(Tommaso Merlo) – O l’incontro in Alaska è la solita pagliacciata alla Trump, oppure l’Occidente ha preso atto della disfatta in Ucraina e sta per arrendersi. Il Cremlino ha fatto sapere di avere ricevuto una proposta americana e talmente valida da accettare i tempi strettissimi dell’incontro e soprattutto da far scomodare Putin in persona. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, evidentemente ci sono concrete possibilità per un accordo di pace. La domanda è quale. I fatti dicono che la Russia sul campo continua ad avanzare e il crollo dell’esercito ucraino è solo questione di tempo. Putin non ha quindi nessun interesse a cessare le ostilità a meno che Zelensky ed i suoi sponsor occidentali si siamo decisi a cedere. Da quello che filtra, gli americani avrebbero garantito a Putin gli oblast conquistati oltre alla Crimea e Kiev fuori dalla Nato, il vero casus belli. I russi otterrebbero quindi i loro due principali obiettivi strategici in cambio della fine delle ostilità, della restituzione di brandelli extra di territorio e di una pacca sulla spalla. Quanto al destino di Zelensky e alla denazificazione, Putin lascerebbe che ci pensino gli ucraini anche se non vuole gironzolano rambo lungo il nuovo confine. Se questi sono i termini dell’accordo, si tratta di una clamorosa capitolazione. Ma ad onore del vero, Trump ha sempre voluto la pace anche se per incapacità e per i falchi neocon che lo circondano, ha piantato finora solo casino riducendosi ad un biden qualunque. Nelle ultime settimane poi, il conflitto sembrava aver preso una brutta piega, con Trump a lanciare i soliti ultimatum a vanvera, dispiegare sottomarini nucleari e minacciare dazi a gogò. Ma forse era la solita tattica di minacciare la controparte prima di un accordo in modo da strappare qualcosina in più. Si vede che tra i palazzinari newyorkesi funziona così ma la geopolitica è un’altra cosa. Putin non ha mosso ciglio e la solita raffica di dazi ha solo compattato i paesi Brics finiti nel mirino. Bello in particolare il dito medio dell’India e il vaffa del vecchio Lula che non ha nessuna intenzione di ridurre il suo Brasile in una colonia americana. Quanto alla Cina rimane pazientemente seduta sulla riva del fiume in attesa che passi il cadavere dell’impero statunitense e cominci la nuova era multipolare. Quello che invece sorprende è che una resa del genere venga accettata da quei fanatici guerrafondai degli europei e dall’ottuso regime di Zelensky. La loro strategia è sempre stata quella di ottenere un cessate il fuoco in modo prendere tempo per riarmarsi e riorganizzare le forze in vista della vittoria finale o più realisticamente di una pace giusta da ottenere con la forza. Parolone al vento mentre Zelensky raccatta pure i vecchi per strada e Kiev è in fiamme. E può darsi che la clamorosa svolta sia dovuta proprio alle drammatiche notizie dal fronte. Non certo sui soldati morti in trincea a cui non frega niente a nessuno, ma evidentemente quei geni militari della Nato si sono convinti che sia meglio salvare il salvabile rimandando la terza guerra mondiale a quando grazie al mega riarmo sulla pelle dei poveri cristi, gli arsenali europei si saranno riempiti con le nuove collezioni di marchingegni di sterminio. Quanto al fronte russo, Putin vuole le stesse cose da anni. Non è riuscito ad ottenerle con le buone e le sta ottenendo con le cattive con pure il bonus dell’annessione di un bel tocco di Ucraina come fascia di sicurezza. Ma contrariamente a come viene dipinto dalla disinformazione mainstream, Putin è fissato con le minacce esistenziali contro Madre Russia, ma non è un guerrafondaio con mire espansionistiche. Che voglia invadere l’Europa non lo ha mai detto né pensato ed è solo una proiezione psicologica della Nato. Putin è una statista vecchio stampo che persegue razionalmente gli interessi del suo paese ed ha ripetuto più volte di voler normalizzare i rapporti con gli Stati Uniti e in futuro non esiterà a riaccedere al mercato europeo. Il problema è che ha di fronte un bamboccione come Trump che vuole prendersi i meriti della pace per sviare l’attenzioni dai disastri domestici e perché l’unica cosa che gli interessa è l’ammirazione altrui e vuole appendere il Nobel per la Pace nella sua cameretta. Mentre i diretti interessati non sono nemmeno invitati, né le penose colonie europee né quel moicano di Zelensky. Non resta che attendere l’incontro in Alaska sperando che non sia la solita pagliacciata alla Trump e che si arrivi finalmente ad una pace che alla fine conviene a tutti.