La verità. Nei giorni scorsi, suor Giovanna della Piccola famiglia dell’Annunziata in Giordania ha ribadito: “Non può mai esserci neutralità davanti a un genocidio”

(di Tomaso Montanari – ilfattoquotidiano.it) – Mi sono chiesto a lungo perché papa Francesco ogni giorno chiamasse Gaza. Certo: per essere lì, per confortare, per condividere la prova, per portare nel modo più visibile la presenza della Chiesa. Ma nel vecchio papa che, in punto di morte, parla ogni giorno con questo enorme campo di sterminio dove è in corso un genocidio – un genocidio perpetrato anche dagli stati occidentali che si dicono cristiani, anche dall’Italia – c’è qualcosa di più. E io credo che fosse questo: Francesco sentiva che Dio è a Gaza.
Non solo nella parrocchia di Gaza: in tutto quel popolo. Mentre l’Occidente ricco e potente attraversa una lunga notte di Dio, mentre Dio sembra non farsi trovare nemmeno nelle nostre chiese, a Gaza con ogni evidenza Dio c’è. Nella passione e morte di Gaza, c’è il Dio dei vivi. Il Dio giusto giudice. Il principe della pace. Le parole di Giovanna, monaca della Piccola famiglia dell’Annunziata del Monastero di Ma’ in, in Giordania, risuonano in questa direzione: “Mi addolora profondamente vedere una Chiesa quasi silente. …Ma non può esserci neutralità davanti a un genocidio. O si è complici, o si sceglie la verità. E oggi, la verità urla dalle macerie di Gaza. Decine di migliaia di morti, bambini mutilati nel corpo e nell’anima, ospedali distrutti, famiglie cancellate. Tutto questo accade nel silenzio – o nella complicità – di molti poteri, anche religiosi. Non basta più dirsi ‘in preghiera’. Non basta condannare ‘la violenza in generale’. Dove siamo noi, mentre un popolo viene annientato? Dove sono le nostre comunità, le nostre diocesi? Dove sono le parole profetiche? Dove sono i gesti concreti? … E ancora vi ripropongo quello che da mesi mi sembra l’unico gesto possibile: radunare un centinaio tra religiose e religiosi, e andare a Roma, davanti al Quirinale, a pregare giorno e notte, a leggere i Salmi e il Vangelo. A chiedere con la forza mite della preghiera che il governo italiano interrompa ogni vendita di armia Israele, che si rompano i legami economici con chi porta avanti un’opera di annientamento. E poi, andiamo anche in piazza San Pietro, con cartelli semplici, diretti, che chiedano al Papa di muoversi: – di andare a Gaza; - di condannare pubblicamente Israele; - di lanciare appelli incessanti perché i Paesi occidentali si mobilitino per fermare il genocidio”. Sono parole che hanno due chiavi di lettura. Quella, urgente, di una mobilitazione piena della Chiesa nel mondo. Una mobilitazione che non c’è. Ma ne hanno anche un’altra, per così dire anagogica. Una chiave che porta in altro lo sguardo. Il senso spirituale di queste parole è: dobbiamo convertirci. Lo sguardo verso Gaza è uno sguardo di conversione. Uno sguardo di metanoia: di capovolgimento totale delle nostre convinzioni profonde, delle nostre priorità, del nostro modo di sentire e vedere. Gaza è il margine, la pietra scartata dal costruttore, la pietra d’inciampo. Cristo è a Gaza.
Scrive Gustavo Gutiérrez in Teologia della liberazione: “Convertirsi è sapere ed esperimentare che, contrariamente alle leggi della fisica, si sta in piedi, secondo l’evangelo, solo quando il nostro baricentro cade fuori di noi”. Ecco, il nostro baricentro non è a Roma: è a Gaza. Ecco perché papa Francesco, guidato dallo Spirito di profezia, chiamava Gaza; voleva andare a Gaza; non essere separato da Gaza.
Trovare Dio ad Auschwitz sembrò impossibile. Eppure, c’era. Fare teologia ad Ayacucho (dove la povertà assoluta è solo morte), pareva impossibile. Eppure, si è fatta. Oggi, una Chiesa che voglia riuscire ad annunciare la speranza a un mondo disperato, deve farlo da Gaza. Il teologo della speranza, il protestante Jürgen Moltmann, ha scritto che “se Paolo chiama la morte ‘l’ultimo nemico’, bisogna d’altra parte proclamare che il Cristo risorto, e con lui la speranza della risurrezione, sono i nemici della morte e di un mondo che vi si adatta. Pace con Dio significa discordia con il mondo, poiché il pungolo del futuro promesso incide inesorabilmente nella carne di ogni incompiuta realtà presente… Questa speranza fa della comunità cristiana un elemento di perenne disturbo nelle comunità umane. Essa fa della comunità la fonte di impulsi sempre rinnovati tendenti a realizzare il diritto, la libertà e l’umanità quaggiù, alla luce del futuro che è stato annunciato e che deve venire”. Non parlare di Gaza, in tempo opportuno e in tempo non opportuno (per usare le parole di Paolo); non essere a Gaza continuamente con il cuore; non desiderare andare a Gaza: questo significa peccare contro la speranza, cioè adattarsi al mondo com’è. Se abbiamo speranza, allora dobbiamo predicare che il Risorto è nemico del genocidio di Gaza: è irriducibile a questo scandalo di una morte violenta inflitta dai potenti sugli inermi, di questa strage di massa, di questo satanico trionfo del male. “Non è tanto il peccato che ci conduce alla perdizione – diceva Giovanni Crisostomo – quanto piuttosto la mancanza di speranza”. Ecco perché Francesco chiamava Gaza, ogni giorno.
Perdincibacco, quanta carne al fuoco il Montanari ci ha messo.
E ha trovato incastri complicati lavorando dove,da letterato e critico d’arte quale è, va a nozze: explicatio terminae più teologica che filosofica.
Ma tenendo in sospeso il giudizio su alcuni accostamenti non banali anzi , mi casca in grossa contraddizione quando “all’anagogia” mi fa seguire “il baricentro fuori di noi” subito dopo il “convertirsi”:erroraccio.
Comunque per fare un articolo del genere e con tali riferimenti deve averci lavorato almeno un paio di giorni pieni. Considerando poi che è fatto a fin di bene,complimenti vivissimi Tomaso.
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Non solo a Gaza regna l’Io di chi uccide e ancor uccide, offende e disprezza, ogni giorno, Dio.
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Chi usa il sarcasmo di fronte all’inferno meriterebbe di viverci, nell’inferno.
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intanto bisognerebbe chiedersi il perché del nostro silenzio e ancor più della nostra partecipazione come occidentali all’orgia satanica a Gaza. Se non si trova una spiegazione è inutile fare invettive tanto giuste e umanitarie quanto inefficaci. Poi, per quanto riguarda il nuovo pontefice, ultimamente ha cacciato fuori un richiamo a una frase di Pio XII che francamente mi ha stupito non tanto per il contenuto ma per l’autore noto per le implicazioni storiche del suo papato rispetto al nazismo e la guerra che tante polemiche ha suscitato nei decenni anche per la sua scomunica ai comunisti (ai nazisti niente). Ora mi sembra difficile che papa Leone estimatore di tale suo predecessore prenderà iniziative energiche nei confronti di Israele e l’occidente ma si limetera’ a pronunciare frasi di circostanza tipo : calma ragazzi, smettetela di litigare altrimenti dio si offende.
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Ci vorrebbero urgentemente degli Angeli che traformino chi viola le leggi morali e religiose, in particolare quella stabilite da Dio nei Comandamenti…..quinto precetto ad esempio…. in tante statue di sale…..
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Per me la questione è abbastanza semplice da risolvere.
Sono due le cose che il papa dovrebbe fare una volta assodato che il Dio degli ebrei è tutt’altro dal Dio dei cattolici. Due mondi diametralmente opposti di cui finalmente prendere atto. D’altronde Pio XII l’aveva intuito quando nel 1944 erano stati scoperti, da aerei americani, i lager nazisti. E l’allora pontefice non ebbe a pronunciare (in pubblico) nessuna condanna a Hitler, limitandosi ad alzare le braccia e guardare il cielo come a dire: NON POSSUMUS!. Convinto com’era, giusto o sbagliato che fosse, che gli ebrei erano stati i giudici che avevano condannato il Cristo (del nuovo testamento o vangeli che dir si voglia) a essere appeso sulla croce.
Per prima cosa il papa dovrebbe dare disposizioni alle tipografie vaticane, e non solo, di stampare d’ora in poi il vecchio testamento nettamente separato da quello nuovo. E ora di finirla di avere un solo volume che li contenga entrambi e creare confusione nei fedeli. Il Dio degli ebrei, tremendo e vendicativo, quello dell’”occhio per occhio e dente per dente” non è contemplato nei vangeli, dove invece fa testo il “porgi l’altra guancia”. In altri termini il Dio cattolico è universale, mentre il dio ebreo è al servizio esclusivo di questo popolo.
La seconda cosa del papa è partire per Gaza City e attraversarla in pellegrinaggio con i suoi stendardi allo scopo di bloccare la carneficina infinita di Netanyahu. Esattamente come fece il suo antico predecessore che portava il suo stesso nome, nel bloccare Attila senza uso di armi.
Ci sarebbe anche una terza cosa che papa Leone (nome omen) potrebbe o dovrebbe fare: ricorrere al lancio della SCOMUNICA al gruppo dirigente israeliano assieme all’invito all’Assemblea dell’Onu – dove fare un discorso urbi et orbi – a prendere la decisione a maggioranza di inviare i caschi blu e porre fine al massacro anche per fame del popolo palestinese. Voto assembleare su cui, è bene ricordarlo, nessuno diritto di veto può valere. Infatti l’ASSEMBLEA E’ SOVRANA! Anche nella sedicente DEMOCRAZIA (di cui ci si vanta) UCCIDENTALE.
Augh, ho detto!
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Non c’è bisogno di essere papa per esprimere parole di biasimo per ciò che accade a Gaza.
Lo facciamo e lo pensiamo tutti ogni giorno.
Solo che noi non siamo un c—o, mentre il papa è qualcosa.
Pertanto da chi è qualcosa ci si aspetta azioni più concrete e magari un tantino più “rischiose”!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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Ps certo che ce ne vuole per dire che nei campi di Sterminio Dio c’era.
Chi c’é stato dentro, stranamente, si è stupito della sua assenza. Ma secondo Montanari c’era. Boh.
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