Francesco Saccomanno: “È un’ombra che ci insegue ma declina, ogni anno di più, verso l’indifferenza”

(di Antonello Caporale – ilfattoquotidiano.it) – Con in mano la cartolina di Polifemo che dice al mondo: “Saluti dal Ponte dello Stretto!” saliamo sul Reventino, la catena che unisce i due mari della Calabria, lo Jonio e il Tirreno, e guarda al nuovo che verrà. “Col permesso di Polifemo avremmo però bisogno di riavere il trenino per andare a Catanzaro e a Cosenza, capire se la nostra vita dev’essere equiparata a un binario morto oppure siamo ancora degni di essere ascoltati, ricevuti, magari persino compresi. Passano gli anni, facciamo vecchi, spariscono i paesi e con loro la nostra vita fatta di elemosina perenne”, dice Raffaella Perri, sindaca di Decollatura, il paese il cui nome ha un fascino noir, originato dalla decapitazione degli Epiroti a opera dei Mamertini (275 avanti Cristo).
Scigliano-Rogliano C’era una volta il treno
Decollatura è adagiata su un pianoro, come un vassoio in cima alla scala. Per uscire e per entrarvi, per arrivare o per lasciarlo, tocca farsi il segno della croce. Solo curve, sempre curve, dossi, frane. Nulla che aiuti a dare il senso di una realizzazione contemporanea a noi, un’opera che aiuti a rendere possibile la permanenza. “Solo il treno connette le comunità. È un bruco che magari va piano ma non ha interruzioni. È un vettore popolare, economico e anche pulito”, dice la sindaca. “Col treno si andava dal mio paese, che è Scigliano, alla scuola superiore e all’ospedale del paese confinante, cioè Rogliano. Hanno tolto prima il treno, l’ospedale è in ristrutturazione, dunque chiuso, e tra un po’ la scuola, mancando gli alunni, andrà a farsi benedire”, spiega Raffaele Pane, il sindaco. “L’unica fortuna, l’unico piacere sa qual è?”. Qual è? “Hanno rimesso coi fondi del Pnrr le traversine nel tratto che da Scigliano va a Colosimi. Sono solo 11 chilometri ed è solo un decennio che aspettiamo. Però è qualcosa. Tra due anni forse ritornerà il treno”.
Strade, acqua, fogne La regione amputata
La Calabria oggi impegnata a fare grande la gloria dell’Italia, non ha più la testa per le piccole cose: per esempio, come abbiamo visto, le ferrovie regionali. Non che con le strade andiamo meglio, ma qui siamo al punto dell’ingiuria alla intelligenza: come far crescere una regione amputandone mani e piedi. Mancano le strade, ma anche l’acqua e pure le fogne e pure i depuratori. A volte tutte insieme, a volte uno alla volta: c’è la strada ma l’acqua è a singhiozzo, c’è il mare ma è sporco, c’è la montagna ma frana.
Dodici anni fa incontrammo alla stazione di Cosenza Francesco Saccomanno, allora segretario di Rifondazione comunista. Lo rivediamo adesso: “Anno 2013, il treno avanzava da Cosenza per qualche chilometro, si fermava a Rogliano, appena superata la cintura urbana del capoluogo, riprendeva più in avanti, si rifermava tra i rovi. Tutto come allora, nulla è cambiato. La Calabria muore, ingoiata nel mito del Ponte”.
Il Ponte in effetti si ripresenta ogni decennio e sempre con le migliori intenzioni. “È tecnicamente divenuto un mito dell’Antropocene, un’ombra che ci insegue ma declina purtroppo, ogni anno di più, verso l’indifferenza”.
C’era una volta B. La posa della prima pietra
Anno 2025, siamo al testacoda salviniano che ha riaperto il grande fenomeno narrativo: “Avevo 28 anni e iniziavo a fare la cronista quando fu proclamato da Silvio Berlusconi l’anno santo del Ponte, il Giubileo per Villa San Giovanni, la mia città. Era così convinto che spiegava per filo e per segno la magnificenza di questo ponte, i cavi d’acciaio, le grandissime strutture ingegneristiche, l’architettura mondiale in mezzo a una coltre di gambe e di chiome al vento”. Signore, signorine, uomini d’altura, presidenti e governatori di qua e di là. Da Scilla fino a Cariddi un gran bel fracasso. Oggi che Giusy Caminiti – superati i 40 – è stata eletta sindaca di Villa, il Ponte le si è ripresentato prepotente sulla sua testa. “C’è da dire che quando avevo 35 anni fu messa la prima pietra, wow!”. Oggi siamo al replay della prima, della seconda e della terza pietra.
Acrobazie ingegneristiche 155 anni di storia
Matteo Salvini, per fare presto, ha dimenticato ciò che disse nove anni fa (“uno spreco, non serve a niente, prima i calabresi e i siciliani”) preso ciò che era già sul tavolo per chiudere i conti con l’inazione, la stasi, la perturbazione dell’animo, il dubbio amletico. Reggerà la campata unica o i venti la solleveranno in aria? E madre natura terremota o sta buona?
Avesse avuto un po’ più di pazienza il nostro ministro delle Infrastrutture avrebbe trovato un bellissimo progetto del 1870, firmato da Carlo Navone, che illustrava nei dettagli l’acrobazia ingegneristica e indicava la soluzione: un tubo sottomarino tra Scilla e Cariddi, una soluzione ultra meravigliosa, dal costo definito pure nelle virgole: 10 milioni 576.450 lire. Nel 1950 l’ingegner David Steinmann avanzò nella prognosi: bastavano 567 mila metri cubi di cemento, 46 mila tonnellate di cavi, 74 mila tonnellate di acciaio e il più era fatto.
“Il Ponte è un effetto ottico, un’illusione, un modo per parlar d’altro. Siamo al punto ora non di giudicare il merito dell’opera, serve oppure no, ma di indagare su quanto reggerà la finzione di saperla fatta mentre non è nemmeno progettata compiutamente, di vedere come la propaganda scannerà la Calabria, il cui corpo è ammalato mentre i miliardi si accumulano in un altrove inspiegabile: il Ponte che non c’è”, annota Vito Teti, l’antropologo che vive tra le sue pietre, appena sopra Vibo Valentia.
Polifemo e Paperino Prima dei paesi di troppo
In effetti sia Polifemo che nel 1953 un annullo filatelico delle Poste italiane e poi un numero straordinario di Paperino (Io e il Ponte!), diedero per fatta l’opera.
Bandito, anni addietro, un un premio per il miglior progetto e assegnato al modo nostro: al primo posto sei progetti ex aequo, al secondo posto sei progetti ex aequo.
Nel tempo sono corsi i milioni di lire, poi i milioni di euro. Guardando alle briciole 78 mila euro se ne sono già andati per le fotocopie, e, negli anni, attivata e forse inconclusa, una indagine dell’Istituto ornitologico svizzero sulle traiettorie migratorie dei volatili, sulle rotte nord-sud che col Ponte sarebbero saltate.
“Vogliono fare il Ponte, ok. Ma a noi le traversine di cemento per andare col treno da Scigliano fino a Rogliano ce le danno? Perché la Calabria rimane stecchita sotto il Ponte se non difende quello che ha, la sua vita, il suo sistema nervoso”, dice Raffaele Pane, da Scigliano. Uno dei paesi di troppo, che presto sparirà.
"Mi piace"Piace a 1 persona