Fermo restando che noi non siamo nichilisti e che consideriamo la continuazione della vita umana, valore prioritario, rispetto a obiettivi rivoluzionari tanto puri […]

(di Elena Basile – ilfattoquotidiano.it) – Fermo restando che noi non siamo nichilisti e che consideriamo la continuazione della vita umana, valore prioritario, rispetto a obiettivi rivoluzionari tanto puri quanto fanatici, e quindi apprezziamo che Hamas abbia accettato l’ignobile piano di pace per porre fine al genocidio dei palestinesi, cerchiamo di esaminare politicamente l’indecente proposta di Trump. Non vorrei che i tanti amici con i quali condivido pensiero politico e indignazione morale, cominciassero a somigliare ai cosiddetti “filoucraini” che dai loro sofà applaudono alla gloriosa resistenza ucraina gioendo dei martiri altrui. No, noi non cadremo in questa trappola e non gioiremo della gloriosa resistenza palestinese incitando un popolo al martirio.
Esaminiamo la proposta. Si tratta di un chiaro ritorno da una parte al colonialismo in quanto si nomina, (sembra quasi una beffa), un britannico che ha tradito i valori del laburismo inglese, ha mentito al suo popolo e ha le mani sporche di sangue dei 500 mila iracheni trucidati (dato approssimato per difetto), il noto Tony Blair, quale coordinatore e garante del piano di ricostruzione di Gaza. Un ritorno al protettorato britannico sotto altre forme. Ai palestinesi si concede di vivere, di non essere deportati ma non di essere un popolo con rappresentanza politica. Hamas viene considerata tout court il male assoluto e non un’organizzazione per la liberazione con la lotta armata di un popolo sotto dominazione di una potenza straniera. Ricordo che se Hamas uccide soldati israeliani rientra nel diritto onusiano. Hamas tuttavia compie atti di terrorismo colpendo civili israeliani, anche ragazze che ballano e bambini (si attende un’inchiesta indipendente sulle altre responsabilità). Purtroppo l’hanno fatto anche gli israeliani e Begin, un terrorista vincente, divenne primo ministro. Lo facevano i mitici carbonari risorgimentali e lo fanno oggi gli ucraini con attentati in Russia. Ma ormai la parola d’ordine è Hamas=male assoluto. Anche l’Anp, che si è vista negare illegalmente il visto per poter partecipare alla riunione Onu, non è ammessa alla gestione di Gaza se non dopo una fantomatica riforma che suona come epurazione e rieducazione. Data la collaborazione dell’Arabia Saudita e delle monarchie del Golfo, siamo rientrati nel quadro dei famigerati accordi di Abramo con l’aggiunta di non ben individuati tecnocrati palestinesi. L’economia vince sulla politica. Nel XXI secolo postmoderno si impone la legge del cinico individualismo e degli interessi economici sul mito della questione nazionale di un popolo torturato, perseguitato e annientato da decenni. In effetti nel XX secolo queste parole si riferivano agli ebrei e invece, farsa tragica della storia, ora i carnefici sono gli israeliani, proprio loro che del mito di uno Stato per un popolo perseguitato dovrebbero pur sapere qualcosa.
L’indecente proposta trumpiana ignora la causa palestinese. A Gaza, protettorato anglo-arabo, Israele giocherebbe un ruolo minore. Si garantirebbe la non annessione della Cisgiordania, dove i palestinesi continuerebbero a vivere sotto apartheid. Netanyahu, criminale di guerra, sarebbe graziato. La destra messianica proseguirebbe la trasformazione politico-antropologica dell’“unica democrazia del Medio Oriente”. Gli ostaggi da ambo le parti sarebbero liberati.
Hamas ha dato una risposta politica importante per la pace e la sopravvivenza del popolo palestinese. Non credo si possa parlare di una organizzazione, anch’essa postmoderna, che cerca di salvare la propria pelle. Hamas ha sconvolto le carte. Israele contava sul rifiuto dei terroristi per poter legittimare la sua azione genocidaria a Gaza. Ora dovrà rispondere all’offerta di negoziati per liberare gli ostaggi dopo il cessate il fuoco permanente. Una proposta di pace realistica avrebbe rimesso in agenda la causa palestinese e accettato la soggettività palestinese, negoziando con l’Anp e Hamas che, come l’Olp, da organizzazione terroristica potrebbe divenire interlocutore. La guerra in Algeria nel 1962 ha per caso demonizzato il Fronte di Liberazione Nazionale malgrado le atrocità compiute? Atrocità a mio avviso comprensibili in un movimento di liberazione di un popolo, ma non nello Stato oppressore: i francesi allora, gli israeliani oggi. Il disegno di dominio imperialistico non prevede la risoluzione della questione palestinese. Da Carter a Kissinger a Clinton, Washington non è stato un honest broker, non ha aperto veri negoziati di pace con tutti gli attori coinvolti, affrontando la questione dei rifugiati. La demonizzazione di Hamas e dell’Iran serve al dominio imperialistico Usa nella regione. Merz insegna: Netanyahu sta solo facendo il lavoro sporco.
Cara Elena, critiche sacrosante. Ma c’è una sola cosa peggiore di quel piano: che venga fatto fallire e ricominci lo sterminio.
m. trav.
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Le ultime righe di Travaglio a commento dell’articolo di Elena Basile non sono una previsione incerta, bensì un fatto certo.
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A parte la incipit iniziale di basso cabotaggio che poteva risparmiarsi “Fermo restando che noi non siamo nichilisti e che consideriamo la continuazione della vita umana…”
Ottimo Basile.
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Ottimo anche questo? 🤔
“Hamas tuttavia compie atti di terrorismo colpendo civili israeliani, anche ragazze che ballano e bambini (si attende un’inchiesta indipendente sulle altre responsabilità). Purtroppo l’hanno fatto anche gli israeliani e Begin, un terrorista vincente, divenne primo ministro. Lo facevano anche i mitici carbonari risorgimentali e lo fanno oggi anche gli ucraini con attentati in Russia. Ma ormai la parola d’ordine è Hamas=male assoluto”.
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L’avverbio purtroppo e la congiunzione anche,parificano i comportamenti e implicano una condanna morale.
Dove è l’errore?
Comunque l’approccio critico ti fa onore, è così che bisogna approcciarsi al testo e all’autore,secondo me…non con preliminari atti alla fellatio.
Molto più onore deriverebbe dall’averlo verso anche “amici e simpatizzanti”, ma ciò è riservato solo a pochi …e comunque ognuno ha la propria coscienza.
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Comprendo perfettamente ciò che sta più al cuore della Basile , cioè che i palestinesi trovino finalmente un cessate il fuoco la fine della mattanza ,e la soddisfazione dei bisogni primari. Però io sono più pessimista di lei è sospetto che una volta riavuti gli ostaggi gli israeliani faranno terra bruciata e Blair non farà nulla per evitarlo.
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Come sempre la ristrettezza di vedute della Basile e la totale assenza di pragmatismo emergono dal suo articolo.
Per mettere in evidenza tutto ciò partiamo dal “piano Trump”; cosa prevede.
Cessate il fuoco immediato: sospensione di tutte le operazioni militari e congelamento delle linee del fronte.
Scambio di prigionieri e rilascio degli ostaggi; smilitarizzazione di Gaza;
Ritiro Israeliano Israele si ritirerà lungo una “linea di ritirata iniziale” concordata, ma manterrà il controllo su alcune aree strategiche
Amministrazione transitoria: sarà istituito un governo tecnico palestinese, supervisionato da una “Gaza International Transitional Authority” composta da rappresentanti internazionali, tra cui l’ex primo ministro britannico Tony Blair
Ricostruzione e assistenza umanitaria: la regione sarà ricostruita con il supporto di fondi internazionali, con l’assistenza di organizzazioni come l’ONU e la Mezzaluna Rossa
Prospettiva di uno Stato palestinese: il piano riconosce la possibilità di un futuro Stato palestinese, subordinato a riforme interne e al successo del processo di ricostruzione. Tuttavia, il primo ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato che non è prevista la creazione di uno Stato palestinese secondo questo piano,
Quali sono state le reazioni degli attori coinvolti?
Hamas: ha dichiarato la disponibilità a rilasciare tutti gli ostaggi e a trasferire l’amministrazione di Gaza a tecnocrati palestinesi indipendenti. Tuttavia, permangono divergenze interne, con alcuni leader contrari al piano, mentre altri sono più favorevoli
Israele: il governo ha avviato la preparazione per implementare la prima fase del piano, concentrandosi sul rilascio degli ostaggi. Tuttavia, persistono divisioni politiche interne, con alcuni membri del governo contrari al piano proposto.
Comunità internazionale: il piano ha ricevuto un ampio sostegno da parte di UE, paesi arabi e Russia.
Cara Elena, critiche sacrosante. Ma c’è una sola cosa peggiore di quel piano: che venga fatto fallire e ricominci lo sterminio.
m. trav.
Tranquillo, hai vinto una serie di editoriali facili; quel piano è già fallito, anche se venisse attuato; poi tu ed altri discetterete sul di chi è la colpa guardando la crosta as usual; ma la sostanza non cambia.
Perchè quel piano è già fallito?
Così come in Italia non si diventa indipendenti al compimento del 18o anno, ma quando si ha un lavoro e con esso autonomia economica e finanziaria; allo stesso modo la Palestina si potrà ritenere REALMENTE indipendente e sovrana quando avrà piena autonomia economica e finanziaria.
Se Israele mantiene il controllo dei confini, delle dogane e degli approvvigionamenti essenziali (energia, acqua, merci), il governo palestinese rimane vulnerabile e dipendente per il minimo funzionamento dello stato.
Gran parte del budget palestinese deriva oggi da aiuti esterni (ONU, UE, paesi arabi). Questo crea una situazione in cui qualsiasi politica non gradita ai donatori può essere bloccata semplicemente sospendendo i fondi.
Per ricevere fondi e investimenti, è probabile che il governo debba accettare riforme economiche o condizionalità politiche che ne limitino ulteriormente la libertà decisionale.
Senza la possibilità di attrarre investimenti esteri o controllare il commercio locale, il governo resta vincolato a donatori e paesi garanti.
Servizi pubblici, giustizia, sanità e istruzione richiedono competenze e risorse.
Il bar follow the money è aperto 24/7.
Un governo imposto o troppo condizionato dall’esterno rischia di non essere riconosciuto dalla popolazione locale.
La “Gaza International Transitional Authority” è supervisionata da attori internazionali con a capo Blair, quindi il governo tecnico rischia di essere percepito come un’amministrazione fiduciaria piuttosto che autenticamente palestinese.
In sintesi anche se il piano dovesse partire, il governo palestinese risultante potrebbe avere più autonomia formale che reale, con forte dipendenza da Israele e dalla comunità internazionale. La sovranità effettiva rimarrebbe molto limitata.
E tutto questo non per le TUE ragioni ideologiche, ma per ragioni pratiche.
Infine l’osservazione su una frase
“L’economia vince sulla politica“
Si, sempre; ma non come la intendi tu dove economia equivale ad elite economico-finanziarie e politica equivale al popolo
E’ economia anche quella della pancia del popolo e la storia insegna che, più raramente ma in modo decisamente più cruento, ha vinto anche quella.
Non ha alcun senso chiedersi se un piano sia giusto o sbagliato; questo semmai viene dopo; la prima cosa che bisogna chiedersi è se quel piano può funzionare, se è attuabile,
Prima viene l’efficacia e poi l’efficienza.
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Non ho capito l’opportunità della precisazione di Travaglio, visto che la Basile aveva fatto una premessa in quello stesso senso.
Su tutto il resto concordo… come sempre, direi.
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Purtroppo quando una delle due forze in campo è preponderante, non si può far altro che cercare di strappare il più possibile al vincitore ma riuscire a fermarsi un attimo prima che salti l’accordo.
Il risultato sarà comunque un insulto al popolo Palestinese però meglio un cattivo accordo (sopra)vivendo che nessun accordo morendo.
D’altronde Netanyahu non aspetta altro per distruggere quello che resta della Striscia e annettersi tutto.
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