Il governo israeliano ha realizzato un video propagandistico su YouTube per raccontare al mondo che se a Gaza si muore di fame è perché l’Onu non consegna gli aiuti alle persone. […]

(di Selvaggia Lucarelli – ilfattoquotidiano.it) – Il governo israeliano ha realizzato un video propagandistico su YouTube per raccontare al mondo che se a Gaza si muore di fame è perché l’Onu non consegna gli aiuti alle persone. Secondo lo spot, l’Organizzazione delle Nazioni Unite tiene di proposito fermi i camion – oltre 900 – nei pressi del valico di Kerem Shalom, aspettando che la merce si deteriori e diventi inutilizzabile. Non si capisce se per sciatteria o semplice malvagità.
Nel frattempo, per supplire a questo probabile sadismo dell’Onu, il caritatevole esercito israeliano sta lanciando degli aiuti dal cielo, con i paracadute. Qualche pacco qua e là per 2 milioni di persone. Peccato che la manna dal cielo diventi talvolta “mannaia”.
“Questi lanci si usano solo come risorsa estrema, quando ci sono persone intrappolate, come accaduto per esempio in Sudan durante le alluvioni”, mi spiega appunto un operatore umanitario che si trova a Gaza con l’Onu. “I lanci sono solo propaganda, la verità è che i pacchi possono atterrare lontano dalle persone, possono non aprirsi i paracadute e finire sulle tende, uccidendo la gente, come accaduto ieri. E poi, rispetto ai convogli via terra, in questo modo il volume di aiuti è minimo”.
L’operatore aggiunge: “In tutta la giornata di ieri i lanci hanno scaricato 25/30 tonnellate di aiuti, il quantitativo di un camion. Di un solo camion, rendiamoci conto. Uno spreco di denaro enorme, con morti e feriti, perché poi la gente si accalca, il più forte prende il sacco e un altro si fa male”.
Riguardo invece lo spot di Israele su YouTube, l’operatore italiano ha molto da precisare: “Qui chi potrebbe raccontare cosa succede davvero sono la popolazione di Gaza, l’esercito israeliano e le organizzazioni internazionali. I gazawi non hanno voce, noi operatori dobbiamo concentrarci sull’assistenza ai civili, non riusciamo sempre a correggere l’informazione distorta. Così si crea uno squilibrio narrativo a cui almeno su questo tento di rimediare. Allora, negli ultimi mesi abbiamo incontrato ostacoli enormi nel recuperare i pallet di aiuti da Kerem Shalom, zona sotto controllo di Israele. Per farlo servono autorizzazioni israeliane che spesso vengono negate o concesse con condizioni operative inaccettabili: orari estremi per partire in direzione di Kerem Shalom (tra le quattro e cinque del mattino), obbligo di dormire sul posto in aree non sicure e senza servizi, e divieto di rientro in giornata. In alcuni casi siamo stati costretti a pernottare lì, ma non possiamo assolutamente considerarla un’opzione praticabile: si tratta infatti di una zona attiva di scontri e il rischio per il personale è altissimo. A volte cancellano autorizzazioni per i convogli all’ultimo minuto, o impongono rotte ad alto rischio, aumentando il pericolo di saccheggi”.
Non si capisce poi che interesse avrebbe l’Onu a bloccare gli aiuti. “Esatto. Le organizzazioni umanitarie investono milioni di euro per l’acquisto di beni essenziali in paesi terzi, per il trasporto fino a Kerem Shalom, per lo sdoganamento e la logistica. Tutto questo impegno si blocca nell’ultimo miglio: quello che separa i camion dalla distribuzione ai gazawi. Se non consegniamo gli aiuti, i donatori non rimborsano e non rinnovano il supporto futuro. Senza i fondi, le organizzazioni sono costrette a chiudere la loro presenza sul campo. Quindi non ha alcun senso sostenere che le organizzazioni non vogliano distribuire gli aiuti: sarebbe contrario ai loro interessi operativi, finanziari e reputazionali. Nessuna organizzazione ha interesse a far marcire gli aiuti alla frontiera, tantomeno a compromettere la propria credibilità e il proprio mandato umanitario”.
si era già capito dove andavano a parare con le “loro magnanime concessioni ” al solito nulla con grandi danni collaterali ,sono solo dei bugiardi millantatori .altro non c’è.
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In diretta da Ravenna.
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