L’Occidente ha cercato “partner politici” tra le fila dei Taleban della Striscia

Il video dell'esecuzione di Hamas diffuso

(Domenico Quirico – lastampa.it) – Rieccoli. Appena ventiquattro ore hanno atteso, giusto il tempo che in Egitto i cirrocumuli di retorica dei potenti del mondo si dissipassero. Poi i Taleban di Gaza, i miliziani di Hamas, le brigate Al Qassam, in veste di perenni intrusi, hanno ripreso il loro consueto, scabroso daffare. Sembrano vispi dopo due anni di una guerra senza limiti che doveva distruggerli fino all’ultimo collaboratore.

Gli armigeri in nero presidiano le strade dove ripassano finalmente gli aiuti umanitari targati Onu. Applicano con tripudio di urla e il giubilo della folla (riunita a forza?) per la esecuzione della sentenza lo spiccio diritto jihadista: un gruppo di supposti appartenenti a bande rivali, bendati e inginocchiati, vengono eliminati con una raffica di mitra alla schiena: Dio è grande! Vi eravate disabituati alle avventure omicide, ai rituali delle guerre falsamente sante? Già non ricordate più Raqqa e Mossul, le fosse comuni libiche, i “processi” degli Shabab?

Siamo davvero tornati al sei di ottobre. Si esce dalle catacombe dei tunnel, è barbarie alla luce del sole. Con gli stessi metodi, la stessa panoplia di orrori. Messaggio: qui comanda ancora Hamas, il jihad è battaglia e sangue. In Occidente volenterosi ottimisti patentati vanno alla ricerca dei segni di una supposta ala “politica”, della presunta liquidazione degli ultras della purificazione della Palestina, di moderati alla ricerca di un posticino nel nuovo Medio Oriente di Trump.

Gaza, miliziani di Hamas fucilano sette persone accusate di collaborazionismo con Israele

Tempo perso: il jihad riprende come se i due anni non fossero passati, le decine di migliaia di morti fossero un irrilevante sacrificio necessario sulla strada del paradiso. Il jihadismo totalitario, l’unico nemico che non ci siamo scelti noi perché è stato lui a dichiararci guerra, di cui Hamas è una scaglia, non è un movimento ideologico ma una micidiale setta teologica. Le ideologie si possono cambiare disinvoltamente da un giorno all’altro, se fa comodo per sopravvivere o se la Storia le ha bocciate senza rimorsi. Le scelte della religione totalitaria con annesse trascendenze omicide sono perenni. Un terribile dettaglio, quello della feroce smorfia dell’omogeneo, che in Occidente si finge di non capire.

Nel califfato della Striscia dopo due anni di apocalisse occorre riportare ordine e sicurezza per poter ricostruire. Prima che entrino in azione Blair, il Genero e i loro soci in “ghoutra e kandura” per realizzare piani monumentalmente ambiziosi e render tutti ricchi è la condizione necessaria. Lo ha detto anche Trump: Hamas potrebbe svolgere per un certo periodo di tempo il ruolo di polizia! Definizione deliziosamente vaga come se tenere in piedi la tregua fosse uno spettacolo per tutti, un intrattenimento per famiglie.

Nelle pieghe e nei silenzi del suo piano ecco allora che si infilano, lesti, i barbari del sette ottobre con le loro cicatrici omicide. Per esempio: ci sono a Gaza delle bande criminali legate a clan storici, a famiglie, che controllano quartieri o lembi di territorio, traffici lucrosi e indispensabili in uno stato approssimativo, assediato perennemente come Gaza. Concorrenti, laici si potrebbe dire, nella violenza.

Nomi, carriere criminali come Abu Shabab trafficante e assassino: alcuni hanno collaborato con l’esercito israeliano durante i due anni di guerra. Dovevano dare una mano a “ripulire”, avevano in appalto i lavori più sudici, in cambio potevano ingrassarsi come avvoltoi a spese di derelitti e affamati. Dal Vietnam all’Iraq, dal Libano alla Cecenia le guerre sporche sono zeppe di personaggi così, quasi sempre sacrificati senza rimorsi in caso di ritirata o di accordo con il nemico.

Il parziale ritiro israeliano e la tregua li ha lasciati scoperti. Gli scontri con gli uomini di Hamas sono iniziati subito, violenti, adeguatamente spietati. Hamas vuole riprendere il monopolio della violenza, associando a borsaneristi e banditi detestati dalla popolazione anche possibili avversari dei suoi metodi. Sa che Israele non infrangerà la tregua per salvare questi impresentabili collaborazionisti.

Con il negoziato Hamas ha ottenuto, di fatto, un prezioso riconoscimento come interlocutore, gli americani sono andati a Doha per chieder loro di restituire gli ostaggi, hanno scambiato assicurazioni e promesse. Non riconoscete il meccanismo messo in atto con i Taleban? Non sono gli stessi passi sciaguratamente percorsi con il “jihadista convertito”, il boia siriano Al-Golani? Nella pace di Trump dunque la domanda senza risposta è sempre quella, non si può sfuggire alle terrificanti grane della realtà: dove mettiamo Hamas e i suoi killer in nome di Dio?