Il miliardario fondatore di Tesla e Starlink è tornato a parlare (in termini allarmati) della denatalità in Italia. Ma perché – se il tema è comune a diversi altri Paesi, dalla Corea del Sud al Giappone – Musk si focalizza su Roma?

Musk AI Roma

(di Massimo Gaggi – corriere.it) – Dicembre di due anni fa. Nei giardini di Castel S. Angelo a Roma, è in corso Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, Elon Musk arriva a bordo di una Tesla bianca. Ha sulle spalle il figlioletto dal nome impronunciabile: una scena che rivedremo spesso un anno dopo nelle sue apparizioni al fianco di Donald Trump, a Mar-a-Lago o alla Casa Bianca. Parla di tecnologia, di cultura politica, di storia, ma il tema che lo appassiona di più è la demografia«Fate figli!» esclama, spiegando, come farà, poi, in altre occasioni, che Paesi che hanno dato vita a civiltà gloriose rischiano di scompare non a causa di guerre ma per consunzione: per un progressivo azzeramento della popolazione locale. Poi di nuovo un passaggio sul tema, ma da imprenditore: l’Italia è un luogo promettente dove investire, ma chi crea un’impresa si chiede se poi troverà abbastanza forza lavoro per gestirla negli anni.
   
Non è dunque sorprendente che, davanti ai nuovi dati sulla crisi della natalità in Italia, Musk torni sul web, anche con immagini e toni drammatici, a paventare gli effetti devastanti di lungo periodo di questo «inverno demografico»: insieme alla sua avversione per la sinistra che definisce woke, questo è il tema extraindustriale che più lo appassiona. Ma ne parla quasi sempre in relazione all’Italia: un Paese per il quale ha un’attenzione particolare che qualche critico considera un’ossessione ma, più probabilmente, è il prodotto di vari fattori: una somma di suggestioni (soprattutto l’ammirazione per l’impero romano), la sua amicizia con Giorgia Meloni un interesse per la Penisola come mercato per diverse sue attività. Si è discusso molto di un contratto da un miliardo e mezzo di euro per l’utilizzo civile e militare della rete di satelliti Starlink, ma si sta parlando anche di altri affari, tra spazio, intelligenza artificiale, robotica e auto elettrica.
   
Perché è vero che Musk un’ossessione ce l’ha per la crisi delle nascite che lui cerca di scongiurare mettendo al mondo un gran numero di figli (per adesso siamo a quota 14), ma è anche vero che ci sono altri Paesi come la Corea del Sud che hanno indici di procreazione ancora più bassi di quelli dell’Italia con le proiezioni che indicano, in assenza di cambi di rotta, un’estinzione della popolazione autoctona ben prima del nostro Paese. O del Giappone, che versa in una situazione simile. Ma Elon fa quasi sempre riferimento all’Italia. 

È venuto già più volte a Roma, ama la sua storia, paragona ascesa e declino degli Stati Uniti a quelli dell’impero dei Cesari e ha appena finanziato con la sua fondazione programmi di ricerca in alcuni siti archeologici e un piano di informatizzazione che dovrebbe rendere varie parti della storia dell’antica Roma più fruibili con mezzi digitali. Un finanziamento – pochi milioni di dollari – minuscolo rispetto al suo patrimonio da 500 miliardi, ma al quale ha voluto dare risalto anche partecipando in videoconferenza al lancio di queste iniziative tecno-archeologiche.
    
A differenza del fondatore di Meta e Facebook, Mark Zuckerberg, grande ammiratore dell’imperatore Cesare Augusto, Musk non si identifica con una personalità precisa della Roma antica, ma ama rappresentarsi in rete trasformato dall’intelligenza artificiale in centurione o in gladiatore che davanti al Colosseo dichiara guerra alla sinistra americana.
E non è un caso che la visita di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago pochi giorni dopo l’elezione di Trump sia stata effigiata da Andrea Stroppa, braccio destro di Elon per l’Italia, con un’immagine che ritrae la premier italiana, il presidente Usa e lo stesso Musk in abiti imperiali romani. Qualche settimana prima Meloni aveva ricevuto a New York il Global Citizen Award dell’Atlantic Council: premio consegnato proprio da Musk che nell’occasione l’aveva definita «perfino più bella interiormente che nell’aspetto esteriore». Tanto bastò a qualcuno per immaginare una storia romantica tra i due, mentre altri puntarono, con una certa dose di cinismo, su un Elon freddamente affarista. Esagerazioni legate a un personaggio diventato, nel bene e nel male, leggendario: al di là di ogni considerazione sulle rispettive sfere affettive, è difficile immaginare una relazione tra due persone che, ad andar bene, si incontrano per qualche ora una o due volte l’anno. Mentre, nel suo giro d’affari di dimensioni planetarie, il possibile contratto Starlink con l’Italia, che sicuramente gli interessa, non giustificherebbe un’attenzione così pronunciata per il nostro Paese. 

Attenzione che poi è tracimata più volte – quando i procuratori chiesero anni di carcere per l’allora ministro Salvini per il caso della nave Open Arms e quando la magistratura ha bloccato il centro di raccolta di migranti clandestini che l’Italia ha creato in Albania – in interventi politici a gamba tesa di Musk che ha inveito contro i giudici italiani, invitando a «toglierlo di mezzo». Sortite che hanno provocato la reazione indignata del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Se la vendita di servizi satellitari al governo e alle forze armate fosse stata in cima ai suoi pensieri, probabilmente Musk avrebbe evitato di far infuriare il Capo dello Stato.
  
Elon, comunque, è diventato una leggenda anche perché narcisista, imprevedibile, estremo. E allora si può favoleggiare di una gigafactory della Tesla in Calabria (chi l’ha vista?) o di una incredibile residenza da costruire sulle Alpi, vicino San Cassiano (smentite a raffica da Elon e dagli amministratori locali della Val Badia, ma continuano a girare i disegni di una villa-astronave progettata da uno studio di architetti di grido).
Per ora l’unica certezza è che, anche se l’affare Starlink ha subito una battuta d’arresto per preoccupazioni circa la sovranità dei dati del governo e dei militari che verrebbero veicolati attraverso un’azienda americana, continuano ad andare avanti negoziati tra gli emissari della SpaceX di Musk e varie amministrazioni pubbliche italiane. Non solo su Starlink. Basti pensare alla dipendenza europea dai vettori Usa anche per i lanci dei pochi satelliti messi in orbita dal Vecchio Continente. Girano intorno a un Pianeta che, come ha scritto di recente Federico Fubini, è ormai avvolto da una fittissima rete Starlink che si sta avvicinando a una condizione di quasi monopolio delle comunicazioni dallo spazio.