
(Flavia Perina – lastampa.it) – Risulta stupefacente il dispendio di energie con cui un pezzo di centrodestra, Lega e Forza Italia soprattutto, si è attivato per picconare la manovra economica. Stupefacente per la modestia dei provvedimenti contestati, un contributo straordinario delle banche che non ucciderà nessuno e un piccolo aumento delle tasse sugli affitti a breve termine. Stupefacente, anche, per l’evidente contraddizione tra la quotidiana esaltazione della coesione, durata, solidità della maggioranza e la renitenza dei suoi leader ad adeguarsi alla linea concordata in Consiglio dei ministri e nelle riunioni preparatorie.
La legge di bilancio fa soffrire gli alleati di Giorgia Meloni, ma il motivo non va cercato tanto nelle misure su cui ci si accapiglia quanto nel tema tutto politico della scarna risposta agli elettorati. Per il terzo anno consecutivo non c’è quasi nulla che realizzi le mirabolanti promesse della campagna elettorale, e nessuno ha una bandiera da piantare su un qualche provvedimento di valore, quello che furono gli 80 euro per Matteo Renzi, il reddito di cittadinanza per il Movimento Cinque Stelle, e andando a ritroso nella storia l’abolizione dell’Imu e delle imposte di successione per Silvio Berlusconi.
Gli elettori per il momento reggono a questa navigazione prudente, in apparenza non si lamentano, i sondaggi confermano settimana dopo settimana la straordinaria tenuta della coalizione rispetto alla parabola discendente delle classi dirigenti del passato. E tuttavia ci si chiede se l’atto di fiducia sottoscritto dagli italiani nel 2022 possa reggere per altri ventiquattro mesi all’invito implicito nelle scelte del governo: accontentatevi, di più non si può fare. Se lo chiedono soprattutto i due junior partner della maggioranza, Matteo Salvini e Antonio Tajani, che non dispongono di leadership scintillanti come quella della presidente del Consiglio e che al giro di boa della manovra devono dare a chi li vota la sensazione di contare qualcosa. E allora, uno riaccende la polemica con le banche, minacciando addirittura di punire ogni lamentela con un miliardo di prelievo in più, l’altro fa barricate sullo stesso tema e ci aggiunge la polemica sui bed and breakfast. Qualche modesta modifica, alla fine, sarà approvata e si potrà dire alle categorie interessate: vedete? Senza di noi sarebbe andata peggio.
Resta il problema del giudizio complessivo del Paese, e specialmente dell’elettorato di centrodestra. La prima manovra di Meloni ebbe l’alibi della ristrettezza dei tempi, fu messa a punto da un governo insediato da appena pochi mesi: il popolo sovranista e conservatore perdonò la scarsità delle ambizioni. La seconda, a fine 2024, passò quasi inosservata nel mondo che tifava centrodestra, galvanizzato dalla vittoria di Donald Trump e dall’aspettativa di una nuova età dell’oro per i suoi amici italiani. Ora siamo alla terza, la penultima a disposizione del governo prima del voto del 2027, fontane di latte e miele non se ne vedono, ed è immaginabile che pure i più innamorati e i più fedeli comincino a chiedersi: ma questo tirare a campare è davvero quello che vogliamo?
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Non aspetta sulla riva del fiume. Lei AFFRONTA i problemi con
un viaggio
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“ma questo tirare a campare è davvero quello che vogliamo?”
Si, ma sai quanto costa politicamente il non tirare a campare? Quello vero s’intende.
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Il consueto ciarpame giornalistico, con marchiane inesattezze – le manovre varate dai melonisti sono già quattro – ma sono piccoli dettagli che possono sfuggire alle grandi firme della Stampa – solo per dire per l’ennesima volta che Giorgia scintilla – come un focherello però, che stenta a prendere, perché bisognoso di continue insufflate di aria fritta da parte di quasi tutto il giornalismo italiano. Si enfatizzano perennemente i sondaggi, rilevazioni statistiche (la maggior parte dei quali costano 4 soldi, tanto da poter essere sparati a raffica ogni giorno) su campioni risibili della popolazione (avendo capito che oramai un sondaggio all’italiana non serve più a rilevare il consenso, ma a crearlo) mentre non si tiene conto della effettiva manifestazione della propria opinione di chi, a centinaia di migliaia, scende concretamente in piazza?
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cosa ci si può aspettare da Flavia Perina? ex finiana. ex direttore de il secolo ecc?
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Ma cosa pretendete? Il padre era uno spacciatore di droga, la madre leggeva e (purtroppo) scriveva “romanzetti rosa”. Dopo tre anni ha conseguito il Diploma Alberghiero ma non ha mai lavorato in un albergo, in compenso è stata assunta da Fiorello come baby-sitter. La Politica era l’unica strada che le restava aperta. Cosa poteva fare se non fondare un partito? Grazie ai voti di tutti i nostalgici del Duce ha raccolto un tale numero di consensi da portarla a diventare “presidente del consiglio”, ma non è certo colpa sua! Sicuramente avrebbe preferito diventare “regina”. Comunque anche il ruolo acquisito diventerà ereditario e infatti si fa accompagnare dalla figlioletta nelle numerosissime visite ufficiali, al fine di prepararla alla carica che le spetterà. Probabilmente la figlia conseguirà una Laurea, magari presso l’Università di Stefano Bandecchi, il “bizzarro” sindaco di Terni.
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Giova solamente a loro, non certo agli italiani, almeno a quelli più insofferenza. Bisognerebbe svegliarsi da questa ubriacatura della propaganda.
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in particolare, approfondendo il problema, chi ci guadagna,pure da anni ,sono i nostri “liberatori” che ci salveranno, grazie a questo governo, i dazi sul Prosecco e il parmigiano.
Ma questo giornale ,come del resto la maggioranza,non possono parlare male dell’America… sono pagati per dirne bene!
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