La premier ha comprato nel ’23 una casa di 400 metri accatastata A/7. La classe garantisce agevolazioni. Ma l’abitazione dovrebbe essere A/8: categoria di “lusso”. Il risparmio fiscale sarebbe di circa 70mila euro. La leader: «Accatastamenti fatti dal tecnico. sulla casa nessuna richiesta alla privacy»

(Stefano Iannaccone ed Enrica Riera – editorialedomani.it) – Villa o villino? Questo è il dilemma. All’apparenza sembra un problema di poco conto, una sfumatura. Ma, in termini catastali, comporta un cambio di tassazione e di benefici non secondari. Iva ridotta al quattro per cento, imposta di registro fissa a 200 euro e altre agevolazioni “prima casa”, come l’esenzione Imu e Tasi, per i proprietari di abitazioni classificate in A/7: i villini. Esclusione di questi vantaggi fiscali, invece, per chi possiede un immobile di tipo A/8, dunque una villa. Il dilemma riguarda facoltosi comuni cittadini, ma anche, come scoperto da Domani grazie agli atti ufficiali del catasto, una delle proprietarie più note d’Italia, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
A casa tutti bene
A pochi passi dal quartiere Spinaceto, nella zona residenziale di Mostacciano, a Roma, c’è la sua casa: 433 metri quadri totali, 18 vani, una scala interna, una piscina e tre corti di pertinenza esclusiva, di cui una al piano terra e due al piano seminterrato. E poi due posti auto scoperti: il primo di 29 metri quadri e il secondo di 44. Una rendita pari a 4.369 euro, cresciuta dopo l’acquisto e i lavori effettuati: alla firma del preliminare era di 3.762 euro. Del resto, prima che arrivasse la leader le stanze erano 15 e i metri quadri 350. Un balzo di quasi 80 metri quadri in più.
Un immobile che la premier ha acquistato da Massimiliano e Serafino Scarozza, figli di Giancarlo Scarozza, marito in seconde nozze di Lucia Mokbel, sorella di Gennaro Mokbel, ex esponente dell’estrema destra romana. La somma pagata da Meloni è stata di un milione e 254mila euro, si legge nel contratto di compravendita che porta la data del 23 dicembre 2024. L’atto indica anche la categoria catastale dell’abitazione: A/7. La leader di Fratelli d’Italia ha così rilevato una casa già accatastata nella categoria “villini” e accatastata nuovamente dai venditori il 17 dicembre 2024, quando la premier aveva già traslocato grazie a un «atto – come aveva spiegato al Fatto quotidiano – di immissione in possesso anticipato» dal momento che i lavori sarebbero dovuti terminare entro il 30 settembre 2023 ma erano in ritardo.
Tuttavia le caratteristiche della casa corrispondono a un’abitazione di lusso, di una villa da catalogare alla categoria A/8. Nell’immobile sono stati realizzati dalla parte venditrice dei lavori di ristrutturazione concordati con Meloni. «In data 17 aprile 2023 – si legge nell’atto di compravendita – tra i signori Scarozza e la signora Meloni è stato stipulato un preliminare di compravendita avente ad oggetto le porzioni immobiliari di seguito descritte per il prezzo di 1 milione e 100mila euro. È ora intenzione delle parti – si legge – dare esecuzione al citato preliminare al prezzo di un milione e 254mila euro per maggiori lavori e migliorie eseguite al fine di rendere la porzione immobiliare in oggetto conforme alle esigenze della parte acquirente».
I lavori di ristrutturazione sono costati come minimo 144mila euro. Lavori di pregio: si va dalla piscina di 9 metri per 3,5 fino ai pannelli solari. «Migliorie» che probabilmente avrebbero dovuto implicare, secondo alcuni esperti sentiti da Domani, un nuovo accatastamento dell’immobile, in particolare nella categoria A/8. Abbiamo chiesto a due notai di quantificare il risparmio di restare in A/7: «Il calcolo è complesso, ma in generale si può dire che si risparmia il 7 per cento della rendita catastale moltiplicato per 124», la risposta. Questa formula applicata a casa Meloni dà una cifra di circa 70mila euro.
È d’accordo l’urbanista di fama internazionale Paolo Berdini (ex assessore capitolino), a cui questo giornale ha sottoposto le caratteristiche dell’immobile della premier, senza svelare l’identità della proprietaria, riferendosi solo alle qualità dell’immobile. «Non è semplice definire senza un sopralluogo la categoria catastale di appartenenza», premette: «Ma la superficie di questo immobile è certamente ascrivibile alla categoria 8. È un caso esemplare per misurare l’inadeguatezza dell’attuale catasto. Non vengono eseguiti – se non in via eccezionale – sopralluoghi di verifica e ci si accontenta di prendere per buona la dichiarazione del proprietario», spiega Berdini.
Fiscalità

«È un sistema iniquo – ragiona Berdini – che premia le proprietà di più elevato valore a scapito di una fiscalità equa. Si tenga ad esempio conto che appartenere alla categoria 8 significa non avere diritto alle agevolazioni per la prima casa ed essere tassati in maniera più consistente. Un piccolo spiraglio si avrà dal 2026 quando finalmente si metterà mano all’aggiornamento delle rendite catastali e, soprattutto, alla valutazione degli immobili sui metri quadri e non sui vani». Un pannicello caldo, comunque. Il motivo? «Oggi pagano le stesse imposte – a parità di categoria – un vano di 15 metri quadri e un vano da 40 metri quadri. La legislazione catastale aiuta la parte più ricca del paese», conclude Berdini.
A proposito di risparmi e benefici, a marzo scorso la casa di Meloni è finita anche al centro di un’interrogazione parlamentare presentata dai deputati di Italia Viva, Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi. Gli esponenti renziani hanno chiesto «chiarimenti in ordine ai lavori di ristrutturazione eseguiti presso l’abitazione privata del presidente del Consiglio dei ministri, anche per i profili fiscali e di sicurezza». In particolare, Bonifazi e Boschi chiedevano alla premier «l’elenco dei singoli fornitori e delle modalità di pagamento adottate per pagare gli stessi». La risposta non si è fatta attendere, e il ministro ai Rapporti col parlamento, Luca Ciriani, ha riferito in aula che la premier «non ha beneficiato di alcuna detrazione per lavori edilizi e bonus mobili e che…non è stato impiegato denaro pubblico». L’elenco non è stato invece fornito perché altrimenti sarebbe «venuta meno la relativa ordinaria aspettativa di riservatezza».
Meloni, pertanto, si è appellata alla privacy, e non è chiaro se, a fronte dell’interrogazione parlamentare, si sia rivolta direttamente a uno dei commissari del Garante, Agostino Ghiglia, ex deputato di Alleanza nazionale e oggi al centro delle polemiche sul caso Sangiuliano-Report. La trasmissione di Sigfrido Ranucci fa riferimento ad alcuni messaggi di Ghiglia che domanda ai suoi interlocutori di «cercare l’interrogazione di Bonifazi sulla casa di Meloni». «Approfondiamo – dice Ghiglia – se è suo diritto avere risposta su tutte le domande in dettaglio o se qualcosa si può coprire in termini di protezione dati».
C’è un legame con l’accatastamento che garantisce un risparmio fiscale alla premier?
La risposta di Meloni
«In passato ho già risposto ampiamente alle domande della stampa inerenti la mia abitazione privata, e lo stesso è stato fatto in sede di interrogazioni parlamentari da parte di rappresentanti del Governo. Ho risposto, per eccesso di zelo, oltre quanto sarebbe stato effettivamente utile, e comunque richiamando al senso di responsabilità, anche in considerazione del fatto che abito nella casa in questione con mia figlia minore. Evidentemente il mio appello non è stato sufficiente, perché a seguito dei numerosi articoli sulla mia casa (senza che in effetti vi fosse alcuna notizia di rilevanza pubblica) il mio immobile è stato identificato da molti, addirittura pubblicato sui social media, con conseguenti minacce per la sicurezza mia e di mia figlia.
Vi è oramai palesemente noto che non vi è nulla da “scoprire” e che questo accanimento non ha prodotto bene per alcuno. In ogni caso, gli accatastamenti sono stati fatti dal tecnico incaricato che, auspico, avrà provveduto al meglio. Allo stato non è stato richiesto alcun intervento sulla materia al Garante per la Privacy».
«Case di oltre 400 metri quadrati corrispondono alle categorie del lusso», dice a questo giornale Rocco Curto, ex professore di Estimo al Politecnico di Torino, impegnato sul tema dell’iniquità della fiscalità immobiliare, interpellato anche in questo caso senza che si svelasse l’identità della proprietaria dell’immobile in questione. Curto richiama la recente sentenza della corte tributaria di Torino: «Spesso i proprietari ottengono un guadagno fiscale senza essere evasori. La colpa non è loro, ma del governo che dovrebbe dare impulso alla riforma sul catasto. Ma ogniqualvolta si parla di riformare le categorie arriva qualcuno a dire che si vuole penalizzare la proprietà privata».
«Giù le mani dalla casa» è infatti il grido del centrodestra che ciclicamente ribadisce il suo no alla riforma del catasto. E la storia di casa Meloni diventa un esempio di un meccanismo che premia i più ricchi.
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Non l’avrei considerata neanche all’altezza di PULIRLA.
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quando si acquista una casa le tasse vengono pagate in base ai valori catastali esistenti. Se successivamente vengono fatti dei lavori di ristrutturazione con modifiche della consistenza nel numero dei vani bisogna riaccatastarla affidando l’incarico a un professionista abilitato e questi procede in base a quello che riscontra nel sopralluogo e non in base a chi gli ha affidato l’incarico. Se questi signori pensano che il tecnico incaricato abbia errato segnalino il caso a chi di dovere assumendosi la responsabilità di ciò che affermano.
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In realtà la categoria catastale viene proposta dal tecnico che provvede all’accatastamento a seguito di lavori di ristrutturazione che mutano la situazione catastale dell’immobile. Il tecnico è designato e pagato dal committente, nell’accatastare l’immobile dovrebbe applicare una classe congrua, se è un professionista serio, in caso di dubbi, deve prendere appuntamento con l’ufficio del catasto e sottoporre la classazione al funzionario competente.
Altrimenti accatasta secondo la sua interpretazione personale e attende eventuali verifiche che, per la cronica mancanza di personale degli uffici catastali sul territorio, non arrivano quasi mai, soprattutto da Roma in giù.
L’ufficio del catasto non agisce su sollecitazioni di privati, ma esclusivamente motu proprio.
Immagino l’impiegato con quanto entusiasmo manda una verifica alla Meloni…
In ogni caso non è detto che una eventuale ispezione abbia esito negativo per il proprietario che, tra l’altro, potrebbe anche presentare ricorso.
La legislazione di riferimento, infatti (decreto ministeriale del due agosto 1969) pur essendo ancora in vigore, è stata superata da molti interventi successivi e suscettibili delle consuetudini dei vari comuni.
Per dare un’idea generale basta pensare che una casetta a schiera di recente costruzione, situata in un capoluogo di provincia, di 120 mq lordi con una pergola che copre un posto auto di, poniamo, 18 mq e un giardino di 40mq è classata A7 esattamente come la villa della Meloni.
Quindi si potrebbe dire che il problema sta nei regolamenti che sono nebulosi, nella rettitudine dei professionisti e dei committenti, nella capacità di intervento degli uffici catastali e dagli indirizzi del governo.
Il cittadino comune si attiene alle leggi esistenti, anche se ne percepisce l’iniquità, da un presidente del consiglio ci si aspetterebbe qualcosa di più…
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