Le novità nella manovra di Bilancio e dal Consiglio Ue. In entrambi i casi lo scopo è limitare gli acquisti a basso costo (fino a 150 euro) sulle piattaforme online, in particolare dai Paesi asiatici

(di Enrico Marro – corriere.it) – È in arrivo una tassa sui pacchi?
«Sì. Il governo ha presentato un emendamento alla legge di Bilancio 2026. Se il testo verrà approvato al Senato e poi alla Camera, dal prossimo anno, scatterà una tassa di 2 euro su ogni pacco con valore dichiarato non superiore a 150 euro in arrivo da Paesi fuori dall’Unione europea».
Qual è lo scopo della tassa?
«Limitare gli acquisti a basso costo sulle piattaforme online, in particolare dai Paesi asiatici, e proteggere i commercianti italiani da forme di concorrenza sleale».
Chi dovrebbe pagare la tassa?
«Il venditore, ma è evidente che essa verrebbe caricata sul prezzo finale al consumatore».
Quanto stima di incassare il governo?
«La relazione tecnica allegata all’emendamento spiega che la tassa riguarderà circa 327 milioni di spedizioni e porterà un gettito di 122,5 milioni nel 2026 (perché ci vorranno sei mesi per avviare il sistema di monitoraggio) e di 245 milioni a regime dal 2027 in poi. Le nuove entrate dovrebbero essere utilizzate anche per migliorare i controlli doganali sulle microspedizioni».
La tassa si applicherebbe anche sulle spedizioni dall’Italia verso Paesi extra Ue?
«Tecnicamente sì, altrimenti la norma sarebbe in contrasto con le normative internazionali».
L’Unione europea prevede dazi su questo tipo di spedizioni?
«Al momento, no. Ma ieri un portavoce del Consiglio Ue ha annunciato che gli Stati europei hanno raggiunto un accordo per l’introduzione, a partire dal primo luglio 2026, di un dazio doganale fisso temporaneo di 3 euro sui pacchi di valore inferiore a 150 euro che entrano in Europa da Paesi extra Ue. La misura rimarrà in vigore fino all’entrata in vigore di un’intesa alla quale si sta lavorando nell’Unione per eliminare la soglia di franchigia doganale».
La tassa prevista in Italia è compatibile con il dazio Ue?
«L’emendamento del governo si richiama al «rispetto della normativa Ue in materia doganale e fiscale» e quindi la tassa italiana, se verrà approvata, dovrà poi essere armonizzata con le nuove regole europee».
La via della sete di denaro….. altra stangata per chi ha poco.
Rubano ai poveri per dare ai ricchi… grandi ladsri!
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Qual è lo scopo della tassa?
«Limitare gli acquisti a basso costo sulle piattaforme online, in particolare dai Paesi asiatici, e proteggere i commercianti italiani da forme di concorrenza sleale».
👉Amazon si accorda con l’Agenzia delle Entrate e versa 511 milioni. Per la Procura avrebbe dovuto pagare 3 miliardi👈
https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/12/10/amazon-frode-fiscale-accordo-fisco-notizie/8223087/
Chi dovrebbe pagare la tassa?
«Il venditore, ma è evidente che essa verrebbe caricata sul prezzo finale al consumatore».
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Conclusione: chi paga tutte le tasse risulta essere un emerito cgln; le grandi corporazioni/grandi evasori vengono sempre graziati; i negozianti/commercianti NON vengono affatto protetti e il grande cetriolo globale finisce sempre in qlo al consumatore finale.
Fine.
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L’articolo/intervista affronta il tema in modalità da “aperitivo in fase avanzata”: descrive il fenomeno, ma ne evita accuratamente le cause profonde.
La questione ha una portata ben più ampia e non riguarda soltanto il commercio al dettaglio o l’e-commerce, bensì dinamiche economiche e geopolitiche di primo livello.
Il nodo centrale è il surplus commerciale e produttivo della Cina.
Dopo l’introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti, nel 2025 le esportazioni cinesi sono diminuite in media di circa il 10%, con punte che hanno raggiunto il 30%.
Le stime indicano che, entro il 2027, le esportazioni verso gli USA potrebbero ridursi complessivamente fino a circa 485 MLD $ rispetto a uno scenario senza tariffe aggiuntive; non esattamente “spiccioli”.
Per un Paese afflitto da un cronico eccesso di capacità produttiva che rischia di collassare su se stesso se non trova sbocchi esterni e che continua a distruggere valore anche quando li trova, la chiusura del mercato statunitense ha lasciato un’unica alternativa: dirottare il surplus verso l’Unione europea, l’altro grande mercato potenzialmente in grado di assorbirlo.
Il risultato è stato, ed è tuttora, una significativa distruzione di valore all’interno dell’UE.
L’industria automobilistica EU è il caso più visibile e mediatico, ma non certo l’unico.
Anche settori meno esposti al dibattito pubblico, ma strategicamente rilevanti, hanno subito contraccolpi profondi.
In questo contesto, la cosiddetta “tassa sui pacchi” non è altro che un dazio con finalità difensive; uno strumento per proteggere le imprese europee da una concorrenza strutturalmente sleale.
Come tutti i dazi, anche questo produce inflazione; si tratta di un costo reale e non va negato.
Ma è il prezzo che il contribuente europeo deve pagare se non vuole assistere a un aumento dei fallimenti aziendali e della disoccupazione.
I dazi, in sé, non sono una buona cosa; tuttavia, ciò che spesso sfugge a una certa narrativa è che qui non si tratta di dazi e basta, bensì di applicare misure correttive nei confronti di chi opera ormai da decenni in modo sistematicamente distorsivo e sleale con conseguenze sotto gli occhi di (quasi) tutti.
https://crossdockinsights.com/p/china-us-export-declines
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In poche parole: se non volete che le imprese chiudano e si perda il lavoro sottopagato, dovrete pagare di più (o rinunciare) a ciò che vi alleggeriva la spesa. Tutti quelli che invece hanno più possibilità e uno stile di vita migliore pagheranno quei dazi spiegando poi ai poveracci che è una cosa buona e giusta. 🙂
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No, non è così
Se non volete che si perda lavoro dovete pagare e basta; se non volte che si perda lavoro sottopagato fate uno squillo a Xi Jin Ping.
Molto diversa la cosa; ma difficile da comprendere…. col, kulo degli altri, Ricucci dixit
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Sarà…ma di fatto…
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Il tutto sarebbe più credibile se cominciassero a far RISPETTARE LA LEGGE anche ai cinesi che operano a Prato, per dirne una.
E controllare meglio le merci in entrata in porti vari come Gioia Tauro.
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Ma questi non erano quelli che non mettevano le mani nelle tasche degli italiani?
Sciete i soliti comunisti!
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Logicamente la tassa sui pacchi non la paga Di Martino Ma i concorrenti .Esempio lampante delle politiche di destra.Meditate operai meditate.🤔
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