Sono 3.588 le strutture, dove studiano o lavorano 700 mila italiani, che non hanno l’adeguata documentazione per la sicurezza sismica e idrogeologica

(di Gian Antonio Stella – corriere.it) – «Zero tituli». Eccole qui, per dirla con José Mourinho, le credenziali sulla sicurezza sismica e idrogeologica che offrono 3.588 edifici dove studiano o lavorano 700 mila italiani. Per legge dovrebbero fornire tutti cinque certificazioni: 1) Documento di valutazione dei rischi. 2) Certificato di agibilità. 3) Omologazione della caldaia termica. 4) Certificato di prevenzione incendi. 5) Piano di evacuazione. Ma quasi una su dieci non ci ha mai pensato. Peggio ancora: nove su dieci, denuncia un agghiacciante dossier di Tuttoscuola, non hanno le carte in regola.

Non si tratta di polverosi moduli burocratici: si tratta di sicurezza. Di salute pubblica. Di rischi sulla pelle di bimbi e adolescenti, maestre e professori, bidelli e segretarie. In un Paese che ha il primato assoluto europeo delle frane (636.430) e ha registrato sul solo Appennino, nell’ultimo secolo, 37 terremoti superiori a 5,5 gradi della scala Richter. Un paese ad alto rischio governato troppo spesso in modo spensierato. Basti ricordare che quattro scuole su dieci si trovano in zona a media o elevata sismicità eppure nell’85% dei casi sono state tirate su senza criteri antisismici nonostante i primi ammonimenti di Pirro Ligorio risalgano al 1570. O che una su cinque (il 21,4%) «si trova in zona a rischio idrogeologico».

Sono decenni che chi ha la testa sul collo lo sa. Lo scriveva nel lontano 1977 («L’Italia annega nell’imprevidenza») il nostro Antonio Cederna: «Mentre si fa il bilancio dei danni e si cerca di correre ai ripari, l’ennesima catastrofica alluvione d’autunno suggerisce un’osservazione elementare: lo sfascio dell’Italia ha la sua causa vera nell’impermeabilità dei politici, governanti e amministratori locali ai problemi della difesa del suolo e dell’ambiente, così come il suolo d’Italia è stato reso impermeabile dal dissennato disboscamento, dall’indiscriminata cementificazione e asfaltatura di pianure, litorali, colline, e quindi non è più in grado di assorbire e smaltire le piogge». Per non dire, appunto, delle «inquietudini» sismiche.

Eppure solo trent’anni fa, nel gennaio ‘96, fu varata la legge che imponeva un’anagrafe dell’edilizia scolastica. E altri vent’anni quasi passarono perché questa arrivasse faticosamente a compimento. Rileggiamo in Storia d’Italia e delle catastrofi i ricordi di Erasmo d’Angelis e Mauro Grassi, di Italia Sicura, sulla loro esperienza di «menefreghismo e pressapochismo» mentre cercavano «i fondi stanziati per l’edilizia scolastica»: «Ballava persino il numero degli edifici scolastici presenti sul territorio nazionale. Erano diversi da una fonte istituzionale all’altra. Se l’Istat ne segnalava 49.990, l’indagine della Commissione VII della Camera dei Deputati si fermava a 42.000, il Ministero dell’Istruzione garantiva che fossero un migliaio in meno, la Protezione Civile si fermava a 34.000». L’unica «certezza su cui tutti concordavano era la cifra dell’investimento complessivo che serviva per metterle al sicuro: 13 miliardi di euro». Allora. Ma adesso? Con i vecchi edifici ancor più invecchiati? E con gli investimenti specifici calati dal 2,7% complessivo dei primi anni Duemila all’1,4%? Qual è il quadro generale se il XXIII Rapporto sicurezza, qualità, accessibilità in asili nido, scuole, università in uscita di Cittadinanza Attiva segnala negli ultimi due anni 138 crolli (mai così tanti) di soffitti e calcinacci nelle aule italiane?

«Sono oltre sette milioni gli alunni delle scuole statali di ogni ordine e grado che tra pochi giorni riempiranno di vita i 39.993 (per la prima volta meno di 40 mila) edifici scolastici italiani», scrive Tuttoscuola: «Vi trascorreranno oltre duecento giorni, per un totale in media di mille ore. Con loro (e per loro), sotto lo stesso tetto, un milione tra docenti, dirigenti, personale amministrativo e collaboratori». Otto milioni di persone. Quanto «a rischio»? Boh… Questo è il punto.

Scuola, in Italia nove edifici su dieci non sono in regola con le certificazioni sismiche: la denuncia del dossier di Tuttoscuola
I dati diffusi da Tuttoscuola

Spulciando gli Open Data dell’Anagrafe nazionale edilizia scolastica che analizzano «per la prima volta la situazione a livello di singolo edificio», infatti, Giovanni Vinciguerra e il suo staff hanno accertato che «36.088 edifici scolastici (cioè 9 su 10) sono privi di una o più certificazioni obbligatorie. Insomma, o non sono stati fatti i collaudi (oppure, peggio, non sono stati superati), o non sono stati elaborati i piani che valutano i rischi e stabiliscono le regole d’evacuazione». E ciò a fronte d’una «anzianità media che s’avvicina a sessant’anni» degli immobili che in 1.526 casi «sono stati costruiti prima del 1920» magari per altri usi.

I più «discoli» (per usare un termine che suona scolastico) cioè quelli che se ne sono infischiati di tutti ma proprio tutti i certificati pretesi, sono con lodevoli eccezioni un po’ ovunque ma «per due terzi si concentrano nel Mezzogiorno, dove è situato solo il 38% del totale degli edifici scolastici». Più sorprendente, però, è che spesso l’essere più esposti a a questo o quel pericolo non pare aver spinto i responsabili di quelle strutture, comunali o provinciali a seconda del tipo di scuola, ad avere una consapevolezza di questi rischi, a farsene carico e a dotarsi dei documenti indispensabili. Cosa che ogni cittadino presumibilmente farebbe se solo volesse farsi una polizza d’assicurazione.

«A 23 anni dalla tragedia di San Giuliano di Puglia, a 16 anni dal terremoto de L’Aquila e a 9 da quello di Amatrice, qual è lo stato delle certificazioni antisismiche negli edifici scolastici italiani?», si chiede Tuttoscuola. E risponde: «Il Certificato di collaudo statico (o certificato di idoneità statica, CIS) attesta la sicurezza di un fabbricato dal punto di vista strutturale: è posseduto da poco più della metà degli edifici. Se la media nazionale è del 53%, ci si aspetterebbe che nelle scuole delle zone 1 e 2, più a rischio, la media sia molto superiore. E invece meno della metà possiedono il certificato di collaudo statico».

Pochi dati illuminanti: «Solo il 37,2% degli edifici scolastici dispone del certificato di agibilità» con punte di eccellenza in Val d’Aosta (87,8% di edifici agibili) e di insipienza nelle isole e nel Lazio (12,7%). «Solo il 33,8% delle scuole dispone del certificato di prevenzione incendi». Per non dire del «progetto antisismico» cioè «la carta d’identità strutturale di un edificio costruito in zona sismica» che «serve a dimostrare che la scuola sarà in grado di resistere a un terremoto secondo le normative vigenti: ne dispongono il 12,7% degli edifici scolastici (circa 5 mila su 40 mila) ma in Abruzzo», terra di storici terremoti ad Avezzano o L’Aquila, «solo il 10,8%».

Nel report, chiude la rivista di Vinciguerra, «ci sono alcuni “carotaggi” in zone in cui l’allarme sismico è particolarmente forte con evidenze che fanno rabbrividire». Esempio: nell’area vesuviana, su 130 edifici che ospitano 279 scuole, quelli che hanno la certificazione di collaudo statico sulle condizioni di sicurezza delle strutture portanti sono solo 40. Tutti gli altri, «pari quasi al 70%, ne sono privi». In bocca al lupo…