
(di Michele Serra – repubblica.it) – Provo a semplificare, con tutti i rischi del caso. 1: il componente di un’autorità pubblica di controllo (Garante della privacy) non dovrebbe entrare nella sede di un partito, specie di un partito di governo, poco prima di emettere una importante notifica. Liberissimo di avere amici che fanno politica, li frequenti privatamente e discretamente: a tutela della privacy, appunto.
2: Pubblicare una conversazione privata, a meno che non abbia una straordinaria rilevanza giornalistica o giudiziaria, non è mai una scelta leggera ed espone a legittime critiche, compresa e anzi quasi inevitabile quella del Garante della privacy, che appunto di tutela della vita privata dei cittadini si occupa, e su quella sentenzia.
Mi sembra che la furente disputa attorno alla “censura a Report”, comunque andato in onda, neghi o l’una o l’altra delle due considerazioni che ho fatto più sopra. E poiché mi sembrano entrambe considerazioni legittime, e forse necessarie, impugnarle l’una contro l’altra le oscura entrambe, ed è un peccato. Perché il Garante dovrebbe riflettere sulla grave mancanza di indipendenza, e quantomeno di buon gusto, che ha dimostrato con la visita a Fratelli d’Italia.
E Report (e il mondo dei media in generale) dovrebbe una buona volta preoccuparsi non solamente del proprio sacrosanto diritto/dovere di informare, ma anche del potere devastante che chi informa si trova a maneggiare, e della delicatezza che a volte deve soccorrere il giornalista. No, non è legittimo a priori pubblicare quello che si vuole. Lo è volta per volta, caso per caso.
Nessuna di queste due riflessioni verrà avviata, purtroppo, perché il gioco dei ruoli non lo consente. Ogni dibattito è incattivito, ogni discussione preclusa. In questo momento funziona così: e non è un bel momento.
Mabenedettoilsignorechec’azzecca?
Se uno è un ministro non può pretendere lo stesso livello di privacy di un comune cittadino! non è il panettiere, non so se Serra lo ha capito.
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