
(Dott. Paolo Caruso) – Il mare nostrum degli antichi romani ha perso l’ aspetto originario di appartenenza italica e ora è pure diventato una esclusiva proprietà privata per lunghi tratti di costa in mano ai concessionari balneari. Questi con i loro stabilimenti ne delimitano l’ arenile e ne vietano l’ ingresso libero. Estate 2025 da dimenticare sia per i concessionari balneari che lamentano un calo di presenze con picchi anche del 15% – 25%, sia per gli avventori italiani per i quali andare in spiaggia, affittare lettini, ombrelloni e cabine è una abitudine costante delle vacanze al mare, e che oggi si sono trasformate in un notevole esborso di denaro. Aumenti generalizzati anche del 5- 10% che vista la congiuntura che attraversa il Paese, le difficoltà’ degli italiani ad arrivare a fine mese, l’ incertezza lavorativa e l’ inflazione costringono molte famiglie a restare a casa o a ridurre i giorni da trascorrere al mare. Per molti altri si prospettano le spiagge libere sempre più limitate, prive di tutto e spesso in balia dei soliti incivili. Un 2025 con una economia a due velocità: il settore del lusso che tiene bene anche per la richiesta estera e quello abbordabile dal ceto medio che arranca con una certa sofferenza e risulta essere il più penalizzato.I prezzi variano secondo le località e il tipo di offerta a macchia di leopardo, ma si mantengono al di sopra dell’ inflazione. Da nord a sud la situazione è per lo più sovrapponibile con punte che vanno settimanalmente dai 300 euro di Gallipoli ai 240 di Alghero e ai 150 di Lignano e Rimini. Ai costi base si aggiungono spesso extra servizi come la doccia, la cabina, o l’ accesso di una terza persona sotto lo stesso ombrellone, e l’acquisto in loco di bibite e alimenti. Discorso analogo per le isole, in Sicilia si passa dai 45 euro giornalieri di Ustica ai 150 euro nei lidi più esclusivi di Taormina; in Sardegna il conto è salato anche in zone meno rinomate con oltre 100 euro per una giornata. Si aggiungono poi le spese accessorie quali carburante, pedaggi autostradali, parcheggi ecc. I flussi turistici in compenso in questa torrida estate italiana sembrano indirizzarsi con maggiore intensità rispetto allo scorso anno verso i laghi e verso le località montane che offrono prezzi più accessibili. La vacanza italiana è diventata la cartina di tornasole di un Paese in crisi che non rispecchia di sicuro il magico mondo meloniano tanto pubblicizzato dalla stampa di regime. Non bisogna dimenticare che il mare è un bene di tutti e l’ accesso alla battigia deve essere sempre garantito. Il nuovo regalo di Salvini ai balneari è rappresentato invece da spiagge da vip a canoni svenduti e il bene pubblico gestito come un affare privato. Grazie alla Ministra al turismo, la pluri indagata Santanchè, in pieno conflitto d’interesse, si assiste a un incremento dei finanziamenti dei lidi dei Vip e vista l’ esperienza diretta a un consistente aumento delle vendite delle borse griffate taroccate.
se vendono spiagge a prezzi folli hanno l obbligo che non rispettano di lasciare il 40 per cento di spiagge libere che non rispettano e tutto questo è fuori legge ,le spiagge debbono essere libere per il 50 ! Il demanio non è dello stato ma dei cittadini! Se lo devono inculcare in testa, tutti questi “padroni ” di spiagge demaniali da 60 e passa anni per diritto divino ,non sono più accettabili .
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Non ci interessa niente delle spiagge,vogliamo da sapere che fine fa’ la presunta truffa all’ inps della ministra per renderci conto se questo paese è diventato quello di io so’ io e voi non siete un©azzo
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diciamo che spiagge + ministra è un binomio necessario….!!! Che poi siamo ormai in “democratura” è un dato di fatto….perche’ questi residuati nostalgici non governano…ma comandano….!!!! poffarbacco…E tantissimi rimangono a casa a pettinare le bambole anziche’ andare a votare…..!!! poffarbacco…
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Per la presunta truffa all’inps, non è il caso di avere molte speranze. Per i balneari invece vedrai che tireranno fuori dal PNRR qualche soldo per indennizzarli.
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GIULIO CAVALLI
Giorgia Meloni ha scelto di trasformare un dato parziale in una bandiera: «Il turismo cresce, Schlein dice falsità». Lo ha scritto sui social, citando le rilevazioni del Viminale sugli arrivi estivi. Ma nei numeri che agita come trofei c’è un dettaglio che non compare nei post: la crescita è trainata dagli stranieri, mentre gli italiani in vacanza sono sempre meno. Secondo stime di settore, nelle località balneari più popolari il calo di presenze italiane a luglio ha toccato punte del 20–25%, in parte compensate da arrivi dall’estero. È il segno di una spaccatura sociale profonda: le spiagge non sono vuote, ma a svuotarsi è la classe media. Non serve chiederlo all’opposizione: lo riconoscono gli stessi alleati della premier. Matteo Salvini, interpellato sul tema, ha messo da parte la retorica balneare e ammesso l’evidenza: «Il problema non è il lettino o l’ombrellone a Forte dei Marmi, il problema è il mutuo». È una frase che vale più di un bilancio: i salari italiani sono fermi da anni, erosi dall’inflazione, incapaci di reggere il costo della vita. Lo dice anche il presidente di Assobalneari Fabrizio Licordari: «Anche con due stipendi, molte famiglie faticano ad arrivare a fine mese. Le prime spese a saltare sono quelle per le vacanze». Il quadro dei prezzi completa la scena: l’onda lunga dei rincari ha colpito tutto ciò che rende possibile partire. A luglio i voli nazionali sono saliti sensibilmente rispetto all’anno scorso, i traghetti pure; una parte dell’hotellerie ha riempito con sconti last minute stanze rimaste invendute, mentre file di ombrelloni sono rimaste chiuse. Consumatori e operatori lo dicono da settimane: non è una crisi d’immagine, è un problema di portafogli. Dove la domanda domestica arretra e il turnover lo fanno gli stranieri, l’Italia reale resta fuori dall’inquadratura. C’è poi il non detto statistico che la propaganda non spiega: la banca dati “Alloggiati” misura i check-in nelle strutture ricettive, non la capacità di spesa delle famiglie né la composizione sociale di chi viaggia. Una curva che sale può nascondere un Paese che cambia faccia: più turisti esteri ad alta spesa, meno italiani e meno classe media. È la fotografia che scorre sotto i post trionfali: un’Italia-vetrina che non coincide con l’Italia che fa la spesa. Il paradosso è che Meloni reagisce alle accuse di Schlein – «milioni di italiani rinunciano alle vacanze» – come se fosse lesa maestà, accusando chi denuncia la crisi di “screditare la nazione”. Eppure, secondo Istat ed Eurostat, oltre il 31% della popolazione italiana non può permettersi nemmeno una settimana di ferie, la percentuale più alta d’Europa. Sono più di 18 milioni di persone. In parallelo, oltre 5,6 milioni vivono in povertà assoluta, e il numero cresce da tre anni consecutivi. Questa non è propaganda: è il ritratto di un Paese in cui il turismo di lusso convive con famiglie che non riescono a pagare l’affitto o a mettere insieme i pasti. In cui il governo, mentre celebra le cifre aggregate di arrivi e presenze, blocca il salario minimo e non interviene sul caro-bollette, sul caro-affitti, sull’aumento record dei generi alimentari. Dove l’assenza di una politica seria sui salari e sui contratti si traduce in milioni di rinunce: non solo alle ferie, ma alla vita quotidiana. La narrazione ufficiale è quella di un’Italia attrattiva, forte, “orgogliosa di sé”. Quella reale è un Paese dove chi lavora è più povero, dove il turismo è una vetrina per stranieri e un lusso inaccessibile per chi vive qui. Salvini, senza volerlo, ha fatto cadere il sipario: non è il mare il problema, ma la terra sotto i piedi. E lì, tra stipendi fermi e costi insostenibili, l’acqua è già alla gola. Non basteranno arrivi record dall’estero a raddrizzare un modello che esclude i residenti: finché i conti non tornano in cucina, davanti al frigo e all’affitto, ogni esultanza sui lettini resta un manifesto pubblicitario. E mal riuscito. (il mio editoriale per
@LaNotiziaTweet in edicola)
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