalisti (o, diciamolo, senz’altro di simpatizzanti neonazisti), con accesso facilitato ad armi di contrabbando, nel cuore delle maggiori città d’Europa rappresenta un potenziale di rischio enorme.

Tale rischio può prendere sia la forma tradizionale dell’ordinario crimine organizzato, sia quello della fornitura di manodopera spendibile per operazioni alimentate da poteri occulti e servizi segreti. E questa seconda opzione – tutt’altro che inedita – è di gran lunga più pericolosa e probabile della prima.