Zuanna: “Il modello di famiglia è fermo a 50 anni fa. Bisogna adeguare gli stipendi”. Il docente: «Solo i nuclei che guadagnano 4 mila euro pensano di fare figli»

Zuanna: “Il modello di famiglia è fermo a 50 anni fa. Bisogna adeguare gli stipendi”

(Flavia Amabile – lastampa.it) – La società italiana è ferma a cinquant’anni fa, non si è adeguata ai nuovi ruoli e modelli familiari e quindi non offre risposte adeguate alle coppie che vorrebbero fare figli. È l’analisi di Gianpiero Della Zuanna, docente di demografia all’Università di Padova e accademico dei Lincei, di fronte all’allarme lanciato ieri mattina dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante gli Stati Gnerali della Natalità in corso a Roma.

Il presidente Mattarella ha sottolineato la correlazione tra consumi e figli. Più alti sono i consumi, meno figli si fanno. Insomma i figli li fanno le famiglie meno benestanti. È così?
«Era così fino a un po’ di anni fa, ora siamo di fronte a un fenomeno diverso. Le coppie italiane che hanno più di frequente i figli sono quelle in cui entrambi i coniugi lavorano e lavorano a tempo pieno».

Insomma le coppie italiane hanno bisogno di stabilità per decidere di avere un figlio?
«Sì ma la stabilità da sola non basta. Chi ha un contratto a tempo indeterminato ma guadagna mille-milleduecento euro al mese ha maggiori difficoltà a decidere di avere figli. Perché si faccia questa scelta si deve avere un certo livello di reddito».

Quale?
«È difficile misurare l’effetto del reddito in Italia perché gli italiani dicono tutto ma non quanto guadagnano. Abbiamo, però, i dati dell’Inps riferiti ai lavoratori dipendenti da cui risulta che quando una coppia ha un reddito di almeno 3mila euro – ma più ancora quando arrivano almeno ai 4 mila euro – allora si decidono a fare i figli. Conta, quindi la questione economica ma conta anche l’apertura verso il futuro, che porta poi a decidere di fare un investimento e assumersi un impegno come quello dei figli».

I giovani italiani sono in ritardo, ha ricordato Mattarella. In ritardo nel rendersi autonomi, nel trovare un lavoro stabile e una casa e, quindi, anche nel mettere su una famiglia.
«Italiani e spagnoli sono quelli che nella Ue arrivano più tardi alla decisione di avere figli».

Perché non hanno un lavoro?
«Sì, conta il fattore economico ma esiste anche un fattore antropologico che divide l’Europa in due creando a sud quella che noi studiosi definiamo “l’Europa dei legami forti” in cui si esce fuori di casa più tardi e anche quando si trova casa la si prende vicino ai genitori. È un modo di fare famiglia che, però, sommato a tutte le difficoltà di tipo economico porta ad arrivare ad avere una famiglia oltre i 30 anni. È davvero tardi, vuol dire bruciare metà dell’età fertile».

In questi anni ci hanno salvato gli immigrati, ha sostenuto il presidente Mattarella. Una posizione molto diversa da quella del governo. Che cosa ci dicono i dati?
«I Paesi che stanno affrontando meglio questi problemi sono quelli che usano entrambe le leve per rimpinguare la natalità, con aiuti alle famiglie e con una gestione intelligente dell’immigrazione. Anche se raddoppiassimo i nati da domani la situazione non cambierebbe perché bisognerebbe aspettare che i neonati crescano. Solo una gestione seria delle immigrazioni può supplire al calo. Bisogna fare in modo che ci sia per tutti un lavoro dignitoso che permette di avere uno stipendio dignitoso. Aiutare le persone a stare meglio è la premessa indispensabile perché le persone inizino a pensare ai figli».

Quali sono le misure economiche che potrebbero avere un effetto concreto sulla natalità?
«Il governo sta adottando nella manovra interventi che vanno nella giusta direzione della protezione delle famiglie numerose come la rimodulazione dell’Isee. Ma sarebbe una pia illusione immaginare che poche decine di euro in più possano incidere nella scelta di avere figli. È utile anche l’assegno unico ma la chiave vera sono gli stipendi. Se gli stipendi sono bassi difficilmente si deciderà di avere figli. E poi bisognerebbe cambiare i tempi della scuola in modo da avere lezioni fino al pomeriggio anche alle medie e una pausa non così lunga in estate. La realtà è che la società italiana è ferma a cinquant’anni fa, al modello che andava bene per i nostri genitori e che è del tutto inadeguato alle risposte che cerca la società nata in questi decenni»