
(Flavia Perina – lastampa.it) – L’unità nazionale non si addice ai tempi, alle destre, alle sinistre, a nessuno, e quando c’è è meglio nasconderla, vai a vedere che qualcuno dica: intelligenza col nemico, tradimento, passo indietro. Così l’oggettivo risultato politico raggiunto dal governo con la risoluzione su Gaza, approvata ieri senza voti contrari (caso più unico che raro su questioni di questo rilievo), è minimizzata a evento collaterale di una furibonda zuffa su tutto il resto: lo sciopero della Cgil, la Flotilla, le manifestazioni, i «teppisti» da rimandare a casa con i manganelli, la Portavoce della Commissione europea Eva Hrncinova, Maurizio Landini «che vuole dare una spallata al governo». E davvero non si capisce come mai un esecutivo che ha chiesto e ottenuto una posizione unitaria sul piano di pace per Gaza, anche se in versione minimal (l’astensione delle opposizioni), preferisca isolarla nel Palazzo come se non gli interessasse raccoglierne i frutti rasserenanti nel Paese.

È un doppio registro tenuto fin dall’inizio di questa vicenda, che ha visto la maggioranza e la stessa premier usare una voce nelle sedi istituzionali e un’altra nei talk show, nei comizi, sui social. All’Onu Giorgia Meloni ha portato il sì al riconoscimento della Palestina, con “caveat” analoghi a quelli di Londra e Parigi, e parole molto simili a quelle pronunciate dai dimostranti in piazza sull’inaccettabile strage di civili e sulla violazione dei diritti umanitari. Il suo ministro della Difesa si è adoperato per proteggere la Flotilla. Il suo ministro degli Esteri ha usato ogni canale diplomatico per garantire l’incolumità ai “flotilleros” e il loro rapido rimpatrio dopo il fermo. In Parlamento è stato lanciato un appello all’opposizione per condividere un testo sul piano di pace americano e gli sherpa di maggioranza hanno lavorato di fino a un documento che risultasse digeribile per tutti. Insomma: si è agito con la consapevolezza che la risposta al dramma umanitario di Gaza, in ogni sua forma, compresa la sfida disobbediente della Flotilla, dovesse essere sottratta all’ordinario gioco delle parti.
E tuttavia nella comunicazione pubblica nessuno di questi dati è stato valorizzato. Anzi, il “noi contro voi” è rimasto lo spartito del dibattito, quasi che si temesse di confondere gli elettori riconoscendo l’esistenza di momenti, argomenti, crisi, dove abbassare i toni e cercare la condivisione è necessario, e ci sta che qualcuno si imbarchi, qualcuno fermi il lavoro, qualcuno manifesti, altri preferiscano restare a casa, e l’importante è evitare che si sfascino vetrine o si alzino le mani. Appunti dal dibattito pubblico di giornata: Giorgia Meloni che parla dello sciopero generale come un espediente per fare il weekend lungo; Matteo Salvini che annuncia multe più salate per chi non rispetta le regole; il leghista Eduardo Ziello che invoca la bastonatura di eventuali dimostranti indisciplinati; Edmondo Cirielli che taccia i “flotilleros” di essere «tutti estremisti e radicali»; Elena Donazzan all’attacco della portavoce per le dichiarazioni troppo gentili verso gli imbarcati (frase incriminata: «Hanno lo stesso obiettivo che abbiamo noi, fornire al più presto aiuti sufficienti a Gaza»). A finire: la revoca dello sciopero da parte della Commissione di garanzia per mancanza di preavviso, il ricorso del sindacato, un potenziale disastro per la gestione dell’ordine pubblico.
«Ci porterà un sacco di voti» è stato detto ieri, da destra, a commento delle code dell’affaire Flotilla che fanno immaginare un weekend di fuoco nelle strade di tutte le grandi città italiane. La frase fa il paio con quelli che da sinistra credevano (e magari credono ancora) la stessa cosa e hanno innalzato la bandiera di Gaza pure sulla campagna per le Marche. Forse la spiegazione del doppio registro è solo quella: il conflitto tra tifoserie come elemento fondante del consenso, al quale non si sa rinunciare neanche davanti a vicende enormi che interrogano la coscienza collettiva. L’unità nazionale non si addice ai tempi perché non porta voti. O meglio: chissà se li porta o no, ma nell’indecisione meglio evitare azzardi e lasciare tutto come sta.
LA STORIA CI DIVORA MA GLI ITALIANI SI ASTENGONO. Viviana Vivarelli
Ad ogni elezione l’astensione aumenta. Ci cadono le braccia. Ci vanno raccontando che un alto numero di astenuti è segno di una civiltà matura e che solo i popoli molto giovani ardono dalla voglia di andare a votare. Balle!!! Un alto numero di astenuti indica solo che il solco tra chi comanda e chi può solo ubbidire si è allargato a dismisura e che al posto di una partecipazione civile, che è indice di democrazia ed evoluzione sociale, abbiamo il disinteresse di chi ormai se ne frega di come vanno le cose e si separa da ogni ambito comune oppure non va a votare perché ha paura di qualcosa o qualcuno che può coartare il suo voto. E c’è poi il voto dei disillusi che ripetono a manetta: “Tanto ormai il voto è inutile e tutto resta come prima”! E davanti a questa sconsolata dichiarazione c’è poco da obiettare, guardando a come è degradato il sistema elettorale, è stata uccisa la rappresentanza, è stata imbavagliata la democrazia, è stato annullato il ruoto del cittadino attivo, con governi che hanno trasformato progressivamente una Repubblica in una oligarchia dominata dei più disonesti, mentre i media e le leggi si muovevano solo col fine di mantenere questi disonesti il più possibile al potere. Comunque sia, l’alto numero di astenuti non sarà mai indice di civiltà ma del declino di un Paese che brucia ogni possibilità di un futuro migliore.
I vili sono più dei coraggiosi
Gli sfiduciati sono più dei fiduciosi
I malati nell’anima sono più dei portatori di fede
Gli indifferenti sono più dei partecipanti
I suicidi sono più dei viventi
Gli uomini veri sono più degli ominicchi
..e su questo olocausto umano giace la nostra follia.
Non sono i despoti a ucciderci
siamo noi da noi stessi con la nostra inerzia a decretare la fine del mondo.
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Ditemi quello che volete, ma io, questa, non riesco a leggerla.
Mi sa sempre di “equilibrismo”… non di equilibrio, proprio di equilibrismo.
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Brava, ma infatti… Più che perina, direi peretta. Di glicerina. Stesso effetto. 😅💩
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senza il copincolla Flavia perina https://it.wikipedia.org/wiki/Flavia_Perina
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Aaaaahhhhh!!!! Ecco cos’è…
Ha l’imprinting del “Secolo d’Italia”… si lava, si lava, ma si sente sempre la puzza…
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Elkan, è lei?
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Illeggibile: sembra mr Bean che fa lo slalom in cristalleria.
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Vecchi tempi quelli dell’UNITA’…. hahahahah.. la stampa :giornale della propaganda garbatelliana…. insiema al corrierino dei poiccoli,libero da tutto,repubblichina,il tempo brutto,il riformatorio,il foglio di m… insomma il meglio dell’indormazione dipendente!
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