Nella finanziaria anche misure mirate, dal bonus mamme alla detassazione degli incrementi retributivi. Ma si tratta di interventi temporanei

(di Rosaria Amato – repubblica.it) – Il taglio di due punti della seconda aliquota Irpef è l’intervento principale della legge di Bilancio per i lavoratori, i pensionati e le famiglie. Due grafici messi a punto dall’Ufficio parlamentare di Bilancio mostrano a colpo d’occhio come a trarne beneficio sia in misura prevalente una piccola quota di contribuenti, con un reddito che forse in un altro Paese potrebbe essere medio, ma che in Italia è perlomeno medio-alto. Il 50% dei benefici va all’8% dei contribuenti con reddito più elevato: la curva che mette in relazione le fasce di reddito con l’impatto positivo in termini economici rimane piatta a lungo, e poi a un certo punto s’impenna. Alle stesse considerazioni si arriva tenendo conto dei redditi medi per categoria: agli operai va in media un beneficio annuo di 23 euro, agli impiegati di 123, ai pensionati di 55, ai dirigenti di 408 euro.
La manovra prevede altre misure, mirate ad avvantaggiare i redditi più bassi: dal bonus mamme alla detassazione degli incrementi retributivi. Ma si tratta di interventi temporanei, e con impatti mediamente meno importanti. Vediamo cosa succede, scaglione per scaglione.

Fino a 28 mila euro
Il primo scaglione di reddito, fino a 28 mila euro, non beneficia del taglio che riguarda la fascia successiva. Però per questo scaglione di contribuenti la legge di bilancio prevede una misura specifica: sugli incrementi retributivi corrisposti, in seguito ai rinnovi dei contratti collettivi di lavoro, ai dipendenti del settore privato, si applica un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali locali del 5%. Per esempio, calcola l’Istat, un incremento lordo mensile di 80 euro si traduce in un beneficio di circa 15 euro. Il risparmio medio per contribuente, calcola l’Upb, è di circa 208 euro. Ci sono poi misure che interessano fasce di reddito comprese tra la prima e la seconda aliquota Irpef, a partire dal bonus mamme, che passa da 40 a 60 euro mensili per le lavoratrici con almeno due figli, e la detassazione al 15% del salario accessorio per i dipendenti pubblici, con un tetto di stipendio di 50 mila euro e un limite massimo erogabile di 800 euro.
Fino a 50 mila euro
In questa fascia di reddito si concentra l’intervento cuore della manovra per il ceto medio, e cioè la riduzione dell’aliquota dal 35 al 33%, una misura strutturale. Il beneficio massimo si ottiene a 50 mila euro, ed è di 440 euro. L’impatto sulla parte più bassa di questa fascia di reddito è molto limitato: il 50% del risparmio di imposta va ai contribuenti con reddito superiore ai 48 mila euro, che rappresentano l’8% del totale. La riduzione dell’aliquota media è dello 0,4% per gli impiegati e per gli autonomi con tassazione ordinaria (no flat tax), mentre agli operai tocca la quota minima, solo lo 0,1%, calcola l’Upb. In questa fascia di reddito si collocano anche gli effetti più significativi del bonus mamme, dal momento che il tetto massimo di reddito è di 40 mila euro. Anche in questo caso però, spiega l’Istat, i benefici maggiori vanno alle famiglie con redditi più alti, perché le lavoratrici madri delle famiglie con redditi più bassi in media lavorano per meno mesi nell’arco dell’anno, e il bonus è calcolato mensilmente. Se dunque la cifra media è di 660 euro l’anno, alle famiglie del quinto più povero ne andranno circa 581, mentre a quelle del quinto più ricco della popolazione circa 700.
Dai 50 mila ai 200 mila
La terza aliquota, dai 50 mila euro in su, rimane del 43%. Anche la terza fascia di contribuenti trae vantaggio dalla riduzione dell’aliquota intermedia, ma in misura decrescente man mano che il reddito sale, visto che la cifra massima, 440 euro, rimane fissa. In dettaglio, se in percentuale sul reddito, a 50 mila euro, lo sconto effettivo è del 3,1% a 70 mila euro l’impatto scende all’1,9%, a 90 mila si riduce ancora all’1,4% a 90 mila euro, all’1,1% a 110 mila per poi ridursi sempre di più.
Dopo i 200 mila
Il taglio della seconda aliquota Irpef prevede una sorta di sterilizzazione, o di misura compensativa, per i redditi che vanno oltre i 200 mila euro: arriva infatti una riduzione forfettaria delle detrazioni di 440 euro, che coincide con il vantaggio fiscale. Ma non si applica a tutti: il 37% dei contribuenti di quella fascia non gode di alcuna detrazione, e un altro 31% ne potrebbe godere ma subisce già per altre norme il meccanismo di azzeramento, quindi entrambi i gruppi manterranno l’impatto positivo della riduzione dell’aliquota media.
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Insieme alla giggia nel Fronte della Gioventù…. fassosta nella lega…che pretendete!
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I tagliagole vanno bene se sono amici nostri e dei nostri ‘padroni’.
Anche Hamas:
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