(di Michele Serra – repubblica.it) – Si leggono con interesse sempre più blando i sondaggi sulle intenzioni di voto perché (ammesso siano attendibili) inquadrano una porzione di italiani anno dopo anno più ristretta. Ottimisticamente, e parlando solo delle elezioni politiche: poco più della metà del Paese. Decisamente meno parlando di europee ed elezioni locali. Ancora meno nei referendum.

La metà in ombra, quella che non vota, ammutolita per scelta o per distrazione o per sfinimento o per menefreghismo o chissà, è un mistero evidentemente inaffrontabile, non inquadrabile e non leggibile: eppure, politicamente parlando, rappresenta l’enigma la cui soluzione, anche parziale, cambierebbe in modo radicale il futuro non solo in Italia, ma in tutti i Paesi muniti di suffragio universale.

Chi sono, perché non votano, quanto del loro silenzio politico è imputabile a loro e quanto invece alla politica? Se fossi un partito commissionerei ai sondaggisti solamente indagini sugli astenuti, l’oceano muto e sordo sul quale nessuno sa più come navigare. È solo in mezzo a quelle acque indefinite che si potrebbe riuscire a capire lo sprofondo della politica, la sua perdita di senso e di peso, il suo sembrare un’attività tutta interna ai suoi artefici.

Esistono studi (per esempio quello del Mulino) sull’astensionismo, ma poi, lontano dalle elezioni, tutti continuiamo a commissionare, pubblicare e leggere la classifica dei partiti, gli 0,1 in più o in meno, senza renderci conto che si tratta di trascurabili dettagli di un quadro la cui metà è scomparsa. Come sa la Gioconda fosse dimezzata, mezzo volto di mezza donna. E l’Ultima cena: mezzo Cristo e sei apostoli.