La proposta di legge italiana segue a quelle di due altre grandi economie prebelliche: quella francese e tedesca. Stiamo costruendo passo dopo passo il sentiero verso il baratro

(Luca Fazzi – ilfattoquotidiano.it) – Il Gigante Buono, Guido Crosetto, ex segretario regionale del movimento giovanile della Democrazia Cristiana, ex Forza Italia, fondatore di Fratelli d’Italia, ex presidente di AIAF (Federazione aziende per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza) e dal 2022 ministro della Difesa ha annunciato di volere portare in Parlamento un decreto per istituire di nuovo la leva militare per i giovani. Non è chiaro se il futuro ministro della Guerra si sia ispirato per prendere la storica decisione alla lettura de Economia Armata, il pamphlet bellicista apparso nel 1938 in cui comparivano scritti di Mussolini che affermavano l’inevitabilità dello scontro tra civiltà. Ciò che posso dire con certezza è che la proposta di legge italiana segue a quelle di due altre grandi economie prebelliche: quella francese e tedesca che hanno già informato l’opinione pubblica sulla volontà di preparare la gioventù per la futura difesa nazionale.
Per tenere fede ai dettami della rana bollita, i governi rimarcano la natura volontaria della partecipazione alla leva e solo la Germania del Cancelliere Friedrich Merz ha avanzato l’ipotesi dell’obbligo a sorteggio qualora il numero minimo dei contingenti preventivati di nuovi militari non sia raggiunto. La metafora della rana bollita illustra come l’adattamento progressivo a cambiamenti negativi può portare a non accorgersi di un pericolo fino a quando non è troppo tardi per reagire. Se la rana è messa in una pentola di acqua bollente per istinto cercherà di mettersi subito in salvo saltando fuori. Ma se l’acqua sarà tiepida e verrà riscaldata lentamente, la rana non percepirà il pericolo fino a quando verrà bollita. Quindi leva volontaria come passo propedeutico per il compimento di un disegno che vuole di nuovo le giovani generazioni essere preparate a usare le armi e a andare in guerra.
Quali siano i fondamenti logici per evocare lo spettro di un futuro conflitto entro i confini delle grandi nazioni europee resta un mistero per gli individui dotati di normale ragione. Qualcuno potrebbe paventare forse delle rivolte interne alle singole nazioni come quella delle banlieue francesi del 2005 e in effetti molti quartieri periferici delle grandi città, sempre più abitate da quelli che Sven Ake Lingren ha chiamato i “perdenti cronici e radicalizzati” del modello segregazionista della liberale vecchia Europa, sembrano ormai prossimi a esplodere.
Invece quando (s)parlano di guerra, i politici non si riferiscono alle conseguenze della disaggregazione del tessuto sociale e culturale della popolazione nelle grandi città europee causata dalla carenza di politiche di integrazione e dalla xenofobia dilagante e indicano il futuro aggressore nella grande Russia di Vladimir Putin, lo stesso dittatore che per decenni è stato accolto con onori e tappeti nelle principali cancellerie del vecchio continente. Chi evidenzia come dopo tre anni dall’invasione, l’Armata Rossa non è riuscita nemmeno a conquistare per intero quattro marginali regioni dell’Ucraina orientale è tacciato nell’epoca del nuovo maccartismo con il marchio del traditore della patria e dei valori del libero Occidente.
Quanto manchi ancora per scivolare nel definitivo stato catatonico, antesignano di una nuova ‘catastrofe della storia’, evocato da Hermann Broch nella potente trilogia I sonnambuli del 1930-32 è difficile dire. Forse qualche anno, forse mesi o forse poche settimane.
Già per due volte nel 15-18 e nel 38-44 l’egemonia politico culturale mondiale dei paesi europei è stata spezzata dalla follia della guerra. La terza è una guerra che si prospetta ancora più catastrofale. Come ricordava Thomas Mann nel suo grande capolavoro La Montagna incantata molti sono i mostri che tentano di divorare l’umanità: l’egoismo, l’invidia, la bramosia. Il più terribile di tutti che profana i legami più intimi e sacri della convivenza, e si accanisce in particolare sui giovani si chiama guerra.
Di fronte a uno scenario in cui governanti e elités politiche ed economiche stanno costruendo passo dopo passo il sentiero per il baratro cosa si può auspicare? Il vecchio presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un discorso dell’ottobre 2024 si era rivolto ai giovani con un richiamo che suona oggi più forte che mai: prendetevi il futuro. L’auspicio che viene dal profondo del cuore è che quando chiederanno di prestare servizio volontario di leva nessun giovane si presenti all’appello. E quando proveranno a obbligare i giovani al servizio militare, nessuno si presenterà ai centri di reclutamento. Il ministro Crosetto ha sicuramente indole e stazza per sfondare le linee avversarie in caso di conflitto. Vada dunque lui in prima linea al grido futurista: Zang Tumb Tumb!
Ma non solo lui deve andare , suo figlio/i, la gioggia con prole, la sorella sua, suo marito ,suo cognato, la russa co’ gli apach,i piedi neri,taggghiani : insomma tutto il cucuzzaro e gli appoggi esterni delle braccia tese.. moschetto e libretto balilla perfetto!
"Mi piace"Piace a 5 people
cvd
Nessuna sorpresa.
https://open.substack.com/pub/gianvitopipitone/p/lelmo-di-scipio-il-ritorno-in-scioltezza?utm_source=share&utm_medium=android&r=6jv2ng
"Mi piace""Mi piace"
Con 10.000 soldati nella riserva la crapa pelata, ci fa solo il brodo; assegnerà le stellette ad attempati professionisti mediocri, che potrebbero cercare di arrotondare il loro reddito, riscuotendo uno stipendio per qualche mese all’anno, mentre 150.000 ragazzi ogni anno espatriano. Sono solo dei pagliacci, che non trovano nemmeno i soldi per assumere le 25.000 forze dell’ordine che servirebbero per tenere i ranghi ordinari completi.Con l’ impellente capitolazione dell’Ucraina si attaccheranno tutti al tram, tranne i Tedeschi, che hanno nuovamente liberato il loro malsano spirito prussiano e i francesi, che hanno sempre un riflesso pavloviano quando la Germania si arma.
"Mi piace"Piace a 7 people
"Mi piace"Piace a 3 people
L’excursus sulla figura di Mussolini in rapporto alla Grande guerra. Il voltafaccia è completo, il grande tradimento consumato: l’uomo della neutralità assoluta innalza il suo grido di guerra. Prove tecniche di persuasione di massa che egli condurrà presto a ben altri esiti. Con quanta abilità il giovane Mussolini conduce alle tesi guerresche, smontando le contraddizioni del suo medesimo percorso intellettuale ad una ad una. Contro l’intervento in guerra dell’Italia. Allo scoppio della prima guerra mondiale (28 luglio 1914) Benito Mascellone interpretò con fermezza la linea non interventista dell’Internazionale Socialista: era del parere che il conflitto non potesse giovare agli interessi dei proletari italiani, bensì solo a quelli dei capitalisti.
Mussolini, Il «Delirium tremens» nazionalista, 26/8/1914: Ad ogni modo noi dichiariamo che il proletariato non è disposto a battersi per una guerra di aggressione e di conquista, dopo la quale egli sarebbe non meno povero e sfruttato di prima. Il proletariato italiano è deciso a mantenere il suo punto di vista che è quello della neutralità assoluta sino alla fine del conflitto. […]Conclusione? Una sola. L’Italia deve rimanere neutrale. Noi socialisti – oppositori tenaci della guerra perché rappresenta la prova più acuta della collaborazione di classe e la forma estrema di sfruttamento del proletariato – noi socialisti siamo per la neutralità. Questa nostra posizione mentale, che si giustifica coi nostri principi, trova altresì la sua giustificazione profonda nella realtà della situazione. L’Italia non ha bisogno di eserciti della morte, ma di eserciti della vita. È già abbastanza dissanguata: badate, un altro salasso potrebbe esserle fatale.
Mussolini griderà di lì a poco: «Parola paurosa e fascinatrice: guerra!». Ma l’articolo provocò invece l’immediata e irrevocabile reazione contraria della dirigenza, cosa che costrinse Mussolini a dimettersi dalla direzione dell’Avanti!. Trascorso neppure un mese, fondò un nuovo giornale destinato a notevole successo, Il Popolo d’Italia, schierato su posizioni interventiste a fianco dell’Intesa
"Mi piace"Piace a 2 people
Quando un paese non sa più produrre benessere ed equità sociale, fa la guerra.
"Mi piace"Piace a 3 people
Giancarlo Selmi
Si parla molto, troppo, di pericoli, di invasioni, di guerra. Ci stanno educando, intimorendo, per infine abituarci, alla parola guerra. Alla quasi ineluttabile (secondo loro e non secondo logica) evenienza della guerra. Stanno costruendo l’impianto delle future economie sulla guerra. In questo scenario si incastrano perfettamente le parole di un generale, non lo cito perché mi fa schifo: “le società a venire dovranno abituarsi alla perdita dei propri figli e a scenari economici drammatici”. Un ex pidino, uno di quelli appartenenti alla tragica infornata voluta da Renzi, non lo cito perché mi fa schifo, queste parole le ha definite “meravigliose”. A lui e al suo giudizio si accoderà sicuramente quella cosa, sempre della destra PD, deputata europea, pasionaria di armi e guerra. Non la cito perché mi fa schifo. L’Europa guidata da quella con la lacca, non la cito perché mi fa schifo, con una commissaria russofobica, commissario agli esteri pur essendo di un paese che ha gli abitanti di un quartiere di Roma, non la cito perché mi fa schifo, fa apertamente il tifo per la guerra. Se io fossi un ucraino, per la guerra non tiferei. E sarei molto incazzato. Con chi non volle chiudere con un sì, le trattative a Istanbul nella primavera del 2022, con condizioni, anche sul campo, molto migliori rispetto a oggi. Prima di centinaia di migliaia di morti e distruzione diffusa. Io, italiano ed europeo, sono incazzato con gli stessi, con quelli che non preferirono il negoziato ma la guerra, per le condizioni economiche sempre peggiori in cui mi ritrovo, insieme a milioni di connazionali, per gli effetti di quella guerra. Sono interamente d’accordo con ciò che ha detto Giuseppe Conte ieri, rispondendo a Mentana e Mieli che cadevano dal pero e negavano i milioni di minchiate dette (e scritte) da loro stessi e da altri (Repubblica e Corriere in cattedra) sul conflitto in Ucraina. Con Conte che diceva loro: “vi farò avere l’elenco delle cose dette e scritte”. Dimenticano i chip delle lavatrici, i barboni alcolizzati sui muli, le malattie di Putin e il crollo dell’economia Russa. Dimenticano di aver detto che l’unica soluzione era quella militare e addirittura il “regime change” in Russia. Quelle “convenienti” dimenticanze confermano che i due, insieme ai vari Fubini, Molinari, Severgnini e compagnie cantanti, siano colpiti da una delle caratteristiche più diffuse in Italia: la straordinaria somiglianza della faccia con quella parte del corpo dove non batte il sole. Adesso vogliono convincerci che il Paese dei chip delle lavatrici e dei barboni sui muli, che stava perdendo la guerra in Ucraina, con un territorio quattro volte più grande di quello dell’Unione Europea, con un terzo degli abitanti dell’Unione Europea e con risorse naturali infinitamente più grandi di quelle dell’Unione Europea, sia disposto e pronto a invaderci. E su questa idiozia, pretendono che gli europei rinuncino a figli, sanità, scuola e benessere. Più che tessere da giornalisti darei loro tessere per TSO gratis e senza liste di attesa. Un applauso al Presidente Conte per le cose dette ieri. Giancarlo Selmi
"Mi piace"Piace a 2 people
“Secondo Severgnini la Russia non sta vincendo un bel nulla. E ha conquistato in tre anni e mezzo, meno dell’uno per cento del territorio ucraino. È in ottima compagnia, anche il simpatico Fubini, quello che quando parla pare che sia uscito, non completamente, da una cura del sonno, lo stesso dei barboni alcolizzati reclutati e schierati sui muli, dice la stessa cosa. E vabbè, pazienza. La cosa che unisce gran parte di questi soloni che si fanno chiamare giornalisti è la grande affezione alla minchiata. Lo stesso Severgnini, ma anche l’atipicamente sveglio Fubini, affermano che l’esercito russo, lo stesso che non è riuscito a risolvere la guerra in Ucraina, impantanato e incapace di andare avanti, lo stesso esercito incapace di giungere a Kherson, è in grado, invece, di giungere a Lisbona e fare abbeverare i muli dei barboni alcolizzati nella fontana di Trevi. Se non l’avessero detto sul serio sarebbe una buona base per una sit-com sulla bipolarità. O sulla coglionaggine, fate voi. Dovrebbero mettersi d’accordo con loro stessi, ma non è questo il punto. Il punto è che un sacco di diversamente intelligenti credono alle follie, a comando, di questi diversamente giornalisti. Bisogna convincere la gente che i cosacchi sono all’angolo di San Pietro, così togliamo i soldi a tutto il resto e li destiniamo ai produttori di armi. Ma va bene così, il mondo è bello perché è vario. O avariato, come diceva un mio caro amico. E su quanto il mondo sia avariato, popeye Severgnini e pisolino Fubini, sono in grado di fornire ottime testimonianze.”
Giancarlo Selmi
"Mi piace"Piace a 2 people
E infatti quel che scrivi smentisce la parte di articolo che dice: “Chi evidenzia come dopo tre anni dall’invasione, l’Armata Rossa non è riuscita nemmeno a conquistare per intero quattro marginali regioni dell’Ucraina orientale è tacciato nell’epoca del nuovo maccartismo con il marchio del traditore della patria e dei valori del libero Occidente.”
Perché ad evidenziarlo sono in realtà gli stessi che a corrente alternata mugulano tremanti del pericolo che la Russia ci invada (e si guardi le spalle pure il Portogallo!).
Finché a esibire contraddizioni tanto deliranti quanto demenziali è lo scemo del villaggio di IS siamo nella norma da ospedale psichiatrico, ma che lo sostengano persone quasi normodotate lascia aperte solo due possibilità: o c’è stata una lobotomia di massa tra giornalisti e sedicenti tali, o c’è una massa enorme di denaro che gira.
"Mi piace"Piace a 4 people
Straconcordo!
"Mi piace"Piace a 2 people