“Ogni cannone fabbricato, ogni nave da guerra, ogni razzo, equivale a un furto ai danni di chi ha fame e non viene nutrito, di chi ha freddo e non viene vestito”

(di Pino Corrias – ilfattoquotidiano.it) – Per quarant’anni, Jacques Charmelot – francese nell’altro secolo, romano d’adozione in questo – si è portato la vita in spalla dentro a tutte le guerre del mondo per raccontarle con l’inchiostro del reporter.
Ha scoperto due cose nel suo viaggio al termine della nostra notte, passando dall’Africa ai Balcani, dall’Afghanistan al Medio Oriente: che la guerra è una sola, sempre la stessa. Cataste di morte, spavento, rovina, pianto. E che è sempre identico anche il suo odore nauseabondo dei corpi vivi e di quelli macellati nelle trincee, nelle buche delle esplosioni, sui campi di battaglia, e lungo le baracche e le latrine nelle retrovie infestate dalle malattie dei corpi e quelle dell’anima. Ed è nauseante pure il cinismo con cui le guerre vengono maneggiate dalle élite degli eserciti, dai titolari del potere, delle ideologie, dei fatturati, dei media, mettendo in campo un dio e una bandiera contro il dio e la bandiera di un nemico, la menzogna di un torto o quella di una vendetta, ma sempre per spartirsi, alla fine del massacro, il potere della vittoria e gli affari della ricostruzione, perpetuando il diritto di uccidersi fino all’ultimo uomo sul campo, all’ultimo ideale da imbracciare.
La propaganda racconta le marce colorate delle belle uniformi in fila, le fanfare, il patriottismo, le vittorie. Ma non è l’eroismo la trama di cui è fatta la guerra, ma il brulicare dei parassiti sui combattenti e sui civili in fuga, la nausea, il vomito, la diarrea che colpiscono i soldati, le spaventose infezioni che li sfigurano. E poi l’odore.
La rivelazione, per Jacques Charmelot che è stato corrispondente di guerra di France Press, l’agenzia che ancora oggi ha sedi e redazioni in 150 Paesi nel mondo, è iniziata tanto tempo fa, nel 1983, un ospedale senza luce di notte, pieno di spazzatura e topi e lamenti e singhiozzi umani, costruito nel cuore nero dell’Africa, in Ciad, proprio sopra il proprio specchio capovolto: la fossa che raccoglie il sangue e la merda dei feriti, gli scarti dei corpi, i liquami. L’odore è densità d’aria che brucia gli occhi e la gola. Ma è anche il lampo di una scoperta che si accende, quella che i vivi e i morti, dentro a una guerra, galleggiano insieme su un mare di escrementi, compresi quelli della retorica, degli inganni, delle promesse. L’ospedale, gli spiega uno dei chirurghi militari, nella pausa tra un’amputazione e l’altra, l’hanno costruito in fretta e malamente, non c’è stato il tempo di separarlo dalla sua discarica. Dunque l’uno sull’altra. “Questa immagine non mi ha mai più abbandonato”, scrive Charmelot in questo libro pieno di verità, finalmente, a cominciare dal titolo La guerra è merda, che arriva nel momento più utile (e drammatico) per fare un po’ di chiarezza dentro al buio in cui stiamo precipitando, 52 guerre in corso nel pianeta, il riamo di tutti contro tutti, l’incubo nucleare non più così lontano a minacciare il mondo, le macerie di Gaza a soffocarci con le sue fosse comuni, le macerie dell’Ucraina che crollano di notte in notte, i fuochi che a ondate divorano il Medio Oriente, i suoi forzieri, i suoi arsenali allineanti e pronti a divorare l’ultima tregua che è sempre la penultima. Specialmente oggi nel pieno disordine, anche mentale, della nuova era intitolata a Donald Trump e alla sua America marziale che assedia lo Stato di diritto e in fin dei conti la democrazia residua d’Occidente, con l’invenzione suprematista del nemico interno, l’alibi ossessivo della sicurezza nazionale, la clamorosa crescita delle spese militari, che gli Stati Uniti hanno raddoppiato dai 531 miliardi di dollari del 2000 ai 1.060 miliardi di oggi.
Una corsa al riarmo che è diventata infezione virale anche in Europa, enfatizzando gli allarmi, inventandoli se occorre, per moltiplicare gli investimenti di una difesa che mai come adesso si prepara alla guerra. Le armi, annota Charmelot, “non si moltiplicano solo nei discorsi pubblici, anche nel cemento e nell’acciaio”. Nel solo comparto delle munizioni, la produzione annuale europea è passata in tre anni da 300 mila a 2 milioni di pezzi. E le aree occupate dalle fabbriche di armi – misurate confrontando migliaia di foto satellitari – sono triplicate nello stesso arco di tempo.
Il libro è storia di conflitti e insieme biografia dell’autore. Dopo l’Africa, nel 1985, gli è toccata la sede di Teheran, negli anni finali di Khomeini ma non del khomeinismo, in tempo per raccontare i massacri della guerra con l’Iraq di Saddam Hussein, le ondate dei giovani volontari mandati lungo le sponde dello Shatt el-Arab a sminare i campi coi loro corpi per proteggere il successivo passaggio dei carri armati. Ha incontrato i volontari della rivoluzione islamica, giovani soldati sfigurati, amputati, ciechi, che ancora non avevano perso la fede nella santa guerra. E solo vent’anni dopo gli è toccato registrare la disillusione dei veterani, come in ogni altro teatro di guerra che ha visitato: Beirut, Kabul, Baghdad. Ma specialmente nell’America della Never Ending War dove i veterani sono addirittura 18 milioni, reduci dai Balcani, dalle guerre del Golfo, dalla Libia, dall’Afghanistan, dalla Somalia. Uomini e donne che al 96 per cento – secondo i report medici – soffrono della sindrome da stress post traumatico, depressione, afasia, incubi. Senza contare il prezzo imposto a mogli, mariti, figli, famiglie intere, imprigionate anche loro, come danni collaterali. Perché la guerra è una malattia che non passa. È una droga che dà assuefazione. Ti riempie la vita quando sei al fronte. Te la svuota quando torni ai silenzi di quella civile. Al punto che ti serve altra droga o alcol o psicofarmaci per renderla abitabile.
La guerra è la macchina della follia umana. L’eroismo è l’alibi della crudeltà. L’onore una menzogna. Il resto lo ha detto il vecchio presidente statunitense Dwight D. Eisenhower: “Ogni cannone fabbricato, ogni nave da guerra, ogni razzo, significa un furto ai danni di chi ha fame e non viene nutrito, di chi ha freddo e non viene vestito”. Era il 1953, in piena Guerra fredda. “Questa è l’unica verità plausibile – scrive Charmelot – Farcela dimenticare è il lavoro dei guerrafondai. Ricordarlo è il nostro”.
Ecco il popolo di guerrieri, ecco come è ridotto il poliziotto buono del mondo👇
Un
rapporto dell’Operation Deep Dive dell’America
‘s Warrior Partnership (AWP) suggerisce che i suicidi tra i veterani sono significativamente sottostimati. L’AWP stima che ogni giorno muoiano per suicidio fino a 24 veterani, a cui si aggiungono altri 20 per “mortalità da autolesionismo”, spesso per overdose. Questo totale porta a ben 44 veterani che muoiono per suicidio al giorno, circa 2,4 volte in più rispetto alla stima del Dipartimento dei Veterani.
https://missionrollcall.org/veteran-voices/articles/the-state-of-veteran-suicide/
https://stopsoldiersuicide.org/vet-stats
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È una società di m., imbevuta di egocentrismo, ignoranza, violenza, morte.
Il classico paese che “ha bisogno di eroi”, col culto del militarismo, della guerra, del “servire il proprio Paese”, con le armi…
Quando poi tornano, dopo aver vissuto la realtà di cui quest’articolo tratta, è ovvio che le 2 immagini di sé stessi e della società falsa, ipocrita in cui si ritrovano a vivere, non coincidano.
Nascondere il numero dei suicidi è fisiologico, strumentale al mantenimento della farsa, dell’immagine di sé che continuano a nutrire, per il proprio popolo e per il mondo.
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Sarebbe curioso sapere quanti ne soffrano anche qui in Italia visto che di veterani, a parte Vannacci, ce ne sono parecchi, ma tutto tace.
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C’è un abisso, Sparvy.
Qui magari vanno per soldi, non li martellano da piccoli con la fissa del “servire il paese”, tipo eroi, bandiera esposta in ogni casa, orgoglio e considerazione da parte della società.
Quanti milioni di poveracci crescono con questa idea, poi si scontrano con la realtà della guerra e del ritorno in una società che forse, per contrasto, gli apparirà distopica…
Da noi non c’è questa mentalità, siamo più disincantati… e spero che lo restiamo ancora a lungo.
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Ho finito, Vostro Onore.
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Guarda, non so cosa vuoi dirmi, (tra l’altro con questa tabella generica, senza fonte né anno), visto che non hai evidentemente neanche LETTO (o capito!) l’articolo, dove SOLO RELATIVAMENTE AI REDUCI, si parla di 45 suicidi al giorno, specificamente nell’ambito di QUELLA categoria, e soprattutto dichiarati forse A METÀ.
I motivi per cui ci si suicida possono essere i più disparati, comprese PERSINO le condizioni climatiche (es. la carenza di luce solare per lunghi periodi) quindi con una tabella generica ci puoi cucinare la pasta e ceci.
Qui il concetto era un ALTRO, ma immagino che le resistenze siano in TALUNI troppo forti anche solo per considerare certe realtà.
Ma sei comunque pregato di non rivolgerti PIÙ a me, per nessun motivo, neanche per replicare.
Rivolgiti piuttosto al rotto in qlo, con cui evidentemente hai maggiore affinità, avendogli messo il like per avermi dato DELL’IPOCRITA.
A ME.
Tutto potrai dirmi, tu, ma non QUELLO.
Il c0gli0ne, con tutta probabilità il felino, può scrivere tutte le putta nate che gli saltano in quella testa bacata.
Da TE, anche se non ti riconosco più da tanto, non l’accetto proprio.
E ora ho finito IO.
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Allora Anail, partiamo col dire che sei stata tu la prima a mancarmi di rispetto, mettendo dei “mi piace” a commenti che contenevano offese totalmente gratuite nei miei confronti (a differenza di rotncool, che almeno ha motivato il suo giudizio), e questo nonostante di recente ti avessi espressamente chiesto di non buttarla sul personale tra di noi, in nome della nostra intesa passata, quindi adesso risparmiati pure il vittimismo melodrammatico, che di certo non ti si addice e che comunque col sottoscritto non attacca.
Hai anche approvato un post in cui venivo invitato ad eclissarmi, e mi dispiace dirtelo, ma quando ti comporti così stai solo dando ragione a chi un tempo ti chiamava “la badessa del blog”.
Per quanto mi riguarda, nessun rancore (litigare per un like mi sembra roba da dodicenni), ma in ogni caso non è mio costume fare favori di sorta a chi mi manca di rispetto, pertanto mi duole comunicarti che non posso ottemperare alla tua richiesta, dunque continuerò a fare tutte le osservazioni che riterrò opportune, quando lo riterrò opportuno.
Puoi sempre non leggerle e/o non rispondermi, se non ti dà fastidio comportarti come una dodicenne che non è ancora in grado di affrontare un confronto tra adulti, ma non puoi limitare la mia libertà di espressione.
La cosa che mi ferisce di più è che non hai capito che tutto ciò che ti ho detto, anche ora, te l’ho sempre detto da amico, quindi con la massima sincerità e a fin di bene; però sono avvezzo alle cose del mondo, ed è un dolore con cui posso convivere.
Nel merito della questione: dato che, dopo aver visto il tasso dei suicidi TRA I REDUCI, hai vergato un giudizio tanto tranchant della società americana, mi chiedevo semplicemente quale fosse la tua replica al tasso di suicidi TOTALI di chi ne ha il 50% in più, (da una persona matura ed intellettualmente onesta ci si aspetterebbe un giudizio ancor più tranchant, altrimenti sarebbe la dimostrazione che aveva ragione rotncool), ed ora la conosco: la tua prima reazione è stata quella di contestare i dati (un complottismo decisamente fuori luogo: la fonte della pasta e ceci è Rosstat), seguita da benaltrismo (anche i motivi dei suicidi TRA I REDUCI possono essere i più disparati), condita dal fatto che i dati potrebbero non essere quelli reali (se è per quello, Putinlandia non fornisce nemmeno il dato sul numero di soldati, figuriamoci quello dei reduci, e figuriamoci quello dei suicidi tra i reduci: pertanto, non esistono).
Insomma, riassumendo: quando c’è di mezzo la Russia, due pesi e due misure: cvd.
Tanto probabilmente nemmeno lo leggerai, ma… allora cosa ci fai qui?
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Un conto è votare lunghi commenti in cui l’unico attacco era magari “il trenino lima”o altre simili divertenti e reciproche facezie (e non lo facevo COMUNQUE, prima che ti accodassi REGOLARMENTE ai vari loquastietc etc etc, PURCHÉ fossero ANTI A PRESCINDERE), altro è dare il like a chi mi dà DELL’IPOCRITA, perché magari faccio la metafora tra il respiro e il TRATTENERLO per l’ansia, non l’iperbole, che non c’entra un cz, e che pensa che sia la tipa che POI fa l”‘aperitivo e sushi”(astemia e odio il sushi e tutte queste idiozie da coglionazzi atteggiati e vacui, che detesto.
Comunque, poiché vedo che ti SDRAI ancora e vieppiù sugli insulti rancorosi di quello str0nzo che, a quanto pare, anche tu interpreti come SCN, perché solo lui mi dava della badessa, cosa che non è poi così offensiva come VORRESTI. ANZI.
Purtroppo per me ho letto anche questo sproloquio, dove pare che tu attribuisca il mio post all’essere filorussa ( ??? Ce l’hai infilata TU, la Russia!!!) e non semplicemente che abbia QUEL GIUDIZIO sulla società americana per ciò che vedo quotidianamente, per la violenza, per l’imperialismo guerrafondaio senza rivali, per quel che fecero ai nativi, per ciò che vedo continuamente anche in trasmissioni NEUTRE (H&Gtv) , ma ambientate lì e infarcite della m3rda mentale che ho descritto, ma non abbastanza.
Penso che se io ho dodici anni (magari), accusa anche questa mediata – e beceramente reiterata – dal tuo nuovo MAITRE A PENSER (che qlo!), non so che età mentale darti. Io ero sicuramente più autonoma di pensiero già a quella purtroppo lontana età.
… Cosa ci facciò qui?!?!?! Non crederai mica, anche TU, di ESSERE?
Scusa se Infosannio non ti appartiene.
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Un conto è votare lunghi commenti in cui l’unico attacco era magari “il trenino lima”o altre simili divertenti e reciproche facezie (e non lo facevo COMUNQUE, prima che ti accodassi REGOLARMENTE ai vari loquastietc etc etc, PURCHÉ fossero ANTI A PRESCINDERE), altro è dare il like a chi mi dà DELL’IPOCRITA, perché magari faccio la metafora tra il respiro e il TRATTENERLO per l’ansia, non l’iperbole, che non c’entra un cz, e che pensa che sia la tipa che POI fa l”‘aperitivo e sushi”(astemia e odio il sushi e tutte queste idiozie da coglionazzi atteggiati e vacui, che detesto.
Comunque, poiché vedo che ti SDRAI ancora e vieppiù sugli insulti rancorosi di quello str0nzo che, a quanto pare, anche tu interpreti come SCN, perché solo lui mi dava della badessa, cosa che non è poi così offensiva come VORRESTI. ANZI.
Purtroppo per me ho letto anche questo sproloquio, dove pare che tu attribuisca il mio post all’essere filorussa ( ??? Ce l’hai infilata TU, la Russia!!!) e non semplicemente che abbia QUEL GIUDIZIO sulla società americana per ciò che vedo quotidianamente, per la violenza, per l’imperialismo guerrafondaio senza rivali, per quel che fecero ai nativi, per ciò che vedo continuamente anche in trasmissioni NEUTRE (H&Gtv) , ma ambientate lì e infarcite della m3rda mentale che ho descritto, ma non abbastanza.
Penso che se io ho dodici anni (magari), accusa anche questa mediata – e beceramente reiterata – dal tuo nuovo MAITRE A PENSER (che qlo!), non so che età mentale darti. Io ero sicuramente più autonoma di pensiero già a quella purtroppo lontana età.
… Cosa ci facciò qui?!?!?! Non crederai mica, anche TU, di ESSERE?
Scusa se Infosannio non ti appartiene.
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Con tutto il rispetto: ma mi stai prendendo per i fondelli?
E di questo, cosa mi dici?
E’ quasi imbarazzante giustificarmi per una cosa simile, ma se proprio ci tieni a saperlo ho dato quel like a rotncool più che altro per il commento, che riprendeva un concetto da me già espresso in precedenza (e sul quale ci eravamo già scontrati, come ricorderai), e NON per la chiosa finale, che nella fattispecie non condividevo.
Ma mettiamo pure che l’avessi fatto per offenderti: mi corre ugualmente l’obbligo di farti notare che, se tu per prima metti il like ad un commento che contiene solo ed esclusivamente insulti gratuiti contro il sottoscritto, come hai fatto per quello qua sopra (che è comunque tua facoltà e che personalmente mi scivolano, esattamente come gli altri numerosi insulti che quotidianamente mi prendo qua dentro, quasi sempre da soggetti palesemente inabili al confronto civile), poi non puoi offenderti a morte se qualcuno fa (presuntamente) la stessa cosa con te, altrimenti in questa specifica occasione ti stai proprio comportando da ipocrita (ma questo non vuol dire che lo sei sempre).
Siccome ci tengo a te, non me la prendo per gli insulti e te lo faccio notare, ma non lo dico per offenderti: il mio scopo è quello di evidenziare quelli che secondo me sono degli errori, al fine di aiutare nella crescita.
Se invece sei iper-permalosa e non sopporti le critiche, nemmeno quando sono motivate, ne prendo atto e mi comporterò di conseguenza (evitandole, per quanto possibile), ma sappi che questo limita fortemente le possibilità di dialogo col sottoscritto (e tu dirai: meno male).
Nel merito della questione: tu avrai anche espresso quel giudizio sulla società americana per quanto vedi quotidianamente, ma l’hai fatto in risposta ad un commento che faceva riferimento specificamente al tasso di suicidi, al quale ti sei a tua volta riferita, pertanto è impossibile non cogliere la correlazione; quando ti ho fatto notare che il Paese di cui ammiri il leader, da quel punto di vista, soffre di problemi analoghi, se non peggiori (compresa la poca trasparenza e il genocidio dei nativi), ti sei ben guardata dal riservargli un giudizio anche solo lontanamente paragonabile, ma hai abbozzato, e questa, mi dispiace dirtelo, ma è un’altra forma di ipocrisia. Anche se la Russia ce l’ho infilata io.
Infine, il “cosa ci fai qui” era una battuta riferita al fatto che tu intendessi evitarmi; so bene di non essere il padrone da queste parti, infatti non ho mai invitato nessuno ad eclissarsi (frecciatina), né ad emigrare altrove, nonostante venga in continuazione accusato falsamente anche di questo, quasi sempre da parte di soggetti che conosci bene, e che davvero si comportano da padroni del blog (ad esempio imponendo la loro agenda, come fa il tuo caro Sparvy, ma questo è un altro discorso).
Chiudo con un’altra battuta, anche se non mi vengono bene: se basta qualche like a dei post con cui concordo per trasformare qualcuno nel mio “maître à penser”, allora durante il covid tu sei stata la mia maitresse (à penser, sia chiaro).
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Chiedo scusa, mi ha replicato il post, peraltro non corretto (era troppo piccolo da bacheca, mi stavo “sbisogando”🤓 ).
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Insomma, bisogna fare assolutamente qualcosa per aiutare i groenlandesi che sono di gran lunga i prim suicidi al mondo.
Gli americani stanno benissimo del resto, così bene che hanno avuto circa 1 MLN di morti per gli oppiodi negli ultimi 20 anni, basicamente l’equivalente annuale delle perdite in Vietnam.
Sei FINITO, vostro disonore 😀
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@ Circo Togni: c’è già qualcuno che ci sta già pensando.
Al posto tuo, mi preoccuperei molto più di aiutare me stesso.
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