La carestia scoppiata a Gaza fa cambiare idea anche all’ex direttore del Foglio, che scrive: “Se occupi un territorio abitato devi nutrire gli esseri umani che lo affollano. Mettere fine a questo scandalo è parte decisiva della autodifesa di Tel Aviv”

(ilfattoquotidiano.it) – A Gaza continua a mietere vittime la carestia scoppiata dopo che l’esercito israeliano ha bloccato l’ingresso degli aiuti alimentari. A essere colpiti sono soprattutto i più piccoli. Nelle ultime 24 ore cinque persone sono morte di fame nella Striscia: tre di queste erano bambini. Una situazione che sembra aver spinto persino Giuliano Ferrara a cambiare opinione sulla guerra portata avanti da Israele. “Di fronte alle testimonianze lancinanti della fame e alla claustrofobica enormità del numero delle vittime non hanno più il senso originario i torti e le ragioni, le analisi politiche cosiddette si volatilizzano e spariscono nella pura emozione, il controllo razionale sui dati è imprigionato nella passione, non ce la si fa quasi più a ragionare, a comporre i fatti con i fantasmi”, scrive l’ex ministro di Silvio Berlusconi sulla prima pagina del Foglio, giornale che ha fondato e diretto fino al 2015. Tra i più agguerriti sostenitori della reazione bellica di Tel Aviv, Ferrara ha invitato più volte l’Occidente a supportare gli israeliani. “Dovremmo aiutarli, armarli più di quanto non facciamo, affiancarli e distruggere quel loro nemico che è anche il nostro nemico”, scriveva nei giorni della guerra all’Iran.
Le immagini dei bambini ridotti ormai a uno scheletro a causa della fame, però, devono aver fatto breccia anche in Ferrara. Che prima mette le mani avanti, ricordando ancora una volta come Israele non avesse “alternativa al rigetto attivo, militante, bellico del nichilismo antisemita evidente nel pogrom che l’ha colpito al cuore il 7 ottobre”. Poi però aggiunge: “Ma fare quel che devi nel combattimento contro un piano diabolico, figlio del jihadismo, della più malvagia disperazione, mascherato da resistenza, può portare alla condizione di paria, a un isolamento della tua posizione nella coscienza del mondo e a una condanna che arriva a rovesciare, invertire il significato dello sterminio degli ebrei d’Europa nell’immagine dello sterminio dei palestinesi di Gaza”. Che intende dire Ferrara? “Combattere uno stato che è una fortezza terrorista, in cui i predoni si rifugiano sottoterra, il paradiso di Hamas, e lasciano nell’inferno di superficie il popolo e gli ostaggi catturati dopo il massacro a sopportare le conseguenze della loro ferocia senza speranza, ha prodotto una maledetta inversione della colpa: uno Stato e un popolo che dal 1948 si battono per sopravvivere diventano ora il centro psicologico di una delegittimazione etica che investe ebrei e gentili, nazione e diaspora, e che ha avuto sbocco nella messa in discussione di questa stessa ansia di sopravvivenza, identificata con l’annientamento e la cacciata di un altro popolo senza scarpe, senza acqua, senza farina”.
Insomma: secondo Ferrara, Israele aveva tutto il diritto di radere al suolo Gaza dopo i fatti del 7 ottobre. Però l’abilità dei leader di Hamas (s’immagina quelli sopravvissuti alle bombe israeliane) avrebbe ribaltato la situazione. “Se occupi un territorio abitato devi nutrire gli esseri umani che lo affollano. Hamas lo ha capito, ha truccato le carte con una tecnica terroristica capace di indurre” Israele “a negare la questione della disumanizzazione finale in una guerra giusta, con gli ostaggi ancora incarcerati, vivi e morti, nelle segrete dei terroristi”. Insomma, Gaza si è ormai trasformata in una trappola: non per i palestinesi, ridotti alla fame e massacrati da quasi due anni, ma per i militari dell’Idf. Va detto che finora l’esercito israeliano non ha dato segnali di volersi tirare fuori da questo tranello. Quindi Ferrara invia il suo suggerimento a Benjamin Netanyahu. “Questa inversione delle parti è una sciagura incommensurabile. Mettere fine a questo scandalo è parte decisiva della autodifesa di Israele, oltre che un dovere di umanità che supera ogni formula ideologica di tipo umanitarista”, scrive ancora l’ex direttore del Foglio. Che poi tenta di motivare ancora una volta il suo cambio di opinione: “Non avremmo mai pensato che le cose si sarebbero disposte in un circuito infernale, come la Riviera di Gaza e una strisciante annessione per fame. Un conto sono le vittime di guerra, il martirologio di ogni giorno amministrato dagli assassini terroristi, un conto è tollerare un universo concentrazionario senza scampo in un territorio di cui sei responsabile. Il cinismo delle diplomazie che riconoscono come stato sovrano il pulviscolo di terrore in cui è caduto il popolo palestinese porta dove nessuna democrazia dovrebbe farsi portare: alla delegittimazione dello stato ebraico attraverso la sua mostrificazione“. Chiaro riferimento al riconoscimento da parte della Francia dello Stato di Palestina. “A questa maledizione – sostiene Ferrara – Israele in guerra ha il dovere di reagire”. Sperando che stavolta la reazione sia diversa da quella cominciata dopo il 7 ottobre.
Perché la guerra di Gaza è diventata una maledizione per Israele. E’ ora di reagire.
Il conflitto è ormai al di là del bene e del male. Subito dopo il 7 ottobre avevamo detto che la solidarietà con Israele assalita era ovvia. Meno ovvio sarebbe stato essere solidali con un paese e una comunità che rispondono al fuoco e cercano la pace e la sicurezza nell’unico modo reso possibile dall’attacco di Hamas. Ma non avremmo mai pensato che le cose si sarebbero disposte in un circuito infernale

(Giuliano Ferrara – ilfoglio.it) – La guerra di Gaza è diventata una maledizione, un conflitto al di là del bene e del male. Di fronte alle testimonianze lancinanti della fame e alla claustrofobica enormità del numero delle vittime non hanno più il senso originario i torti e le ragioni, le analisi politiche cosiddette si volatilizzano e spariscono nella pura emozione, il controllo razionale sui dati è imprigionato nella passione, non ce la si fa quasi più a ragionare, a comporre i fatti con i fantasmi. Israele non aveva alternativa al rigetto attivo, militante, bellico del nichilismo antisemita evidente nel pogrom che l’ha colpito al cuore il 7 ottobre. Ma fare quel che devi nel combattimento contro un piano diabolico, figlio del jihadismo, della più malvagia disperazione, mascherato da resistenza, può portare alla condizione di paria, a un isolamento della tua posizione nella coscienza del mondo e a una condanna che arriva a rovesciare, invertire il significato dello sterminio degli ebrei d’Europa nell’immagine dello sterminio dei palestinesi di Gaza. In Israele e nella diaspora ebraica si levano voci che considerano lo stato degli ebrei, il focolare nazionale ebraico della dichiarazione Balfour, il guardiano di un campo di concentramento. Era questo, e in questo ha vinto la sua battaglia, il programma dichiarato di Sinwar. Combattere uno stato che è una fortezza terrorista, in cui i predoni si rifugiano sottoterra, il paradiso di Hamas, e lasciano nell’inferno di superficie il popolo e gli ostaggi catturati dopo il massacro a sopportare le conseguenze della loro ferocia senza speranza, ha prodotto una maledetta inversione della colpa: uno stato e un popolo che dal 1948 si battono per sopravvivere diventano ora il centro psicologico di una delegittimazione etica che investe ebrei e gentili, nazione e diaspora, e che ha avuto sbocco nella messa in discussione di questa stessa ansia di sopravvivenza, identificata con l’annientamento e la cacciata di un altro popolo senza scarpe, senza acqua, senza farina.
Il gabinetto di guerra e il governo di Israele, la Knesset, il capo dello stato, le istituzioni libere e le voci di stampa e informazione libere, l’esercito dovrebbero discutere di questo materiale maledetto e strisciante, di questo serpente che è diventato il propulsore della guerra umanitaria contro Israele, della sua condanna e del suo confinamento nel male assoluto della malnutrizione, della perdita di controllo di una forza occupante sul territorio e su chi lo abita, vecchi donne e bambini. Quello è il problema, se di problema si può parlare nel mezzo di una tragedia. Se occupi un territorio abitato devi nutrire gli esseri umani che lo affollano. Hamas lo ha capito, ha truccato le carte con una tecnica terroristica capace di indurre Israele, l’esercito occupante che quasi due decenni fa aveva lasciato quelle terre nella speranza di districarsene e aveva avuto in cambio l’incendio delle sinagoghe e il potere del terrore con Hamas, a negare la questione della disumanizzazione finale in una guerra giusta, con gli ostaggi ancora incarcerati, vivi e morti, nelle segrete dei terroristi.
Questa inversione delle parti è una sciagura incommensurabile. Mettere fine a questo scandalo è parte decisiva della autodifesa di Israele, oltre che un dovere di umanità che supera ogni formula ideologica di tipo umanitarista. Subito dopo il 7 ottobre avevamo detto, facile previsione, che la solidarietà con Israele assalita era ovvia. Meno ovvio sarebbe stato essere solidali con un paese e una comunità che rispondono al fuoco e cercano la pace e la sicurezza nell’unico modo reso possibile dall’attacco di Hamas. Ma non avremmo mai pensato che le cose si sarebbero disposte in un circuito infernale, come la Riviera di Gaza e una strisciante annessione per fame. Un conto sono le vittime di guerra, il martirologio di ogni giorno amministrato dagli assassini terroristi, un conto è tollerare un universo concentrazionario senza scampo in un territorio di cui sei responsabile. Il cinismo delle diplomazie che riconoscono come stato sovrano il pulviscolo di terrore in cui è caduto il popolo palestinese porta dove nessuna democrazia dovrebbe farsi portare: alla delegittimazione dello stato ebraico attraverso la sua mostrificazione. A questa maledizione Israele in guerra ha il dovere di reagire.
Giuliano..ma vai a c@g@re…
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è a dieta non vedi come è dimagrito: ora sa cosa vuol dire non mangiare o mangiare poco..solo che tre anni fa ,ma anche prima non gliene fregava un ca22o se i palestinesi morivano di fame o di angherie…lui mangiava,mangiava tanto ad assunere il detto” è un vagone di m3rda!
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Secondo me se fosse a Gaza mangerebbe direttamente i bambini (da bravo ex comunista) per placare la fame.
Oppure andrebbe a pesca:
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hahha…sembra un gommone di salvamento! Humm da bravo comunista? Non direi visto le pieghe che ha preso in seguito… era già un falso ed opportunista… il classico uomo che ha un prezzo…un piatto di lenticchie!
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Avete letto bene l’articolo ? Risultato: drammatiche e insostenibili caxxate. Riesce, con mille distinguo, a giustificare il palese e cinico sterminio. Quanto ai tunnel: che fine ha fatto la terra di scavo? Gli Israeliani che hanno spie e sistemi di controllo dovunque NON se ne sono mai accorti? Quante balle vergognose.
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Ferrara nemmeno si dovrebbe commentare, fa schifo a prescindere .si vede che la Cia continua a mantenerlo ,altro che diete.
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Cambio di idea? O titolista ma dove lo vedi? È solo un consiglio da consapevolezza d’una evidente certezza: “basta bibì col darsi la zappa sui piedi; disprezzo raccogli facendo così, non credi?”. Io penso sia solo questo il senso dell’apparente dissenso.
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Come è smagrito….
Se ha cambiato idea sui Gazawi è per invidia, perchè lui deve sforzarsi a fare la dieta, mentre a quegli altri viene spontaneo.
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Stamattina, appena scorso, l’abominevole scritto dell’ignobile, in preda al disgusto, avevo imbastito un post indignato e talmente feroce che me l’hanno cestinato.
Dopo non ho voluto più saperne di perder tempo con questa cotenna andata a male.
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