
(di Giovanni Valentini – ilfattoquotidiano.it) – “La Fiat ha filiali in gran parte del mondo. Il Corriere parla della Russia, della Spagna, dell’Argentina, del Brasile con troppa spregiudicatezza, senza peli sulla lingua. Per noi questo è un problema. In politica interna poi, certi argomenti, certi temi vengono trattati senza sfumature. La questione dell’aborto, del divorzio: noi proprio non potremmo permettere prese di posizione così dirette” (Gianni Agnelli in Il mio filo rosso di Giulia Maria Crespi – Einaudi, 2015)
Cade in una doppia contraddizione, la premier Giorgia Meloni, quando confida in un fuorionda alla Casa Bianca che lei non vuole “mai parlare con la stampa”. Non è la prima volta che si contraddice e con ogni probabilità non sarà neppure l’ultima. Ma questa è particolarmente grave per due motivi. Il primo è che lei stessa risulta iscritta all’Ordine nazionale dei giornalisti dal 16 febbraio 2006, avendo svolto il praticantato presso Il Secolo d’Italia, il quotidiano di partito che fu del Msi, poi di An e ora è di Fratelli & Sorelle d’Italia. E rinnegare di fatto l’appartenenza alla propria categoria non è mai un beau geste. Se oggi si rifiuta di parlare con la stampa, in qualità di presidente del Consiglio, viene meno nello stesso tempo a un dovere istituzionale e a un vincolo di lealtà professionale.
Il secondo motivo per cui Giorgia Meloni cade in contraddizione è ancora più sfrontato. Se il disprezzo manifestato dalla premier si riferisce all’intero sistema dell’informazione, bisogna ricordare innanzitutto che il suo governo controlla – direttamente o indirettamente – quasi tutta la televisione italiana: le tre reti pubbliche della Rai e le tre reti private di Mediaset che, com’è noto, fa capo al partito-azienda di Forza Italia, partner della coalizione di centrodestra.
Se la presidente del Consiglio si riferisce invece alla stampa in senso stretto – cioè ai giornali, per lo più sovvenzionati dal governo – lo schieramento a suo favore è pressoché “totalitario”: dalle tre testate Il Giornale, Il Tempo e Libero che appartengono al gruppo di Antonio Angelucci, “re della sanità privata” e parlamentare assenteista della Lega; fino alla galassia editoriale dell’immobiliarista Francesco Gaetano Caltagirone, leader dei cosiddetti “Caltameloniani”: Il Messaggero di Roma, Il Mattino di Napoli, Il Gazzettino di Venezia, Il Corriere Adriatico e il Nuovo Quotidiano di Puglia. Per completare il quadro, va aggiunto QN Quotidiano Nazionale del gruppo Riffeser che riunisce Il Giorno di Milano, Il Resto del Carlino di Bologna e La Nazione di Firenze.
Al di fuori di queste concentrazioni, restano tre “giornaloni” come Corriere della Sera, Repubblica e La Stampa. Ma il primo quotidiano italiano fa parte del gruppo di Urbano Cairo, un clone berlusconiano, che non si può certamente considerare all’opposizione del governo Meloni. Gli altri due sono pubblicati dal gruppo Gedi, vale a dire l’ex Fiat di John Elkann, il “nipotino americano dell’Avvocato”. E la maggiore industria privata italiana non è mai stata contro nessun governo della Repubblica: tantomeno oggi che il giornale fondato da Eugenio Scalfari è diretto da un professionista fin troppo navigato come Mario Orfeo, già bis-direttore di Caltagirone.
Se la premier non parla con la stampa, dunque, non parla con se stessa. E, soprattutto, non parla con l’opinione pubblica, rischiando così di rinchiudersi nel Palazzo. In questa postura autoreferenziale, autoritaria e plebiscitaria, preferisce rivolgersi al popolo da un virtuale “balcone di piazza Venezia”, senza mediazioni, confronti e contraddittori. Avrà pure il 30% nei sondaggi, ma è solo un terzo di una metà della popolazione. L’altra metà, quella che non va a votare, continuerà a opporsi e forse a disertare le urne.
be’, se è vero quanto riportato, e cioè che la stampa e tv siano in massima parte controllati, più o meno direttamente, dalla Giorgia, allora non è vero che ce l’ha con quelli (pochi secondo l’articolo) che sono di sinistra.
per quanto riguarda le percentuali, invece, l’articolo ripropone la solita sciocchezza statistica: il 30% della metà. È, invece, il 30% del 100% dato che i sondaggi (credibili o meno che uno li voglia ritenere – e tutti lo fanno secondo il proprio comodo) danno un esito sull’intero.
semmai si può dire che in termini reali ha preso il 26% (mi pare) del 64% (votanti effettivi). Ma statisticamente sarebbe rimasto il 26% anche con affluenza maggiore se i termini dell’offerta politica non fossero stati diversi, dato che le votazioni reali sono il campione statistico più grande in assoluto.
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Con qualche approssimazione Fratelli d’ Italia ha preso alle politiche del 2022, compreso il voto all’estero, circa 7,4 mil di voti su circa 50,9 mil di elettori totali, quindi il 14,5 %, cioè non più di 1,45 elettori ogni 10.
Allo stato attuale le numerose elezioni locali e regionali indicherebbero una sostanziale stabilità del CDX nel suo insieme. Chi vincerà e perderà le prossime elezioni politiche al momento sembra dipendere prevalentemente dal sistema elettorale che verrà usato. Più è maggioritario e bipolare più è avvantaggiato il cdx, più è proporzionale con un significativo quorum, più sono avvantaggiati gli altri attori che però al momento non hanno un programma ed un progetto comune da presentare agli elettori.
La causa di fondo, oltre all’assenza di uno stabile election day , è l’alto livello di astensionismo “militante” cioè di quella parte consistente di astensionismo che non ama campi larghi o larghissimi imposti dai sistemi maggioritari e sceglie di astenersi. Non a caso la Germania, la nazione dove il sistema proporzionale con quorum è da tempo presente, è il paese europeo con la più alta partecipazione al voto
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La meloni è un virus letale per il popolo italiano che non ha votato e mai voterà fascista. Costei mente ed inganna il popolo italiano con criminale disinvoltura e comunque una pressante campagna mediatica unita ad una campagna giornalistica da lei selezionata e compiacente fa si che possa continuare a mentire senza alcun contraddittorio . Costei vuole distruggere la Costituzione Italiana nata dopo il ventennio fascista e che mai è stata accettata dai fascisti generazionali che ancora per poco… molto poco… voteranno fascista.
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A conti fatti non gli piace parlare solo con i giornalisti del fatto quotidiano.Glie’ darà fastidio che fanno solo domande serie🤔
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Giorgia Meloni, essendo giornalista sa perfettamente che non esistono giornalisti e giornali che raccontino i fatti in modo obiettivo e cerca di evitare di fare pubblicità a loro favore.
Esaminiamo il sistema televisivo.
Giorgia Meloni non controlla assolutamente La RAI. Prima di trasformare la RAI da teleKabul a telelibera dovranno passare decine di anni, cioè il tempo necessario perché gli agit-prop pidini vadano in pensione. Infatti, da quando Giorgia é al governo ha voce in capitolo solo per la nomina di alcuni componenti del CdA, i quali, a loro volta, hanno voce in capitolo nella scelta proporzionale dei vari direttori. Però i giornalisti e gli altri dipendenti sono quelli di sempre, cioé, quasi tutti compagni ieri e compagni oggi.
Non ha voce in capitolo su Mediaset. E’ vero che in quelle reti televisive i giornalisti non fanno da megafono alle veline sinistre diffuse da teleKabul, ma é altrettanto vero che non attaccano i sinistrati come fanno i telekabulisti con i destri.
Per quanto riguarda il terzo operatore televisivo, per rendersi conto verso chi pende quella televisione pasta seguire per una sola giornata i suoi programmi, non solo quelli informativi.
Infine, la stampa vera e propria: solo gli imbecilli possono credere al racconto che la Meloni controlli quasi tutti i giornaloni e i giornalini.
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Sei patetico. Essere bastiancontrari non comporta di essere contro cose vere.
Giorgia Meloni non controlla assolutamente La RAI.
Nooo, anzi. Chiunque ha visto un TG-1 degli ultimi 3 anni può testimoniarlo ampiamente. 😀 😀 😀
Vogliamo parlare della commissione di vigilanza RAI che non si riunisce da mesi per colpa della maggioranza?
Vogliamo parlare della % di copertura che danno a Gioggia e al governo rispetto all’opposizione?
Ma che ne parliamo a fare.
Con la gente in malafede è bene non fare parola alcuna.
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L’autore dell’articolo si è dimenticato de LaVerità
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I sondaggi riflettono l intero del campione, inclusa la % di persone che dichiarano di non voler esprimere una scelta. Nel sondaggio che dal 26 la portò al 30% questa % era intorno al 45%, se ricordo bene, rendendo il risultato non dissimile da quello delle elezioni.
nelle tabelle riassuntive complete, è un dato riportato nelle note di fondo pagina. Solitamente non è citato nei commenti, al di là del fatto che i sondaggi sono attendibili come chi li commissiona.
Nella stampa amica o finta neutrale aggiungerei testate finanziate dal reddito di giornalanza, il foglio, il riformista, radio radicale, il dubbio, italia Oggi.
E il Sole 24ore e le riviste del gruppo Cairo. Il Manifesto, ben finanziato, l acredine verso Giuseppe Conte non la nasconde.
In sostanza, il controllo è totale, con l aggiunta di tantissime testate on line. Sarebbe più imbarazzante farle, le conferenze stampa, conformismo pure, che fingere di rispondere a domande preparate.
Un recente sondaggio ha attribuito a FdI un dato intorno al 23% delle intenzioni di voto, non do con quale attendibilità. Ma al governo non interessa. L importante è che gli astenuti salgano. Tra la stampa amica vanno quindi considerati i rondoliniani, i tuttiugualologi, guardiani dell inganno al popolo.
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