
(Dott. Paolo Caruso) – Il Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Parolìn, alla domanda del giornalista, se ci sono seri rischi per un conflitto mondiale, rispose affermativamente. E come dargli torto? La Russia mostra il vero volto bellicista e il suo progetto espansionista. La Polonia, dopo lo sconfinamento di droni russi ( sempre se accertata la nazionalità ) nel suo spazio aereo , corre ai ripari piazzando sul confine con la Bielorussia quarantamila uomini. La NATO è allertata per un paese membro aggredito. Putin vuole forse la guerra globale? A voler riflettere penso proprio di no. Si sente forse confortato dall’appoggio della Cina che sorniona sta a guardare e che nello stesso tempo non sembra dargli alcun affidamento, di sicuro schierata ma non da paciera. Attendista, incoraggia Putin che ringalluzzisce con minacce in pretese e non teme più le sanzioni europee. Sa come trovare vie alternative per rifornirsi. La Corea del Nord porta allo zar, come benzina sul fuoco, materiale umano, per la guerra. L’Europa sempre più balbettante e pavida nella politica internazionale dimostra ancora una volta di non parlare con voce unanime. Trump, colpevolmente ambiguo con l’Europa, intanto piange il suo pupillo Charlie Kirk, giovanissimo rampante e, come lui, dalle ideologie inveterate. Qualcuno, insofferente dalla sponda opposta, glielo ha fatto fuori. Lo Utah, stato americano il più conservatore che, alle elezioni di Trump, si era votato interamente alla sua causa, promette estrema vendetta contro l’attentatore. “Chi semina vento, raccoglie tempesta”. Questo vale anche per Bibì, l’ineffabile Netanyahu, intransigente fino alla estrema crudeltà. Con la scusa di combattere Hamas e non senza la complicità colpevole degli USA, detesta i Palestinesi da volerne l’annientamento totale. Genocidio? Si rifiuta dall’ammetterlo, ma nei fatti e, per considerazioni anagrafiche, sono bambini (diciotto mila) quelli che finora ha fatto morire, bombardando anche ospedali con mamme e medici in servizio umanitario. Per loro propone col Tycoon la deportazione forzata dalla Striscia di Gaza, destinata, nelle loro intenzioni, a diventare un resort turistico dal nome emblematico “Trump-landia”. Netanyahu non faccia sogni tranquilli, perché un suo ” Conterraneo Illustre”, ucciso dagli Ebrei duemila anni fa, come i Palestinesi di oggi, ebbe a dire: “Chi di spada ferisce, di spada perisce”. Il Qatar, ormai ex-paese amico degli USA, fu bombardato da Israele, e certamente non a insaputa di Trump, che, con l’Europa, continua a mostrarsi “campione di ambiguità”, da sbalordire per la sua inconsistenza umana e politica i più esperti politologi. Il suo tergiversare, alimenta il ridicolo negli avversari degli USA e dell’intero Occidente. A Strasburgo i parlamentari europei si sono scagliati contro la von der Leyen, chiedendone le dimissioni. Accusata di essersi mostrata debole con il Trump dei dazi, sfavorevoli alle nostre aziende esportatrici, soprattutto quelle agroalimentari. Insomma un mondo in subbuglio, un caos fluido. Siamo sull’orlo del baratro?
PAOLO CONSIGLIO
«Mai uno Stato palestinese». Netanyahu e Smotrich annunciano nuovi insediamenti, mentre Gaza muore nel genocidio denunciato da ONU e Corte Internazionale di Giustizia. L’Europa risponde con una risoluzione non vincolante.
«Mai uno Stato palestinese». Non è un lapsus, non è un eccesso di retorica: è la promessa solenne di Benjamin Netanyahu. E mentre la ripete, il suo alleato Bezalel Smotrich annuncia un nuovo insediamento in Cisgiordania. Decine di migliaia di coloni pronti a trasferirsi in una colonia che taglierà in due il territorio palestinese. Un bisturi che lacera e cancella la possibilità stessa di una continuità geografica.
«Mai uno Stato palestinese», ripete, mentre Gaza continua a cadere a pezzi. I palazzi si sbriciolano uno dopo l’altro. Duecentomila persone sono già senza casa, sospinte via dalle macerie. L’Unicef denuncia che i bambini malnutriti sono saliti in poche settimane dall’8% al 13,5%. Numeri che non sono statistiche: sono corpi fragili, ossa sottili che non reggono più la fame.
Lo dice proprio nel giorno in cui l’Europa, con il linguaggio stanco delle sue risoluzioni, si limita a parlare di “valutare il riconoscimento di uno Stato palestinese” e chiede un ritiro “graduale” delle truppe da Gaza. Senza pronunciare la parola che pesa come un macigno: genocidio. Una finta carezza di fronte a un crimine che divora tutto.
La sproporzione è insopportabile: da un lato la catastrofe, dall’altro un’Europa che getta un sassolino nello stagno. Non basta. Non serve. È l’immagine plastica di un mondo che si disfa, incapace di assumersi la responsabilità di fermare l’impunità, l’arroganza, la barbarie.
La questione palestinese è diventata lo specchio più crudele della crisi dell’Occidente. Il funerale della Carta dei diritti umani. La prova che la democrazia europea è più fragile di quanto sembri, pronta a piegarsi al doppio standard.
E sì, fa male. Fa male vedere che mentre i bambini di Gaza muoiono di malnutrizione, l’Europa discute di verbi e avverbi da inserire in una risoluzione non vincolante.
Qualcuno dirà che ci sono altre guerre, altri massacri, altre catastrofi dimenticate. E forse tireranno fuori il Sudan, se si ricordano dove sia. Ma questo discorso, infilato a forza, suona come un rutto stonato sopra il boato delle bombe.
La verità è che oggi, davanti a Netanyahu che proclama «Mai uno Stato palestinese» e a Smotrich che prepara nuove colonie, siamo di fronte non a un conflitto, ma a un collasso morale globale.
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I DRONI DEL RIDICOLO- Viviana Vivarelli
A parte che i droni sul teritori polacco per cui tutti i media europei hanno gridato all’attacco russo erano dei trabiccoli che non avrebbero minacciato nessuno, al massimo misuravano l’umidità, poi, se non li buttava Zelensky li avrebbe buttati la von der Leyen. Di persona.
Nel 1939 i Tedeschi volevano un pretesto per invadere la Polonia, A Gleiwitz, guarda caso sempre sul confine polacco, il 19 agosto la SS trovò 150 uniformi polacche, armi e libretti paga dell’esercito polacco per fingere un attacco contro i Tedeschi e per rendere maggiormente credibile l’accaduto furono prelevati prigionieri dai tratti slavi dai campi di concentramento, i quali, dopo essere stati vestiti con le uniformi polacche, sarebbero stati uccisi e lasciati sul posto, a beneficio dei fotografi e dei cronisti stranieri fatti arrivare sul posto, come prova dell’incursione polacca in territorio tedesco. Ieri questa pagliacciata, oggi i droni. A riprova della scarsa fantasia deu crucchi. La storia si ripete. Lo schifo pure.
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Dalla parte del baratro.
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