(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – Collegare l’attentato di Sigfrido Ranucci al clima creato dalla destra di governo con il conseguente allarme per la “democrazia a rischio” (Elly Schlein). O anche definire la presidente del Consiglio Giorgia Meloni “una cortigiana di Trump” (Maurizio Landini). Oppure una “cheerleader” (ragazza pon pon) del presidente americano”, come detto in Senato dalla 5stelle Alessandra Maiorino. Tale crescente delegittimazione degli avversari, ingiuriati e disprezzati, ha per caso fatto guadagnare consensi all’opposizione di sinistra? Perché se invece così non fosse (i numeri dei sondaggi sono pietrificati da tempo immemore, punticino più o meno, e pure il vantaggio delle destre non decresce, anzi) una domanda sorgerebbe spontanea: ma se allora il campo largo dell’insulto non funziona, perché lo fanno?

Sul “Corriere della Sera”, Ernesto Galli della Loggia offre una spiegazione integralista: “La sinistra è convinta che, a differenza di quelli dei suoi concorrenti, i propri valori, le proprie proposte, solo essi sono dalla parte del giusto”. In quanto “eticamente superiori, aspirano al bene, sono espressione del bene contro il male, come del resto essa stessa ama pensare di essere”. Mentre gli avversari si capisce sono il male. Poi c’è chi esplora l’altra faccia della medaglia, quella che in qualche modo descrive un mondo chiuso in se stesso, malato di solipsismo, altezzosamente solitario. Scrive Giovanni Floris nel suo molto cinematografico “Asini che volano” (Solferino) – attraverso la commedia all’italiana una tragica cavalcata della risata sullo stato presente dei nostri costumi – di un grande malinteso che domina quel mondo autodefinito progressista secondo il quale si debba parlare solo ai propri simili “per poi chiudersi in una bolla, e lì vegetare “. La citazione della “Terrazza” di Ettore Scola ci porta subito in una “certa sinistra” di sceneggiatori, giornalisti, politici che si incontra “per discutere, parlare, parlare… fondamentalmente (e inutilmente) ognuno di se stesso”. Il film è ambientato all’inizio degli anni 80 quando il Pci era il Pci ed esercitava una reale egemonia culturale oltre i confini dell’opposizione. Oggi, tuttavia, questa coazione a ripetersi rischia di apparire controproducente per le magnifiche sorti e progressive di Schlein, Conte e compagnia cantante.

Noi, più modestamente, caldeggiamo una terza ipotesi: il mito di Narciso che ammira se stesso riflesso nelle acque e si innamora della sua immagine allo specchio. Indubbiamente la sinistra narcisista lo è molto più della destra brutta, sporca e cattiva ma che alla fine vince le elezioni. Non sarà che la parte più dura dell’opposizione sia come abbagliata da quei talk televisivi che martellano il governo Meloni perché la libera informazione, cane da guardia della democrazia, di coloro che esercitano il potere deve soprattutto occuparsi? E che dunque abbia scambiato gli ottimi ascolti di quelle trasmissioni con un mutato orientamento degli elettori delusi dalle destre e pronti a marciare con l’opposizione, mentre così non è? E che proprio perché illusi da questa cantonata i nostri eroi come i famosi pifferi di montagna vanno per suonarle e tornano suonati?