Atreju con Renzi e Conte, inedita coppia all’attacco. “Sedia vuota della premier”. Il senatore Iv scatenato contro le riforme di Calderoli e Casellati. Il presidente M5S stuzzica la platea su immigrazione e patriottismo

Atreju con Renzi e Conte, inedita coppia all’attacco. “Sedia vuota della premier”

(Francesco Bei – repubblica.it) – ROMA – Ci volevano Matteo Renzi e Giuseppe Conte, i due carissimi nemici, per scuotere un po’ il piedistallo natalizio che FdI ha eretto al centro di Roma, con una edizione di Atreju tra il nazional-popolare e la celebrazione vagamente coreana (del Nord) della leader. Due panel diversi, ma il cinema è lo stesso e che lo spettacolo valga il biglietto – nonostante il forfait di Elly Schlein – lo si capisce dalla prima battuta del leader di Italia viva, messo a sedere tra Zangrillo, Casellati, Calderoli e Rampelli: «Grazie dell’invito, è un piacere anche se questa è una gang bang, quattro contro uno. Per fare le cose più tradizionali arriva Conte dopo, uno a uno».

Sotto al gazebone si ride, ma è solo il primo assaggio perché i toni cambiano rapidamente quando si parla della riforma del premierato e dell’autonomia differenziata. È un ping-pong su chi ha tradito di più le promesse elettorali, su chi si è smentito di più, con Bruno vespa, che pure dovrebbe essere allenato, che fatica a contenere la rissa. Renzi: «Adesso votate l’autonomia di Calderoli, ma quando al governo c’ero io, Meloni le regioni le voleva abolire. Cambiare idea è un segno di intelligenza». Rampelli: «Se è un segno di intelligenza, allora tu sei un fenomeno». Ancora Renzi: «Al momento l’autonomia è nel libro dei sogni, dopodiché se Calderoli la riesce a realizzare, che almeno sia un po’ meno porcata delle altre cose che ha fatto». Calderoli non riesce a imporsi e si alza in piedi minaccioso: «Basta, parli solo tu! I governatori del centrosinistra erano d’accordo sull’autonomia, poi hanno ricevuto una telefonata quando è stata eletta Schlein e hanno cambiato idea». Renzi: «Calderoli è quello violento della gang bang, su calmati Robertino, rimettiti seduto. Non dire cazzate».

Con la ministra delle Riforme lo scontro sale allo zenit. Perché Renzi la accusa di aver fatto una riforma annacquata, in cui il premier non può cambiare i ministri che non funzionano ma quel potere è lasciato al presidente della Repubblica, però poi scivola su una gaffe dimenticandosi che il disegno di legge è già passato al voto del Senato. Casellati può infierire: «Ci credo che non te lo ricordi, al Senato non ci sei mai». Renzi: «Io forse non ero al Senato quel giorno, ma tu non hai nemmeno letto la riforma che porta il tuo nome. C’è qualcuno qui laureato in giurisprudenza?». Casellati: «Io lo sono! E ho fatto pure l’avvocata». La platea inizia a spazientirsi, sembrava tutta una recita e invece questi litigano per davvero. Renzi: «Se volete fischiarmi, fatelo, me ne faccio un vanto. Non sono venuto qui per dirvi che siete bravi». Adesso sono tutti in piedi e continuano a parlarsi sopra la voce, come finirà? Per sdrammatizzare arriva di corsa dal retropalco Giovanni Donzelli, l’organizzatore della festa. E fa una cosa clamorosa: letteralmente ruba i microfoni dalle mani di Renzi e Casellati e lancia la sigla di chiusura. A dargli manforte, sale sul palco anche Guido Crosetto e da dietro prende di peso Renzi e lo tira su come se non fosse alto un metro e ottanta per ottanta chili.

Il clima si distende, si ride, ma solo per un momento, perché ora è la volta di Giuseppe Conte che ingaggia un corpo a corpo con il neodirettore del GiornaleTommaso Cerno. La tattica del leader del M5S è diversa da quella di Renzi. Invece di contrapporsi, li stuzzica sui loro temi, dall’immigrazione irregolare aumentata allo scarso patriottismo di una premier che «va a genuflettersi a Washington», dalla sicurezza delle città in declino alla riforma Fornero delle pensioni che sta ancora lì nonostante le promesse di abolirla. Sono cavalli di battaglia da destra sociale e Conte li maneggia senza ingombri ideologici: «Chi vuole la sicurezza non è di destra, aumentano scippi, rapine, stupri e Nordio che fa? Una norma che impone di avvertirli prima di arrestarli». L’ applauso sentito è quando attacca Mario Draghi, che i Fratelli non hanno mai amato per via delle politiche anti-Covid: «Vi ricordo che il green pass e l’obbligo vaccinale over 50 è stato introdotto dal governo Draghi, non da me. E vi dirò di più: quando Draghi ha preannunciato che voleva introdurre l’obbligo over 50, l’ho chiamato, gli ho detto che era una stupidaggine e non mi ha sentito. Come mai avete un problema con Draghi, anche solo a nominarlo?». Cerno non sa più che fare e chiama in causa l’assente Schlein, ma Conte svicola: «La sedia vuota importante qui è quella di Giorgia Meloni. Aveva esteso l’invito anche a me, poteva esserci lei da buona padrona di casa».

Oggi è il giorno di chiusura della premier, ieri sera Ignazio La Russa ha svolto il ruolo di padre nobile e, a parte una scivolata su un mussoliniano «me ne frego», l’intervista con Enrico Mentana è filata liscia. Con un piccolo retroscena: «Magari fra dieci anni – ha detto sibillino il presidente del Senato – scopriamo che Conte o Schlein e Meloni la notte si messaggiano e parlano. Lo scopriremo, come per Almirante e Berlinguer, solo molti anni dopo».