L’opposizione divisa, presentati sei testi. Conte non ascolta Schlein: “Ma risolveremo differenze”

(estratto art. di Luca De Carolis e Wanda Marra – ilfattoquotidiano.it) – […] Lui e lei, Giuseppe Conte ed Elly Schlein, giocano partite diverse nella Montecitorio dove la premier va a raccontare, ma soprattutto a rispondere in vista del Consiglio europeo.
Pd e Movimento sull’Ucraina restano lontanissimi tra loro, e se serviva una prova di quanto teorizza l’avvocato – “l’alleanza ancora non c’è” ripete in serata – eccola, in carne e leader. Nel suo intervento la segretaria del Pd attacca la premier a tutto tondo, ma gli asset, che sono il vero oggetto del Consiglio europeo e la questione su cui Meloni è più in difficoltà, neanche li nomina. Gioco di prestigio per non scoprire troppo il fianco a Conte e per dissimulare quello che nella risoluzione dem è scritto nero su bianco: “È necessario che l’Italia cooperi con gli altri partner europei, per finalizzare in tempi brevi una proposta per l’utilizzo dei beni russi congelati in Europa”. Mentre Lorenzo Guerini, ormai capo conclamato della minoranza dem, spiega: “Altri usano le questioni legali per giustificare le prudenze sull’uso degli asset, noi invece vogliamo dire che si deve trovare il modo”. Così parla, quello che da sempre dice a Schlein quali sono i paletti entro cui deve e può muoversi. La risoluzione, limata fino all’ultimo, è una critica radicale al piano di pace di Trump per Kiev in 28 punti: “La presentazione di una proposta americana per la pace tra Russia e Ucraina è stata discussa soltanto con la Russia, senza il coinvolgimento né di Kiev né dell’Ue, ed è stata accompagnata da forti pressioni per accettare una soluzione negoziale che rischiava di tradursi in una resa e di premiare l’aggressore”.
[…] Ancora una volta, i dem interpretano il ruolo del partito più pro Kiev, la linea atlantista pre-Trump. Ma le opposizioni su guerra e armi si spaccano come di consueto, confermano le sei risoluzioni presentate. Da qui si arriva al documento dei Cinque Stelle, distanti anni luce dal Pd. Per esempio, il testo esorta il governo “a non supportare la confisca definitiva e l’utilizzo degli asset sovrani della Federazione Russa”, scongiurando “il rischio che il quadro di incertezza giuridica possa degenerare nel ricorso a ingenti fondi pubblici europei per far fronte a risarcimenti”. Per alcuni deputati era una formulazione troppo dritta. E nell’assemblea di martedì tra i capigruppo delle commissioni Esteri, Difesa e Politiche europee si è discusso a lungo, su quel passaggio. Si è deciso di basarlo sul punto giuridico.
Ma quello politico lo teorizza al Fatto Francesco Silvestri: “Utilizzare gli asset russi sarebbe una scelta folle, che incaglierebbe gli ucraini in una guerra che li sta già decimando. Se dovesse perdere quei soldi, Putin infierirebbe su di loro per recuperarli”. Così, ecco il no sugli asset. Assieme all’ennesimo muro all’invio di armi a Kiev e al nuovo invito a tornare ad acquistare gas dalla Russia a guerra finita. E Conte? Dal microfono assalta Meloni: “Lei dice di essere preoccupata da ex 5Stelle passati dalla politica alla lobby delle armi. Noi siamo più preoccupati da chi passa dalla lobby delle armi alla politica, cioè il ministro Crosetto”.
La premier ostenta indifferenza, parla con i suoi ministri. L’avvocato insiste: “Manderete altre armi all’Ucraina, ma nella risoluzione della maggioranza scrivete solo di ‘supporto multidimensionale’ a Kiev. Ipocriti”. I suoi applaudono, Schlein anche. Soprattutto quando chiosa: “Nel momento in cui ci presenteremo agli italiani per governare le nostre differenze le risolveremo, dopo tre anni di guerra voi non ci siete ancora riusciti”. […]
Si sottolinea spesso il comportamento di Meloni teso ad evitare i cronisti scomodi(cosa verissima) e le loro domande ma perché mai gli stessi cronisti non fanno mai una domanda semplice a Shlein: cosa pensa del riarmo, della Van Der Lajen e della guerra imminente alla Russia ?
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chi l’avrebbe mai detto
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Ho votato De Carognis.
Dev’essergli piaciuto il tono perentorio Conte.
O forse è la presenza di Wanda Marra…
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C’è un “di” mancante tra “perentorio” e “Conte”.
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Il pd è questo e continuo a non capire quale sia il vantaggio derivante dal collaborare con tale partito, sia pur localmente.
La coperta non è elastica o allungabile, rimane corta.
Una forza politica con radici movimentiste, quindi con struttura diversa dai partiti tradizionali, possiede una unica e fondamentale risorsa: il tempo. Il presidente Conte lo sta usando bene ?
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“Mentre scopriamo che Renzi si oppone alla Meloni e alle destre, anche se con le destre ha votato un centinaio di cose, compreso il presidente del Senato, lo vediamo in braccio a Crosetto, con Donzelli ridente e un’atmosfera da “tarallucci e vino” che ha pochi precedenti. Renzi fece cadere l’unico governo veramente progressista degli ultimi 30 anni. Consegnò, con la complicità dell’uomo del colle, il Paese a Draghi, il quale preparò con la complicità dell’informazione italiana, di Letta e di tre quarti abbondanti del PD, lo sbarco a Palazzo Chigi della donna, madre e cristiana.
Lei scoprì dov’era nascosta la celeberrima “agenda Draghi” e la sta mettendo a terra al 100%, insieme al “piano di rinascita democratica” di Licio Gelli che, della destra italiana, insieme al buon berlusca, va considerato padre fondatore. Letta ricevette gli ordini da oltre Atlantico, in quel momento in mano ai democratici, i più guerrafondai di tutti, e disse: “con Conte mai”, perché sapeva che sarebbe stato un ostacolo sulla strada del riarmo e della guerra a tutti i costi. Trump è stato un inciampo successivo. Il bacio di Biden a Meloni fu rivelatore.
La narrazione che Giuseppe Conte avesse fatto cadere il dragone, che in realtà cadde da solo, riempì le prime pagine dei giornalini, intere puntate dei talk show. Gruber, la ridente Panella, Floris e Formigli, non parlarono d’altro per mesi. I dieci punti presentati da Conte a Draghi non furono mai discussi o presentati dalla drogata informazione italiana. Semplicemente scomparirono. Il resto lo conosciamo a memoria, abbiamo i fasci al governo e, ripeto, a parte i temi identitari, è puro Draghi e purissimo Gelli. Riarmo e guerra tengono unito tutto.
E Conte? Si sta operando, di nuovo, un massacro. Portato avanti da un’informazione da stato autocratico, da regime vero. È cambiata la narrazione, in verità già apparsa in altre occasioni, ma oggi tamburreggiata come se non ci fosse un domani. Si sa che una menzogna ripetuta almeno tre volte e costantemente, per le menti deboli, diventa verità. E così fra ammiccamenti e risatine, fra articoloni e dichiarazioni, Conte diventa un Salvini due. Anzi con Salvini sta macchinando qualcosa. Pur di parlare male di Conte, Meloni poco a poco la fanno diventare una statista. Altro che governo e opposizione. In nome del riarmo è scoppiata la passione.
Quando la faccia somiglia sempre di più al culo, quello che ci si può aspettare sono puzzette. E la puzza è diventata veramente insopportabile. Dobbiamo ringraziare e sostenere il Presidente Conte. È ormai l’unica speranza che ci rimane.”
Giancarlo Selmi
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