Quando, settimane fa, Ernesto Galli della Loggia presentò l’innovativo progetto di riforma dell’insegnamento della storia nelle scuole secondarie italiane, sentimmo tutti […]

(di Franco Cardini – ilfattoquotidiano.it) – Quando, settimane fa, Ernesto Galli della Loggia presentò l’innovativo progetto di riforma dell’insegnamento della storia nelle scuole secondarie italiane, sentimmo tutti che un’ora luminosa stava battendo sul cielo della cultura europea: una Grande Ora occidentalista e identitaria, garantita da giganti del pensiero quali Giuli e Valditara.

Ma i frutti di questa svolta provvidenziale non si stanno avvertendo solo in Italia, dove ormai le giovani generazioni stanno tornando al culto rigeneratore della deamicisiana Piccola vedetta lombarda. Ancora di meglio accade nel resto d’Europa, dove nel segno della riscoperta identità storica sono scesi in campo addirittura i Dioscuri euroccidentali, il premier britannico Keith Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron (peccato che manchi per il momento ancora il Terzo Grande, il tedesco Merz, troppo impegnato nella riorganizzazione della Wehrmacht).

Frutto della nuova intesa anglobritannica, pronta a rinnovare i fasti delle paci di Parigi del 1919 che ci confezionò lo splendido regalo di un secolo di guerre incessanti, è adesso la geniale pensata dell’esposizione della tappezzeria dei secoli XII detta (impropriamente) “arazzo di Bayeux”, che esce per la prima volta dalla città francosettentrionale che da secoli lo custodisce e che sarà esposto a breve al British Museum. Una gloria storica e artistica della nostra Europa, e chissenefrega se gli specialisti del settore hanno già fatto presente che si tratta di un manufatto fragilissimo: una striscia di 70 metri per 50 centimetri di trama e ordito ricamato di lena, seta, cotone, canapa e filo d’oro e argento.

Una gaffe tecnica quindi, questo generoso progetto espositivo? Magari. Ma non soltanto. Perché l’opera è destinata, secondo chi ha ideato l’iniziativa culturale, a celebrare la secolare amicizia tra i due grandi popoli al di là della Manica.

E qui, è il caso di dirlo, casca l’asino. Anzi, ne cascano parecchi. In quanto l’arazzo di Bayeux celebra splendidamente non già la fratellanza tra i due popoli al di qua e al di là della Manica: bensì racconta in termini storici e artistici e ammirabili la grande battaglia di Hastings del 14 ottobre 1066, allorché i Normanni (d’origine danese, ma ormai definitivamente francesizzata) del duca Guglielmo “il Conquistatore” batterono la lega di Angli, Sassoni e Juti, cancellarono l’incerto regno unitario germano-insulare e lo sostituirono con un altro, feudale e retto da un’aristocrazia francofona, vassalla formale del re di Francia e soprattutto al servizio del papa riformatore Alessandro II.

La secolare inimicizia tra normanni e sassoni che ne seguì (ricordate Ivanhoe e Robin Hood?) sarebbe stata metabolizzata solo nel tardo Quattrocento, dopo la Guerra delle Due Rose. Ma i due impagabili esegeti Starmer e Macron hanno preso una feroce guerra di conquista per un abbraccio fraterno. Un po’ come la nota “esportazione della democrazia” di Bush e di Blair una ventina di anni or sono, alla quale peraltro il francese Chirac si oppose? Chissà. Magari la storia è destinata a ripetersi, con tutte le variabili del caso.

Ora è la volta dei Maestrini dell’Eliseo e di Downing Street.
Ad peiora.