Trump è uscito con le ossa rotte dal summit costruito con il massimo di dilettantismo personalistico. L’ipotesi che potesse rovesciare il tavolo e far sentire a Putin il peso di una deterrenza vera è tramontata per ora tra le nevi di un ex possedimento zarista

(Giuliano Ferrara – ilfoglio.it) – Se c’è una logica nel vertice in Alaska, mi pare questa. Putin può essere considerato con realismo invece che con moralismo. Le cose non cambiano. Perché nell’una e nell’altra sfera interpretativa è pessimo. Ha detto e messo nero su bianco quel che voleva fare negli anni: ripristinare il potere catastroficamente perduto dell’Unione sovietica, dunque cambiare l’ordine mondiale uscito dalla fine dell’impero come esito della Guerra fredda, obiettivo che entro certi limiti è condiviso dalla Cina politico-mercantile e da molti altri continenti e subcontinenti sui quali la presa del vecchio ordine non funziona più dai tempi di Clinton e poi di Obama (l’ultimo che cercò di metterci una pezza fu Bush Jr. con i neocon). Su questo ha impostato una guerra ultradecennale, sboccata nell’aggressione all’Ucraina e all’Europa, che dura dispiegata da quattro anni, costruendo egemonia interna economia e mito politico in funzione di una chiara vittoria, il suo lascito per così dire.
Essendo il più forte, usa la forza senza complessi, e della forza è anche un servitore devoto. In questa scelta, travestita da operazione speciale denazificazione di Kyiv e sicurezza per la seconda potenza nucleare minacciata dalla Nato, usa Trump con cinismo e astuzia kagebista per ottenere la caduta di Zelensky e il recupero politico alla sua sfera di influenza di un paese che ha cercato di uscire dalla sudditanza granderussa e avvicinarsi all’Europa e all’occidente. Per questo dosa con accuratezza diplomazia e missili e minacce, e ottiene tutto lo spazio, immenso, che Trump è disposto a lasciargli, come si è visto a Anchorage.
Quello di Putin è un narcisismo da professionista, innestato su un moto storico di ribaltamento degli equilibri che ha un suo fondamento politico. Quello del dirimpettaio arancione, uscito con le ossa rotte dal summit costruito con il massimo di dilettantismo personalistico, è il narcisismo risentito e frustrato di un uomo e di un paese sempre più potente e sempre più allo sbando. Giudicarne gli atti e le promesse con realismo è quasi impossibile, psicologia delle masse in rivolta e moralismo sono strumenti più acconci. L’oligarchia russa è un establishment con una sua linea e ragione sufficiente. Il movimento Maga, che ha distrutto l’establishment americano, sia quello repubblicano sia quello democratico, colpendo al cuore cultura politica ed élite, vive di altro che di politica mondiale, è disinteressato alla questione regionale ucraina degli europei, prospera nell’ego autoritario e demagogico di un capo erratico travestito da profeta isolazionista dell’età dell’oro. Questo Putin lo sa bene e per questo ha sferrato a Trump un cazzotto in guanto di velluto. Molti credevano che alla fine un accordo e una linea di compromesso fossero nei fatti, anzi che erano già stati concordati e che sarebbero stati celebrati in Alaska, con il successivo coronamento del sogno grottesco del Nobel per la pace e una relativa stabilizzazione fondata sul compromesso del congelamento sulla linea del fronte del Donbas capace di premiare le follie vanitose della campagna elettorale di Trump, la fine della guerra in 24 ore, e sono stati smentiti platealmente. Putin venne, vide e vinse. La guerra continua, Nato Europa e occidente sono divisi, lui ha ottime possibilità di schiodare Zelensky e l’Ucraina dalle loro pretese di indipendenza e modificare con la forza la carta geografica e politica dell’Europa. L’inevitabilità non è un affare così complicato, la coalizione Biden non ce l’ha fatta, ha tentennato, ha oscillato, ha allungato il brodo, e si è piegata alla fine a un paese tragicamente incafonito e inciprignito. L’ipotesi che Trump, se non altro per la faccia, che per lui è una cosa che conta molto, potesse rovesciare il tavolo e far sentire a Putin il peso di una deterrenza vera è tramontata per ora tra le nevi di un ex possedimento zarista.
Tovarish Ferrara, il re dell’Epiro vinse ad Eraclea e ad Ascoli Satriano, ma con il senno del poi avrebbe dovuto fregarsene di Taranto, o quanto meno agire prima con un controcolopodistato a maidan.
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Quanto mi fanno pena quelli che scrivono Kyiv anziché Kiev, solo per fare del patetico patriottismo filo-ucraino dal salotto di casa
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Ma non lo leggo nemmeno.
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Si è fatto PAGARE dalla CIA. Basta questo per squalificarlo per sempre.
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Tradotto: io, filoamericano leccapiedi, mi brucia molto il didietro per la sconfitta, prima USA e poi degli amici nazi ucraini estimatori di Kant. Quanto mi rode il fegato che l’impero USA è arrivato al capolinea e a me piaceva tanto il sapore dei loro bei piedi. La grammatica si potrebbe migliorare ma non renderebbe!
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Riporto qui la parte iniziale di un editoriale a firma di Marco Travaglio, datato 22 Febbraio 2022 (due giorni prima dell “operazione speciale russa”). In quel caso Ferrara se la prendeva con Assange, un altro nemico della NATO. Fa comodo copiarlo e tenerlo da parte perché va sempre bene a integrazione di ogni cosa scrive il famoso giornalista a “quattro assi”:
“Nel 2003 Giuliano Ferrara, direttore del Foglio berlusconiano, confessò con fierezza che nel 1985-’86 aveva fatto l’“informatore prezzolato della Cia” e si era “lasciato corrompere senza troppi problemi” da un “giovane sveglio e simpaticissimo agente americano” che lo pagava in “dollari avvolti in una busta giallina, fantastica, del peso giusto. E perdere l’innocenza era meraviglioso. Qualche conversazione avveniva al Pincio” e “il passaggio di mano della busta aveva qualcosa di erotico”. L’Ordine dei giornalisti riuscì a non fare nulla e ora ci tocca pure leggere la spia Ferrara che dà lezioni…” (Marco Travaglio)
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Al di là della considerazione che, a priori, può meritare un individuo del genere, è impressionante il totale ribaltamento della realtà che emerge dalla sua analisi. L’orso sovietico che fin dall’ inizio vuole ripristinare il suo antico e malvagio potere (il Putin dei primi duemila che voleva far entrare la Russia nella Nato e ne è stato per anni un importante partner militare e commerciale dev’essere un omonimo), e dall’ altra parte i buoni e democratici paesi nato che portano avanti in modo del tutto disinteressato i propri ideali di pace, con i neocon di Bush jr in testa (!!!!!!).
Dietro una verbosità che nel mondo perverso di oggi passa per fine eloquenza, questo qui ha veramente i bagigi al posto del cervello
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Putin ha usato la forza per difendersi dall’ aggressore di sempre : l’ occidente nelle sue ferie versioni : nel 700 in polacchi, nel 800 i francesi napoleonici , nel 900 i nazisti tedeschi , o oggi tutta la fanfara dei cretini EU guidati dai neo con americani .
Il fine ? Sempre lo stesso scomporre la Russia e depredarla .
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Disse il Proncipe dei Boccaloni.
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Ottimo Ferrara, meno criptico del solito.
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Il fatto che uno scemo del villaggio come te giudichi ottima questa accozzaglia di scemenze messe insieme faticosamente dall’elefantino (a libro paga CIA), la dice lunga su come si sia ridotto il suddetto e sul livello dei suoi estimatori
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Scemo del villaggio lo dici a your sister. OK?
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Ok, preferisci scemo del centro storico? Scemo internazionale?
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Lei è semplicemente un cretino. In questo blog, dopo @nessuno e tutti c’è lei.
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