(Savino Balzano – lafionda.org) – Il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, interpellato da alcuni cronisti sulla vicenda di Francesca Albanese, ha risposto che la decisione di sanzionarla è stata un’iniziativa unilaterale degli Stati Uniti, che non ha visto in alcun modo il coinvolgimento dell’Italia.

Una precisazione che rivela tutta l’inadeguatezza della nostra politica estera. Non ricordo dichiarazioni simili quando si trattò della detenzione di Cecilia Sala: nessuno si premurò di precisare che l’Iran aveva agito senza il coinvolgimento dell’Italia. Non mi pare che qualcuno abbia mai pensato che il nostro Paese avesse avuto un ruolo nell’arresto di Patrick Zaki o nell’uccisione di Giulio Regeni in Egitto. Mi domando ancora perché il ministro Tajani non si senta in dovere di chiarire il caso di Alberto Tarantini: l’arresto e la detenzione senza accuse formali da parte delle autorità venezuelane sono anch’essi unilaterali o vedono il coinvolgimento di Roma?

Le parole del ministro non possono che essere interpretate come un maldestro e patetico tentativo di sottrarsi a una domanda, senza sapere – o poter – dire qualcosa di serio, di sensato. Perché il silenzio del governo sul caso delle sanzioni inflitte alla nostra connazionale è davvero assordante. Francesca Albanese subisce un attacco diretto da parte degli Stati Uniti per aver fatto il suo lavoro: raccontare ciò che accade, descrivere senza sconti l’immane dolore di una popolazione massacrata. E, forse soprattutto, per aver evidenziato che c’è chi trae profitto da quel genocidio; che forse questo è il vero ostacolo alla sua cessazione.

Detto questo, perché non suona la fisarmonica?

Da anni ci viene ripetuto che il Presidente della Repubblica è l’istituzione più amata dagli italiani, l’unica che davvero funziona. Il suo interventismo sarebbe determinato dalla sola inadeguatezza della politica e quindi esercitato con riluttanza. Una fisarmonica, appunto: che si apre e si chiude a seconda delle necessità, che interviene con la sua generosa melodia solo per colmare un vuoto istituzionale, pronta a restringersi compostamente quando i partiti tornano alla loro autentica vocazione.

Qualcosa non torna. Il meccanismo si è inceppato, è stonato. Perché il Quirinale non spende una sola parola per Francesca Albanese? La Relatrice delle Nazioni Unite ha forse mentito nei suoi rapporti? Ha rappresentato indegnamente l’Italia? In cosa avrebbe mancato, al punto da non meritare neppure una parola pubblica di sostegno? Il silenzio del governo è indegno, tanto più se a guidarlo è una donna che si racconta come patriota: un insulto al tricolore.

Ed è proprio in casi come questo, in cui la politica è del tutto assente, che ci si aspetterebbe il Te Deum del Colle.

Ci ripensino, dunque, quelli che celebrano enfaticamente l’altruismo della Presidenza della Repubblica. Lo facciano, se sono in buona fede. Altrimenti trovino altri argomenti, i furbetti e i paraculi, quelli che cercano di infiocchettare ogni intervento quirinalizio con il “senso dello Stato”, quando invece è chiaro – viste le ipocrite alternanze tra parole e silenzi – che il Quirinale persegue un suo programma politico. Un programma che è per certi versi apolitico (dunque tecnocratico), in quanto non legittimato dal voto popolare. Un disegno oscuro, opaco.

E d’altronde, basterebbe guardare agli ultimi eventi: i commissari europei, in occasione del Collegio del 21 maggio scorso, chiedono a Mattarella di procedere con la ratifica del Mes. Una richiesta clamorosa: il Parlamento italiano, nel dicembre 2023, ha già votato contro. Dopo aver tentato di scavalcare il Parlamento europeo sul riarmo, ora la Commissione cerca di aggirare quello italiano sul Mes e chiede aiuto proprio al Capo dello Stato. Non risulta che il custode della Costituzione – e dunque della centralità del Parlamento – sia saltato dalla sedia.

Nel frattempo, Sergio Mattarella insiste nel voler imporre un preciso corso al Paese: promette sostegno a Kiev – non si sa a che titolo – e dichiara che il Trattato del Quirinale, firmato da Draghi e Macron nel novembre 2021, debba essere attuato prioritariamente. Un trattato che, per alcuni, riduce la sovranità di Roma e la pone in una posizione di subalternità a Parigi. Guarda caso.

La fisarmonica suona eccome: le sue note sono quelle di un Requiem.