Per il centrodestra sarebbe un vantaggio anche nella partita delle riforme

Perché la vittoria nelle Marche è un punto d'onore per Meloni

(Flavia Perina – lastampa.it) – Sarà una verifica al ralenty, per tappe, lunga sei mesi. La linea di partenza sono le elezioni regionali di oggi e domani nelle Marche, il traguardo è il referendum costituzionale sulla giustizia della primavera prossima. In mezzo Calabria, Toscana, Campania, Veneto e Puglia. Dal punto di vista del centrodestra: sei mesi per capire se il campo largo è un potenziale sfidante di successo oppure il solito pastrocchio a sinistra, ma anche se la primogenitura di Fratelli d’Italia resiste inalterata a prescindere dal vannaccismo (Toscana) e dallo zaismo (Veneto).

tuttavia, a guardar bene, l’intera maratona sarà decisa dalla prima tappa perché l’unica regione contendibile risultano le Marche ed è lì che Giorgia Meloni non può permettersi di perdere, anche per motivi interni. Francesco Acquaroli, il governatore uscente che si confronta con il progressista Matteo Ricci, è un fedelissimo della premier fin dai tempi bui della lotta per il 4 per cento. Al contrario di altri generalissimi della maggioranza che hanno costruito feudi inattaccabili – i leghisti al Nord, Forza Italia in Sicilia e Calabria – è sembrato fin dall’inizio della campagna elettorale uno che si poteva battere, e i maligni ci hanno trovato la dimostrazione della fragilità delle proposte della destra.

Se altrove si favoleggiava di terzi mandati indiscutibili e si ostentavano nomi capaci di vincere a man bassa per dieci, quindici, vent’anni, nelle Marche no. E si capisce come per Fratelli d’Italia sia diventata una faccenda d’onore confermare quella posizione e smentire l’antico pregiudizio dei suoi alleati: i vostri nomi non ce la fanno.

Così la campagna è stata rafforzata non solo da un enorme investimento in propaganda, comizi, aperitivi, raduni, ma anche da ripetute dimostrazioni di affetto governativo, ingenti risorse sbloccate, inclusione della regione nella Zona economica speciale del Mezzogiorno e ieri pure 38 milioni del Mit per rifare le strade. Battere Ricci di larga misura, in una prospettiva nazionale, significherebbe minimizzare il risultato pratico del campo largo che Elly Schlein ha testardamente messo insieme.

Scenario immaginato in caso di una vittoria per 4-5 punti: solito psicodramma a sinistra, riformisti del Pd all’attacco sullo sbilanciamento della coalizione, leadership sotto processo per incompetenza. Il successo di Occhiuto in Calabria, la settimana dopo, potrebbe sugellare il caos riformista perché lì il potenziale sconfitto è Pasquale Tridico, indicato dai Cinque Stelle, e chissà i mugugni sull’alleanza che non premia nessuno…

In caso contrario, se vincesse Ricci, saranno problemoni. La maratona potrebbe cominciare male e portare a un 4 a 2 poco glorioso per il centrodestra che renderebbe ansiogena la madre di tutte le battaglie, quel referendum sulla giustizia che nel 2026 offrirà agli italiani l’occasione di un parere complessivo sull’operato del governo, senza quorum e quindi senza rete di protezione. L’immagine vincente che Giorgia Meloni ha saputo dare per tre anni, mai una crisi nei sondaggi, mai una flessione nella popolarità, deve reggere fino a quel momento perché la vittoria referendaria è un indispensabile trampolino verso le elezioni Politiche. Senza quella, il centrodestra non avrebbe nulla in mano per dire: abbiamo avviato le riforme, dateci altri cinque anni per completarle.

Poi, certo, in questa verifica al rallenty ci sono pure i sottotemi. La Lega tendenza Vannacci al debutto in Toscana come andrà? Confermerà le sue sbandierate potenzialità o si rileverà un flop come certi raduni del Mondo al contrario? E in Veneto, il Carroccio della tradizione reggerà la sfida della successione a Luca Zaia o dovrà rassegnarsi al sorpasso di FdI già registrato alle politiche? Il disastro di Gaza avrà effetti sulle scelte elettorali come qualcuno spera e altri temono? Né si può escludere l’opzione dei minimizzatori, quelli convinti che la corvè di questa tornata elettorale sia stata caricata da troppi significati e sarebbe più sensato dire: mavalà, sono solo regionali, sono solo le Marche, che vuoi che cambi?