
(Di Gianvito Pipitone – ilpensieromediterraneo.it) – Il video di un pestaggio che gira sui social, tra risate e insulti. Un adolescente che si vende in streaming per pochi spicci. Un commento d’odio postato di notte, cancellato al mattino. Un corpo all’asta su un sito di soft porn “fatto in casa”. Un branco che filma la violenza invece di fermarla.
Frammenti di un presente che svende tutto: corpo, dignità, parola, anima. Un’epoca in cui la violenza fisica e quella digitale si alimentano a vicenda, e la popolarità è diventata passe-partout sociale. Anche a costo di distruggere vite.
Come si fa a coltivare il controllo su sé stessi, la serenità, o anche solo il dubbio, se intorno a noi regna il caos e ogni tentativo di autodisciplina viene travolto? Sembra impossibile. Eppure, proprio in questo scenario, le filosofie antiche tornano necessarie. Lo Stoicismo, l’Epicureismo, lo Scetticismo pirroniano non sono rifugi per chi vuole scappare dal mondo, ma strumenti per attraversarlo senza esserne schiacciati.
Oggi l’etica sembra una battaglia persa. La polarizzazione geopolitica si riflette nel quotidiano: nel linguaggio, nei gesti, nei rapporti. Il rispetto per la diversità, un tempo valore condiviso, oggi pare evaporato. Anche per colpa di un’eredità “woke” che, predicata in modo dogmatico e talvolta aggressivo, ha finito per generare l’effetto opposto: liberare la trivialità e la volgarità di istinti repressi.
Forse le persone avevano un irrefrenabile bisogno di urlare, di sputare parole come pietre, di vomitare addosso agli altri la propria frustrazione. Di insultare, provocare, umiliare. Di scrollarsi di dosso ogni pudore, ogni misura. Di esporsi, esibirsi, svuotarsi. Di sentirsi potenti per un attimo, anche solo dietro uno schermo? Chissà.
Quello che sappiamo per certo è che i social hanno amplificato tutto questo, trasformando chiunque in protagonista inconsapevole di un palcoscenico globale. Instagram, Facebook, TikTok: piattaforme dove la fama si conquista al risveglio, senza meriti. Qualcuno la chiama “giustizia orizzontale”. Ma è evidente che qualcosa ci è sfuggito di mano.
La svendita del corpo e dell’intimità è a portata di clic. Intanto, proliferano gli odiatori seriali: creature notturne che vomitano veleno dalle tastiere, per poi indossare al mattino la maschera dell’agnello sacrificale.
Ai miei tempi, lo stadio – anche in estrema provincia – era il luogo deputato allo sfogo, almeno quello vocale. Oggi lo stadio è quasi un oratorio, al confronto di ciò che accade fuori e dentro ad internet. Perché i freni sono saltati. E la dignità, semplicemente, non c’è più.
Eppure, uno spazio diverso esiste. Solo che non lo vediamo. Associazioni, circoli, laboratori, biblioteche, orti urbani: luoghi dove la socialità non è spettacolo, ma incontro. Dove la dignità non è un concetto astratto, ma una pratica quotidiana. Basta saper cercare. Basta volerlo.
Il problema è vivo per chi resiste con la scorza dura, ma è un’impresa quasi impossibile per chi cresce figli in un mondo che ogni giorno sollecita, tenta, mette alla prova. Come dare forma a una visione etica, se tutto ciò che ci circonda sono macerie – fisiche e morali?
Forse la risposta è nella filosofia. Quella che molti considerano ostica, inutile, noiosa, non è un rifugio per chi vuole scappare, ma un porto sicuro per attraversare il mondo senza rimanerne schiacciati. Lo Stoicismo ci insegna che la mente è il nostro fortino e, se lo vogliamo, è inespugnabile. Epicuro che la serenità è affrontare i problemi senza fasciarsi la testa. Pirrone che sospendere il giudizio ci libera dalle narrazioni uniche e dalla malattia del “o con me o contro di me”.
Allenarsi al distacco attivo – osservare ciò che ci irrita senza reagire subito – può fare la differenza. Così come coltivare luoghi e comunità dove il confronto sia reale e la crescita condivisa, giorno dopo giorno. Certo, ci vuole molta umiltà per continuare a imparare… ma con un po’ di impegno tutto è possibile.
Forse, in un’epoca che urla, la vera forza è nel saper tacere. Nel non reagire a ogni provocazione. Nel custodire uno spazio interiore che resti intatto. Non per egoismo, ma per continuare a guardare il mondo — anche nelle sue rovine — senza smettere di essere umani. E di migliorarsi.
Ho sempre guardato con sospetto la massima siciliana “a megghiu parola è chidda ca nun si dici”. Mi sembrava intrisa di spirito malfido, viscido, in una parola mafioso. Eppure, forse è tempo di rivederla. Di accogliere il suggerimento degli antichi. Di fare del silenzio, finalmente, una scelta consapevole.
Ottimo acquisto Infosannio, tenetevelo stretto.Non è il solito che fa il verso a Travaglio, ne che lecca kuli qui e là.
Pipitone mi ha rubato 15 minuti di pausa pranzo ben spesi:persona molto intelligente e colta, ma non un filosofo puro.
Affermare di poter fare del silenzio una scelta consapevole sembra al contempo una dichiarazione di potere e un paradosso ontologico. Nel silenzio infatti, il confine tra l’essere e il nulla si fa labile.
Se il silenzio è inteso come mera assenza di parola, esso non è che una vacuità apparente, una negazione temporanea dell’atto comunicativo. Ma l’essere umano, in quanto ente dotato di coscienza e intenzionalità, non può semplicemente “spegnersi” nel nulla: scegliere il silenzio equivale invero a porre un atto d’essere che si manifesta, un’affermazione della propria presenza nell’assenza.
Qui si innesta il problema metafisico: il silenzio non è mai il nulla, ma una forma di presenza refrattaria al linguaggio. Se diventa scelta, allora si trasforma in un modo di essere, un modo di esistere nel mondo, e pertanto non può essere annullamento dell’essere.
E ancora, sul piano metafisico: è forse possibile scegliere il silenzio senza che questa scelta stessa diventi un atto del Logos? Non vi è dunque una contraddizione intrinseca, poiché la volontà di tacere è già un atto intenzionale, un pensiero che si manifesta.
Se consideriamo il silenzio come un’istanza che trascende la parola, esso si situa al confine tra il finito e l’infinito, tra il manifestarsi e l’indicibile. Ma nel momento stesso in cui viene scelto consapevolmente, perde la sua natura ineffabile per divenire un oggetto dell’esperienza umana, e dunque un elemento del mondo fenomenico.
Il silenzio non è un atto volontario, un’opzione fra le parole, bensì il confine ultimo del linguaggio stesso. Quando scegliamo di tacere, non stiamo “parlando” con il silenzio, ma riconoscendo ciò che è al di là del linguaggio — ciò che il linguaggio non può esprimere.
Tirando le fila,il silenzio non si “fa” come una semplice scelta, ma si riconosce come il limite ultimo dell’esprimibile — e in questo riconoscimento, più che nel silenzio stesso, risiede la vera saggezza.
Un saluto al comunque bravo Pipitone
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“Tirando le fila,il silenzio non si “fa” come una semplice scelta, ma si riconosce come il limite ultimo dell’esprimibile — e in questo riconoscimento, più che nel silenzio stesso, risiede la vera saggezza.”
Proverbio: Parla poco e ascolta assai che giammai tu fallirai.
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Ma infatti: perché scrivere un post di risposta tronfio e lezioso ad un articolo quando potevi tranquillamente startene zitto? Chi avrebbe sentito la mancanza della tua ineffabile risposta fattona e leziosa?
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Effettivamente sono stato un stupido a farmi prendere dalla fregola di commentare un articolo intelligente, con il rischio di incrociare un koglione come te.Non succederà più.Tranquillo.
L’autore dell’articolo,persona intelligente, deve aver apprezzato il mio commento tronfio e lezioso visto ha messo il like.
Infatti Gianvito Pipitone è BarryLyndon75
Gianvito Pipitone è Export manager nel mondo del vino da 20 anni, scrivo per passione dai tempi dell’Università. Ho autoprodotto un romanzo e una raccolta di racconti e sto lavorando su diverse iniziative editoriali. Vivo in Sicilia ma il mio lavoro mi porta(va) spesso e volentieri all’estero. Recentemente ho dato vita ad un Blog https://www.barrylyndon75.it/ in cui affronto una serie di tematiche: mi occupo principalmente di Geopolitica / Politica Estera (ma non solo). Vivo con la mia famiglia (2 bellissimi pupetti: Flavio e Matilde) alle pendici dell’Etna sospeso fra Cielo, Mare e la Muntagna.
https://www.notiziegeopolitiche.net/gianvito-pipitone/
Ogni altro epiteto nei tuoi confronti sarebbe sprecato,bastano quelli di Lionheart70 e Jonny.
Il Karma ti ha già punito costringendoti a sprecare il tempo della tua vita assieme a Pubble Gum,Mazzocco e Lillolilin:io avrei preferito 10 anni di tortura a Guantanamo.Adios
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Su Facebook ho un certo seguito, 5000 cosiddetti amici, più 3700 per il mio gruppo PSICOANALISI JUNGHIANA, richieste di amicizia ogni giorno e complimenti e attestati di simpatia a non finire, ma è bastato che scrivessi: “Il mandato di Conte come capo politico del M5S, secondo lo statuto, è decaduto il 6 di agosto senza che si rifacessero le elezioni” che un centinaio di insulti e minacce esplodessero contro di me come fossi la peggiore delle belve, la più spregevole delle persone, con gente con la bava alla bocca che dichiarava di bloccarmi e altra che mi ingiuriava come fascista e mi augurava la morte. Ho cancella tutto ma mi è rimasta la spiacevole sensazione di vivere in un’Italia che è diventata una pentola a pressione dove malessere, ignoranza, stupidità e rabbia minacciano ad ogni momento di scoppiare. Se questo è il Movimento a cui ho dato l’anima per 16 anni, predicando la democrazia diretta e per cui ho scritto 2200 numeri di un giornale online per 20 pagine a numero, più un numero pressocché infinito di articoli, al punto che Gianroberto Casaleggio voleva conoscermi di persona, penso che forse ho sbagliato qualcosa.
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Con la crescente povertà educativa e culturale che caratterizza l’attuale nostra società cosa possiamo aspettarci?
Quelli come Lei devono perseverare, incuranti, e………….tirèmm innànz
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