(di Giovanni Valentini – ilfattoquotidiano.it) – “Non ve ne fotte niente di dare aiuti alla persone”. (Bruno Vespa agli attivisti della Flotilla – “Porta a porta”, Rai 1 – 1° ottobre 2025)

Questa volta Bruno Vespa ha passato il segno. Non il confine invisibile fra destra e sinistra, perché lui è sempre stato coerentemente da una parte sola. Né quello tra informazione e intrattenimento, perché da anni ormai ha rinunciato a fare il giornalista per travestirsi da “artista” e aggirare il “tetto” agli stipendi dei dipendenti pubblici. Anzi, ora che è stato dichiarato illegittimo dalla Consulta, il rischio è che l’influencer pretenda di reincarnarsi nel giornalismo. Questa volta il Nostro ha passato il segno della buona educazione, della compostezza e della moderazione che cercava (o fingeva) di mantenere come un acrobata sul filo di equilibrio. E così ha gettato definitivamente la maschera, violando il pluralismo e mancando di rispetto a tutti coloro che non la pensano come lui.

Con il proditorio attacco alla missione umanitaria della Flotilla, il sedicente “artista” ultraottuagenario del nostro disservizio pubblico ha perso il controllo dei nervi, mostrandosi sboccato e volgare. E ha dismesso quel falso aplomb che aveva indossato, come un costume di Carnevale, ai tempi della Prima Repubblica. Sarà pure l’età avanzata o il vino che produce, ma è chiaro a tutti che non regge più la scena né tantomeno il video.

Il fatto è che il “caso Vespa” è solo la classica punta di un iceberg alla deriva. E cioè la spia rivelatrice della crisi di ascolti, e soprattutto d’identità, che attanaglia la Rai meloniana. Dal servizievole Tg 1 alla dimessa Radio 1, dagli attacchi di Giletti contro il senatore Scarpinato al disastro annunciato di Domenica In fino ai “pacchi” confezionati da Stefano De Martino, l’azienda è affetta da un virus che la intossica più dell’amianto contenuto nel vecchio palazzo di Viale Mazzini. Ed è il virus della “narrazione” politica – o meglio, della contro-narrazione, che contagia l’informazione, l’intrattenimento e perfino lo sport.

Per neutralizzare le esternazioni di Vespa, i partiti d’opposizione potrebbero decidere di boicottare le sue trasmissioni, facendo mancare – per così dire – il numero legale: come fa da un anno a questa parte il centrodestra paralizzando la Commissione di Vigilanza, perché la minoranza si rifiuta di avallare con i due terzi dei voti l’imposizione di Simona Agnes alla presidenza della Rai, in quanto rappresentante emerita di quel partito-azienda che fa capo al concorrente principale della tv pubblica. Uno spettacolo “sconfortante” (Mattarella), a cui dice “Basta” anche il sindacato interno Usigrai. È vero che nel 2014 fu Beppe Grillo in persona a legittimare il “salotto bianco” di Rai 1, mentre i suoi seguaci si rifiutavano a quell’epoca di andare in tv o addirittura di rilasciare interviste. Ma ha ragione oggi l’impavida presidente della Vigilanza, Barbara Floridia (M5S), a dichiararsi “allibita davanti alle parole espresse da Bruno Vespa”, considerando “inaccettabile che un conduttore del servizio pubblico si rivolga con termini volgari e offensivi a chi rischia la vita per denunciare gravi violazioni dei diritti umani”.

I telespettatori hanno già cominciato da tempo ad abbandonare le soporifere trasmissioni by night del Nostro e le sue “sveltine” serali di cinque minuti. Altrettanto potrebbero fare, disertandole a scopo dimostrativo, gli esponenti del centrosinistra: tanto la loro partecipazione può compiacere magari qualche vanità personale, ma non influisce sugli esiti elettorali e può risultare perfino controproducente. Con l’assenza fisica, forse l’opposizione riuscirebbe a manifestare meglio la sua presenza politica, dissociandosi da una tv di Stato ridotta ormai a un servizietto privato.