(di Michele Serra – repubblica.it) – Bisognerà aggiungere anche il giallista americano Scott Turow all’elenco dei “moralisti furbastri” (la definizione è di Giuliano Ferrara, da sempre maestro dell’invettiva) che, inorriditi dall’esecuzione di Charlie Kirk, non considerano vera, né utile per capire l’accaduto, l’attribuzione della violenza ideologica in parti uguali a dem e Maga.

Dice Turow: “l’omicidio di Kirk può essere ricondotto al contesto di estremismo che il presidente Trump e il suo movimento Maga hanno sempre aizzato. È lo stesso contesto di cui godono e gioiscono, dopo aver utilizzato il loro attuale potere per demonizzare e punire coloro che hanno idee diverse dalle loro”. Di peggio, aggiunge: “Il fatto che la vedova di Charlie Kirk abbia predetto e addirittura stia già assaporando la vendetta dei suoi dimostra come non abbia imparato nulla dal dolore suo e dei suoi figli”.

Il mio punto di vista è molto simile a quello (ben più americano del mio) di Turow, e non vedo perché manifestarlo valga l’accusa, piuttosto infamante, di non dolersi abbastanza per un delitto politico al tempo stesso efferato e stupido, come tutti i delitti politici. Penso che il lugubre spirito censorio e l’intolleranza ideologica dell’estremismo woke, per altro criticato da anni e in tutte le salse da scrittori e intellettuali europei e americani, sia un pretesto gonfiato a dismisura dall’odio suprematista (bianco, maschile, “cristiano”) che ha portato Trump alla Casa Bianca. E penso che il vero moralismo, in questo momento, sia il tartufismo di circostanza, che suggerisce di spalmare l’odio politico in parti uguali. Ma almeno negli Stati Uniti no, non è così. Se lo fosse, la recente esecuzione in casa della deputata dem Melissa Hortman e del marito avrebbe sconvolto e acceso l’America quanto quella di Kirk. E così non è stato: o mi sbaglio?