(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Sono completamente d’accordo a metà con il nostro ministro dello Sport: la domenica è sacra per tutti, anche per un ministro dello Sport. Capita di avere bisogno di fermarsi e di voler trascorrere un giorno con la famiglia. In un mondo di presenzialisti assatanati, dove non conta l’essere ma l’esserci, l’assenza riveste un valore fondamentale. Anche perché, ha spiegato molto bene Andrea Abodi, lui a Wimbledon non era assente, ma «diversamente presente». Poco importa che il suo corpo non si trovasse a sudare e a sventagliarsi su una seggiola bollente del Centre Court londinese mentre un italiano vinceva il torneo di tennis più famoso del mondo per la prima volta nella storia. Su quelle tribune aleggiava comunque il suo spirito.

Rimango però con un dubbio atroce. In assenza di Olimpiadi e Mondiali di calcio (ai quali peraltro non partecipiamo da una vita) l’unico grande evento sportivo di questa estate italiana era la finale di Wimbledon. Certo, disgraziatamente cadeva di domenica. Però, sapendo di non potervisi recare per sacrosante priorità familiari, il ministro dello Sport non avrebbe dovuto prodigarsi affinché ci fosse qualcuno a rappresentarlo? Un sottosegretario con delega al tappo dei buchi, o almeno un usciere del suo dicastero. Un terribile sospetto mi assale: che monarchi e ministri spagnoli fossero lì perché sicuri della vittoria di Alcaraz. E che quelli italiani non ci fossero per la stessa ragione.