Il presidente della “nuova” Siria allo Studio Ovale: la jihad ha vinto

Al-Sharaa alla Casa Bianca, l’Occidente stringe la mano al terrorista ripulito

(Domenico Quirico – lastampa.it) – Eccolo il figliol prodigo, finalmente ritorna! Per lui il buon pastore Trump si prepara a macellare il vitello grasso: nello Studio Ovale, il sancta sanctorum della nazione «fondata sulle verità evidenti di per sé stesse…», diritto alla vita, alla libertà, perfino alla felicità. Che vertice! Il terrorista di Al Qaeda emerso in barba e cravatta dalle rovine di Falluja e di Idlib e questa sgangherata sentinella delle mura della libertà mondiale… C’è di che meditare. Fianco a fianco, incorniciati dal celebre caminetto, parleranno di affari. Di che altro dovrebbero parlare? La lotta al terrorismo è già negli archivi, per nutrire illusioni di potenza. Adesso sono stati inventati altri nemici, sono a Mosca e a Pechino. In fondo un terrorista ripulito può dare una mano. Non passerà molto tempo e Al-Joulani lo troveremo tra gli invitati al G7. Evviva. Il jihadismo totalitario, i suoi fervidi assassini, entrano nel Grande Gioco globale dalla porta principale. Washington DC, 10 novembre 2025: la jihad ha vinto.

Al-Joulani, le sue azioni parlano a sufficienza: il terrorista macellaio di Al Qaeda, il socio del califfo Al-Baghdadi negli innumerevoli, anonimi ground zero in Siria e Iraq, sharia e kalashnikov, decapitazioni e autobomba. Sono passati appena dieci anni da quando Trump era disposto a spendere dieci milioni di dollari per averlo: vivo o morto. Ed eccolo qui, immacolato dal grande bagno lustrale dell’aver conquistato Damasco e il potere, trasformato nel signor Ahmed al-Sharaa “jihadista moderno” o, come dicono gli ingenui, falsi ingenui e mascalzoni, jihadista “moderato”. Già. Era specializzato nel ratissage dell’impuro, questo valente discepolo di Al-Zawahiri e dello sceicco Osama: adesso fa discorsi da serata al Rotary o da manifesto per Amnesty International, ci dà lezioni di tolleranza, gioca a basket con gli ufficiali del comando americano “Brad Cooper” che dovevano dargli la caccia perché maciullava i marine. Si scambiano manate e complimenti da vecchi camerati di sbronze. Lui in camicia bianca e cravatta, la sua nuova divisa jihadista: è la via sartoriale alla legittimità e al successo in questo nostro mondo di smemorati per viltà e interesse. Al-Joulani: raffinava, faceva durare il piacere di uccidere, prolungava la morte, sgozzava lentamente, martirizzava la vita oltre la vita stessa. Perché nascondere l’odio? Lo brandiva come una bacchetta magica, siriani, iracheni, americani, civili e soldati, Shabia di Bashar e lattanti, ragazzine, vecchi. Il modo in cui si uccide definisce una identità. Al-Joulani in Iraq e in Siria non ha risparmiato nessuno, gli scolari degli autobus, le donne e gli uomini del mercato, i bambini sul marciapiede e i fedeli nelle moschee.

Non ha rinnegato niente, eppure gli stringiamo, ossequiosi, la mano, Trump, Macron, innumerevoli diplomatici e generali si affannano a credergli, a invitarlo nel tinello tarmato dei diritti umani. Noi che pensiamo di essere arrivati alla fine di tutto prendiamo lezioni da un assassino astuto che invece sa di esser solo all’inizio del cammino. Almeno una parola di pietà per le sue vittime, una nostra parola di pietà… Niente. Silenzio. È vero. Purtroppo le vittime sono anonime soprattutto quando si ha l’accortezza di ucciderle a centinaia, a migliaia. Gli assassini come Al-Joulani, pardon Al-Sharaa, hanno diritto a biografie dettagliate, sappiamo tutto parenti studi amori delusioni fallimenti, trionfi. Sulle sue vittime, invece, già si deposita come una polvere di cui non si sente né il gusto né l’odore, quell’invisibile indefinibile ma realissima polvere della comoda viltà. Questo terrorista nuovo stile si svela per quello che è, opportunamente nichilista, cioè uguale a noi. Al-Baghdadi pensava davvero di purificare sanguinariamente il mondo per dare una mano a un dio crudele. È morto solo, braccato come un cane rognoso. Al-Joulani controllava quella zona della Siria, il suo califfato di Idlib… una soffiata, i Seal calano dagli elicotteri… Chissà: forse le porte della Casa Bianca si sono aperte in quella stellata, misteriosa notte siriana.

Val la pena di raccontare chi era ieri Al-Joulani? Ieri prima di vincere, che vale l’assoluzione di ogni delitto? Vi sembra educato di ricordare quando faceva pratica di terrorismo innescando gli ingegnosi ordigni di Al-Zarqawi? Vale la pena di fare il conto di quanti dei cinquecentomila morti della agonia siriana portano la sua firma? Quest’uomo è pericoloso come il peccato quando si traveste da strumento di dio. Ma nel mondo nuovo che noi occidentali abbiamo creato e tollerato dove tutto è negoziabile, esiste ancora il peccato? Per lui, giustamente, non si scomoda nessun parruccone delle ipotetiche e impotenti Corti internazionali, taglie e sanzioni cadono come le mura di Gerico sgretolate dalle mielose interviste della Cnn, non ha nulla da temere dalla cosiddetta giustizia penale internazionale. Gli interessi dell’Occidente lo hanno già redento. È proprio la sua capacità di fare il male che lo ha ingrandito non solo di fronte ai suoi complici, lo ha ingrandito di fronte a sé stesso. Esiste il male, non esiste il castigo, non esiste neppure il mediocre pedaggio del pentimento e del rimorso. La memoria di ciò che ha fatto può appassire come i fiori chiusi tra due fogli di un libro.

Stavamo per riabilitare Bashar al-Assad, burocrate di stragi in nome del potere. Non abbiamo fatto in tempo, peccato. Lo sostituiamo con il nuovo signore di Damasco. In fondo i due erano lo specchio l’uno dell’altro: si giustificavano a vicenda. Prima delle ingenue rivoluzioni dei gelsomini circolava una foto ricordo di un raduno di autocrati del Vicino Oriente: Mubarak, Ben Ali, il sudanese Al-Bashir… E Gheddafi, avvolto in una delle sue zimarre da pagliaccio, che li stringeva a sé con la faccia del capo banda soddisfatto: grassi, flatulenti, corrotti fino al midollo, una compagnia di gangster in gita. Tutti amici nostri. Basterà sostituire le facce nella foto di famiglia del nuovo Vicino Oriente modello Trump: l’egiziano Al-Sisi, l’omicida principino saudita, il qatarino elemosiniere dei terroristi, il sudanese Hemedti… E lui, Al-Sharaa… Tra grisaglie e dishdasha vi stupireste se facesse capolino il sorriso volpino di Netanyahu?