(Giancarlo Selmi) – L’uomo nella foto, giornalista di Libero, è la rappresentazione umana della speranza. Un sogno americano però tutto italiano. Vedendolo e ascoltandolo, con quell’aria di sufficienza e disprezzo per chiunque dica qualcosa su cui lui non è d’accordo, declamando senza alcuna vergogna cose che vanno dalla stimolazione al vomito alla minchiata lunare, chiunque può pensare: “beh se questo tipo è arrivato lì, lo può fare chiunque e lo posso fare anch’io”.

Dice le stesse cose che chiunque di noi ha letto nei milioni di commenti dei minus habentes che popolano tragicamente la rete. Tanto da fare riflettere sul chi lo ha detto prima, se è lui che imbecca i troll insultanti pro governo, o sono i troll che gli danno ispirazione. Vista la bassezza dei contenuti che diffonde il tipo, l’elementare linguaggio che usa, la povertà del suo vocabolario, tutto condito da una verbosità da arringatore da mercatino rionale, l’aggressività, la postura e l’atteggiamento arrogante e il tono di voce da padrone delle ferriere che non ce l’ha fatta, è più facile che si ispiri ai troll, che il contrario.

Una sorta di attualizzazione della “fenomenologia di Mike Bongiorno”, il mitico articolo di Umberto Eco che motivava il successo del famoso presentatore, con il fatto che comunicasse un suo livello intellettuale più basso di quello dei suoi telespettatori. L’uomo litiga, la sua voce diventa uno sgradevole rumore di sottofondo quando parlano gli altri, e poi con l’aria di chi ha capito tutto, spara sesquipedali minchiate. Che, a volergli bene, si spera siano inconsapevoli. Oggi ha offerto l’ennesimo penoso spettacolo. Insomma, sarebbe interessante sapere come cacchio abbia fatto a diventare giornalista. Potrebbe essere un suggerimento per la carriera di qualunque strillone.