(di MICHELE SERRA – repubblica.it) – Che l’ambasciata russa si pronunci, non importa come, sulla compravendita di un giornale italiano, prima di essere inopportuno è assurdo. E anche molto ridicolo. È come se il Milan emettesse una nota sulla guerra in Ucraina; il Cern commentasse le qualificazioni agli europei di calcio; o Bankitalia dicesse la sua sul cast del Festival di Sanremo.

La sola reazione sensata, e meritata, è dire: ma tu, scusa, che c’entri? A che titolo parli? Perché commenti una cosa che non ti riguarda, che esula del tutto dalle tue competenze, dalle tue funzioni, dal tuo mestiere? Sei qui per fare l’ambasciatore, mica l’influencer o il tiktoker o il sensale d’affari. Datti una regolata, diventa beneducato e formalmente ineccepibile (qualità di base richieste, da secoli, al corpo diplomatico) e non impicciarti di editoria, che già troppi se ne impicciano qui in Italia senza avere idea di che mestiere si tratti, pensa un po’ se c’era bisogno della noterella bizzarra del signor ambasciatore di un Paese nel quale scrivere e pubblicare è come fare il trapezista: una sfida estrema.

In un mondo fuori di testa, dove nessuno sembra più capace di rispettare gli ambiti e le competenze, ci si illude che soprattutto chi ha un ruolo istituzionale cerchi di svolgerlo portandone la responsabilità. Gli onori e gli oneri. I parlatori a vanvera sono già milioni, forse miliardi, i social sono intasati di fesserie digitate con incoscienza, e a rischio zero, da chi non sa nulla, ma giudica tutto. Se ci si mette pure un ambasciatore, per giunta del Paese più grande del mondo, non ci resta che sperare in un vaccino contro il vaniloquio. Parlare a vanvera è il male del millennio.