
(di Fabio Mini – ilfattoquotidiano.it) – Pur avendo visto anni di guerre irrisolte, sono stati sette finora i premi Nobel per la Pace attribuiti a proposito del conflitto tra Israele, Stati arabi e palestinesi. E adesso ci prova anche Donald
“Se l’hanno dato a Obama possono darlo benissimo a Trump”, si dice con molto sarcasmo. Ovviamente Trump non vuole essere assimilato a Obama, che ricevette il premio non per quello che aveva fatto ma per quello che avrebbe potuto fare, ma che in otto anni di presidenza ha disatteso tutte le aspettative suscitate dal premio assegnatogli sulla fiducia.
Trump ha forse in mente il premio Nobel assegnato a Theodore Roosevelt nel 1907 per la mediazione nella guerra russo-giapponese e nel 1912 a Elihu Root, suo Segretario di Stato, per gli accordi col Giappone. Non pensa nemmeno al Nobel per la pace assegnato a Woodrow Wilson nel 1919 per la sua promozione della Lega delle Nazioni che si prefiggeva lo scopo di prevenire le guerre con la gestione diplomatica e il controllo degli armamenti. Lega alla quale gli Stati Uniti da lui governati non aderirono, che favorì la stesura delle convenzioni del diritto internazionale bellico, ma che non riuscì a prevenire nessuna avventura militare e che fu dichiarata fallita con la Seconda guerra mondiale. Un altro premio Nobel per la pace fu co-assegnato nel 1925 allo statunitense Charles Gates Dawes, banchiere e politico, già vicepresidente dal 1925 al 1929, per il suo piano riguardante le riparazioni di guerra imposte alla Germania alla fine della Prima guerra mondiale. È un Nobel al quale ambiscono molti degli attuali sostenitori della guerra in Ucraina, politici e banchieri o sedicenti tali come Von der Leyen, Macron, Starmer, Merz, Rutte e gli altri capeggiati da Zelensky che stanno calcolando l’ammontare dei danni da far pagare alla Russia e già si stanno appropriando dei suoi capitali all’estero. Devono fare in fretta non perché i soldi servono a finanziare il riarmo europeo e nemmeno per aiutare l’Ucraina, ma perché i 300 miliardi russi congelati illegalmente devono essere convertiti in pezzi di carta di cui non si sappia l’origine prima che la Russia vinca la guerra. E la fretta è anche il segnale che la sta vincendo. Nel 1923 Dawes dovette intervenire per alleggerire o diluire nel tempo l’obbligo dei pagamenti richiesti alla Germania (Repubblica di Weimar) che la stavano dissanguando. Nel 1916 il vecchio marco tedesco era scambiato a 8 contro 1 dollaro statunitense, nel 1918 era sceso a 26 per dollaro, sul finire del 1922 era crollato a 2.420, nel giugno del 1923 a 100.000, per precipitare poi in una caduta esponenziale del cambio fino al 15 novembre del 1923, quando l’ultima transazione ufficiale registrò un cambio di 4.200.000.000.000 (4.200 miliardi) di Papiermark per dollaro. Il marco ormai valeva letteralmente meno della carta su cui era stampato. Mentre gli speculatori si arricchivano, i debitori si vedevano azzerare i debiti, i creditori i crediti e i risparmiatori i risparmi. La popolazione non riusciva a sopravvivere e Dawes riuscì a favorire una timida ripresa, ma soprattutto a favorire le banche americane. Ciò nonostante non evitò o attenuò il crollo dell’economia americana ed europea del 1929. Furono queste le basi dell’ascesa di Hitler e le radici della Seconda guerra mondiale.
Frank Billing Kellogg nel 1929 e Nicholas Murrey Butler nel 1931 furono premiati per il loro lavoro al Patto Briand-Kellogg nel quale si legge un principio che è stato incorporato in tutte le Costituzioni occidentali: “Il ripudio della guerra come strumento per la risoluzione delle controversie internazionali “. Il patto, pubblicato nel 1928 raggiunse la quota di ratificazione nel 1939. E nello stesso anno scoppiò la Seconda guerra mondiale.
Dal 1939 al 1943 il premio non venne assegnato. Ufficialmente a causa della guerra, in realtà perché non si trovò nessuno che avesse fatto qualcosa per evitarla. Nel 1944 fu assegnato alla Croce Rossa per il supporto alle vittime della guerra esattamente come l’identico assegnato nel 1917 per il supporto ai prigionieri di guerra: in entrambi i casi non si trattava di un riconoscimento in nome della pace, ma in nome dei martiri della guerra. Nel 1945 il premio è andato a Cordell Hull co-fondatore dell’Onu, la stessa organizzazione che gli Stati Uniti hanno usato e abusato per i propri interessi e vilipeso, anemizzato e asfissiato togliendo aria e sangue ogni volta che da essa si levavano timide obiezioni. Tra il 1968 e il 1973 si tennero molte trattative per la pace in Vietnam e a quelle ufficiali si affiancarono quelle segrete tra Lê Ðù’c Thoọ, capo della Commissione centrale organizzativa del Partito Comunista del Vietnam, e il segretario di Stato Usa Henry Kissinger che portarono a un cessate il fuoco e poi agli accordi di pace di Parigi del 1973. Nello stesso anno ai due negoziatori fu assegnato il Nobel per la pace. Lê Ðù’c Tho, convinto comunista, rifiutò il premio perché si trattava di frivolezze borghesi e perché gli accordi non erano stati rispettati interamente. Kissinger, più realista, lo intascò. Non ci sono più i comunisti di una volta, ma i realisti sì.
Trump si è presentato come il pacificatore e quindi legittimo aspirante al Nobel per la pace. Ci ha provato con l’Ucraina e non è andata bene. Anzi sta decidendo se dare all’Ucraina i missili Tomahawk a lunga gittata in modo da colpire Mosca e attuare il piano della Nato, della Von der Leyen e di altri bravi volenterosi europei, di far capitolare la Russia per decapitazione. Un’impresa non impensabile, ma dagli effetti conclusivi molto certi e molto diversi dalla pace: fine dell’Ucraina, fine dell’Europa, fine dell’egemonia statunitense. Trump ci sta riflettendo e vuole sapere da Zelensky come intende usare i missili. Ovviamente Zelensky lo rassicurerà dicendo che li userà per i fuochi d’artificio di Halloween o per l’anno nuovo. Il Congresso americano ha invece già deciso: sacrificare l’Ucraina e l’Europa per continuare a gestire il mondo o quel che ne resta. Trump ha poi diretto l’attenzione sulla questione di Gaza nella quale vedeva ottime prospettive per rifarsi una pelle da pacificatore. Il suo piano, non è suo, ma Trump ha il grande merito di averlo fatto proprio mettendoci il nome e la faccia. Per questo merita il Nobel. Non è perfetto né definitivo, ma ha almeno interrotto la mattanza e, soprattutto per i palestinesi, è un grande risultato. Tuttavia se l’Afghanistan è stato definito il cimitero degli imperi, il Medio Oriente e in particolare la Palestina, è il cimitero delle aspettative e delle promesse dei Nobel per la pace. A partire dalle guerre arabo-israeliane del 1948 a oggi i Nobel sono stati assegnati: nel 1958 a Ralph Bunche per il ruolo avuto in Palestina, nel 1967 a Lester Pearson per la crisi di Suez, nel 1978 a Menachem Begin e Mohamed Anwar el Sadat per gli accordi di Camp David, nel 1994 a Yasser Arafat, Shimon Peres e Yitsak Rabin per gli sforzi per la pace in Medio Oriente. Sette premi Nobel per la pace in un’area che nello stesso periodo non ha mai avuto un giorno di pace. Trump non ce l’ha fatta quest’anno ma la vincitrice, nota estremista guerrafondaia venezuelana (che aveva richiesto l’intervento armato statunitense contro il proprio paese) l’ha dedicato a lui. Potrebbe riceverlo l’anno prossimo se il cosiddetto piano di pace per Gaza desse i frutti sperati (da tutti noi) e non si rivelasse un capestro e una punizione per tutto il popolo palestinese peggiori dei massacri finora subiti. E tuttavia, visti i precedenti di questo premio, proprio Trump dovrebbe trarre qualche segno di cautela nel cavalcare la retorica Nobellica.
“Von der Leyen, Macron, Starmer, Merz, Rutte e gli altri capeggiati da Zelensky”.
Fantastico che in ogni elenco di politici kattivoni di ogni articolo del Fatto quotidiano non compare mai il nome MELONA.
Direttive “mandatory” da non violare altrimenti il capo Marcolino si arrabbia?
O la donna più potente del mondo(cit times) comanda solo il suo banco del pesce al mercato rionale?
E poi aridaie con sto Nobel per la pace …che vale tale e quale a quello per la letteratura,poco più di niente.
Quando lo diedero a Bob Dylan,quest’ultimo non andò nemmeno a ritirarlo…qualche non-ipocrita esisteva ancora.
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Se non ricordo male decise di ritirarlo quando seppe che c’era anche un milione di euro 😂😂😂
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👍ricordi bene.E’ andato a prenderlo un anno dopo,visto che passava da quelle parti per un concerto.Ma considerando quello che ha guadagnato in carriera e che qualche anno fa ha venduto i diritti delle sue canzoni a Sony e Universal per oltre 800milioni di dollari credo che il milioncino come premio l’abbia dato in beneficienza.
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Mi chiedevo giusto giusto:
su quest’articolo metterà per primo il becco,
l’altisonante Leone, o Carletto il Trolletto?
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Il generale è in grande forma stamane . Formidabile ,schietto, ironico e sarcastico quanto basta .Poi la chiusura sull’ultima trovata dei premiatori di Oslo che scelgono una reazionaria inviperita per farla sembrare Teresa di Calcutta 2, e un tocco di classe e fuga . Questo articolo lo costringerei a leggere a tutti quei PD e i loro corteggiatori del campo santo allargato.
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