Il nuovo libro di Gratteri e Nicaso: dai “biqueiras” alle cripto, così le due organizzazioni criminali movimentano, grazie a cocaina e controllo delle carceri, 28 mld di reias

(di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso – ilfattoquotidiano.it) – A Rio de Janeiro, le strade sono grovigli di polvere, buche e fili elettrici pendenti, così ingarbugliati che sembrano ragnatele, pronte a intrappolare qualunque cosa. Sullo sfondo si intravedono le favelas con migliaia di tuguri accatastati uno sull’altro, senza alcuna regola se non quella della sopravvivenza. A poche ore da qui, sull’Ilha Grande, nel carcere di massima sicurezza intitolato a Cândido Mendes, importante giurista e politico del XIX secolo, è nato il Comando Vermelho. In questa ex colonia penale, nascosta tra la vegetazione e le baie isolate, nel 1971 si saldò un’alleanza tra i detenuti del Blocco B, i criminali condannati per rapina a mano armata e furti, e i guerriglieri del Movimento Revolucionário 8 de Outubro (MR-8) e dell’Aliança Nacional Libertadora (Anl), due organizzazioni di sinistra attive sul fronte politico negli anni Sessanta e Settanta durante la dittatura militare (1964-1985). Entrambe cercavano di rovesciare il regime attraverso azioni armate e lotta politica clandestina, ispirandosi alle idee marxiste e alla guerriglia urbana latinoamericana.
All’inizio nacque la Falange Vermelha, un gruppo ispirato alle unità guerrigliere, con l’obiettivo di proteggere i detenuti dalla violenza delle guardie e dalle ritorsioni delle altre gang, aiutarsi vicendevolmente e perfino organizzare fughe dal carcere. Ben presto i membri cominciarono a costruire vere e proprie strutture politiche: ingaggiavano avvocati, negoziavano con la direzione e lottavano per migliorare le condizioni di vita all’interno del penitenziario. (…) All’esterno, gli affiliati al Comando Vermelho iniziarono a rapire a scopo estorsivo e a derubare case e banche, con l’obiettivo di sostenere finanziariamente i “fratelli” detenuti. All’inizio degli anni Ottanta, con le prime evasioni dai penitenziari, il Comando Vermelho cominciò a controllare i mercati criminali locali, imponendosi con la violenza e l’intimidazione sia sui rivali sia sugli abitanti. (…) Con il boom della cocaina negli anni Ottanta, i cartelli di Medellín e Cali e i guerriglieri delle Farc e dell’Eln cercarono nuovi mercati. Il Brasile si impose così come uno dei principali Paesi di transito per la cocaina proveniente da Colombia, Perú e Bolivia diretta in Europa, e in particolare in Italia, Paesi Bassi, Turchia e Spagna. Oggi, il Comando Vermelho è forte anche fuori dal Brasile. Finanzia l’estrazione illegale di oro per riciclare il denaro ottenuto dalla droga, e in molte zone di Rio de Janeiro controlla anche la rete Internet.
Mentre il Comando Vermelho consolidava il suo dominio nelle carceri e nei mercati criminali della grande metropoli brasiliana, negli anni Novanta un fenomeno parallelo prendeva forma nello Stato di San Paolo. La repressione carceraria, l’uso sistematico della violenza e l’assenza di diritti per i detenuti creavano un terreno fertile per la nascita di nuove alleanze. Il Brasile è il terzo Paese al mondo per popolazione carceraria con oltre 800.000 detenuti, dietro solo a Stati Uniti e Cina. (…) Racconta Josmar Jozino nel suo libro dal titolo Cobras e Lagartos: a vida íntima e perversa nas prisões brasileiras, pubblicato nel 2004, che tutto nasce da una partita di calcio mai disputata. Era il 31 agosto 1993 quando nel carcere di Taubaté rotolarono le teste mozzate di due detenuti legati a una gang che aveva un nome bucolico: Comando Caipira (caipira significa “campagna”). A lasciarle provocatoriamente sul terreno di gioco furono i componenti di un’altra gang, che aveva scelto come nome Primeiro Comando da Capital. “Qui comandiamo noi” fu il messaggio di quel gruppo di detenuti che decise di interpretare l’insoddisfazione della popolazione carceraria per le oppressioni e le ingiustizie costretta a sopportare. (…) Dopo quella partita mai giocata nacque il Pcc. (…) E “oggi è presente in tutti i 26 Stati brasiliani e anche nella capitale federale, Brasilia, e praticamente in tutti i paesi del Sud America, con oltre 32.000 affiliati” ha spiegato a Palermo il procuratore di San Paolo, Lincoln Gakiya. La sua forza è strettamente legata anche al porto di Santos, il più grande dell’America Latina, attraverso il quale transitano più di 10.000 container al giorno.
Il Brasile funziona come una vera e propria porta girevole, attirando criminali da ogni angolo del mondo. Alcune indagini hanno rivelato i legami del Pcc con clan albanesi e bulgari, a conferma di una rete internazionale sempre più ramificata e complessa. (…) Questi legami hanno messo in evidenza sia la portata internazionale della rete criminale brasiliana sia il livello di sofisticatezza organizzativa del Pcc, capace di riciclare denaro tramite stazioni di servizio, negozi di auto, immobili, imprese di costruzione, case di cambio, miniere illegali e anche ong nel settore della sanità pubblica e della gestione dei rifiuti urbani. Sono state utilizzate persino le chiese, che in Brasile non pagano le tasse e possono giustificare il denaro riciclato come donazioni dei fedeli. (…)
Secondo un’inchiesta del quotidiano O Globo, il Pcc e il Comando Vermelho negli ultimi sei anni hanno movimentato 28,2 miliardi di valuta brasiliana sfruttando fintech e criptovalute. “Non si tratta più solo di droga o violenza di strada: oggi il crimine organizzato opera tra server e wallet digitali, trasformando la finanza in un vero laboratorio high-tech” spiega il procuratore di San Paolo Fábio Bechara. Si tratta di un salto tecnologico che ha convinto il Comando Vermelho e il Pcc a usare banche cripto, più sicure e globali, invece di prestanome tradizionali. (…)
Anche il traffico di cocaina, negli ultimi anni, ha dimostrato una capacità di adattamento e innovazione che supera ogni previsione. (…) Non tutta la cocaina, però, lascia il Brasile. Una parte resta sul territorio e alimenta un mercato interno gigantesco. Nelle periferie di San Paolo e Rio la cocaina viene venduta in biqueiras, piccoli punti di spaccio protetti da vedette armate. Spesso i pusher sono adolescenti. Come Lucas, 15 anni, che guadagna 200 reais al giorno (poco più di 30 euro) per ogni turno di 12 ore. Ha un cellulare dedicato, una pistola carica e una regola: non parlare con nessuno. Lucas lavora per conto del Pcc, ma non ha mai visto i capi. Comunica solo con il suo supervisore, un certo “Ze Pequeno”, che controlla alcune biqueiras (punti di spaccio) nella zona sud di San Paolo. È un lavoro a rischio altissimo: Lucas ha già perso due amici in sparatorie con la polizia, ma dice che non ha alternative. Suo padre è in carcere, sua madre vende frutta per strada.
(Tratto da “Cartelli di sangue”, edito da Mondadori, appena uscito in libreria)
Che cosa avrà mai fatto di tanto balordo il Sud America per essere così maledetto pur essendo una terra bellissima?
Benvenuti nell’inferno in terra. Salvador, Cequot.
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l’unica sfiga del sud america è di avere il nord america li sopra
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Lo dicono anche in Messico, in effetti…
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