Egemonia non vuol dire, infatti, avere una lista di posti a disposizione e cominciare a riempirli sostituendo gli amichetti degli altri con i propri, all’insegna del fatidico «levati tu che mi ci metto io»

(di Ernesto Galli della Loggia – corriere.it) – Nessuno si aspettava dal governo di destra qualcosa come la messa in cantiere dell’Enciclopedia Italiana. Non solo perché i tempi non sono più quelli, non solo perché lo sconsigliava un’ovvia prudenza, e non solo perché di Giovanni Gentile non mi pare che in giro ce ne siano molti. Ma soprattutto per una ragione: perché anche Giorgia Meloni sa che nei regimi democratici non spetta ai governi di occuparsi troppo e troppo da vicino di cose della cultura così grandi e ideologicamente connotate come quella.
Qualcosa dunque come l’Enciclopedia Italiana no, ma qualcosina forse sì. Che so: un’iniziativa museale nuova e di prestigio, o magari, viste le nostre tradizioni, qualcosa di peso e di generosamente finanziato nel campo della musica o del teatro musicale, o ancora: dar vita, ad esempio, in qualche settore scientifico d’avanguardia a un istituto internazionale di ricerca importante, oppure insieme a un gruppo di Paesi africani immaginare un grande centro studi sul fenomeno migratorio; ancora: costituire ex novo o a partire da quanto già esiste un grande polo bibliotecario specificamente dedicato a un importante settore disciplinare (arte, storia, per dire) o a qualcosa di totalmente nuovo (video e «graphic novel», sempre per dire). Insomma, chi stava al governo poteva, per rilanciare l’immagine culturale del Paese e intestarsi qualcosa d’importante, pensare a qualcuna delle iniziative ora dette. O pensarne mille altre invece di non fare nulla, come ha fatto, pur avendo davanti cinque anni di tempo prevedibilmente raddoppiati in altri cinque.
Perché tra l’altro è così, diciamolo pure, che si costruisce l’egemonia, se proprio bisogna metterla in questi termini. Cioè avendo delle idee, delle buone idee, sapendo poi trovare le persone e i modi giusti per trasformarle in iniziative, in istituzioni, in prodotti, libri, mostre, film. È così che si acquista credito, autorità e influenza nel campo della cultura: credito che alla lunga diviene prestigio, e che nel caso di un partito finisce poi per riverberarsi su di esso e per trasformarsi in un importante capitale politico. Egemonia non vuol dire, infatti, avere una lista di posti a disposizione e cominciare a riempirli sostituendo gli amichetti degli altri con i propri, all’insegna del fatidico «levati tu che mi ci metto io». Tutto comincia sempre dalle idee. Deve cominciare da qui. Specialmente se, come la destra è costretta a fare, si parte in svantaggio e dovendo, diciamo così, rimontare.
E invece, ad oggi, il suo bilancio in questo senso è assai deludente. In quanto maggioranza di governo la destra, ad esempio, è per legge la padrona della Rai, vale a dire, come sempre ci viene ricordato, della più grande industria culturale del Paese. Ebbene, mai come oggi la Rai appare un polveroso deserto di idee, una cosa che con la cultura, tranne alcuni programmi di ultranicchia non ha nulla a che fare. Al suo posto, lotte continue e furibonde per la poltrona di megadirettore galattico, di vice caporedattore aggiunto, fino allo sgabello di cameriere in prova alla mensa di via Asiago.
La Rai — mi perdonerà Aldo Grasso se in qualche modo gli rubo il mestiere — avrebbe potuto essere uno strumento prezioso per insegnare agli italiani a essere meno faziosi quando ragionano di politica facendoli assistere, ad esempio, a dibattiti veri e non a scimmiottature delle vuotaggini parlamentari; avrebbe potuto servire per metterli un po’ al corrente delle molte cose del mondo di cui sono in genere digiunissimi, e dunque anche per far loro sapere che cosa sono davvero lo spettacolo, l’ironia, l’anticonformismo, la cultura, i libri, l’intelligenza. Non si poteva trasmettere a viale Mazzini una direttiva in questo senso invece di obbligarci a vedere ogni sera tristi ragazze rifatte, tristi comici spompati e fiction raccapriccianti? Non si poteva avere un po’ di coraggio, di ambizione?
E così un po’di coraggio e di ambizione è stato costretto a mostrarlo il solo ministro Valditara, imbarcandosi nella perigliosa impresa di dar vita niente di meno che a nuove Indicazioni per la scuola italiana dell’obbligo. Lo ha fatto — come è sempre accaduto, sempre in tutte le circostanze analoghe — con l’aiuto di un certo numero di docenti universitari, tra cui chi scrive, avventurandosi insieme a loro in un territorio che la sinistra di tutte le tinte ha sempre considerato un suo elettivo monopolio politico-culturale. E dunque dovendo affrontare, lui e i docenti suddetti — molti dei quali, sarà bene precisarlo, di opinioni politiche affatto diverse dalle sue — un impressionante fuoco di sbarramento diciamo così a prescindere. A prescindere cioè da ogni considerazione su quello che è diventato oggi, con le vecchie Indicazioni, il reale livello di apprendimento degli studenti; a prescindere da ogni verosimile capacità di comprensione e assimilazione delle conoscenze da parte di ragazzini di 11-12 anni o giù di lì; a prescindere da ogni ragionevole possibilità che la scuola diventi una dispensatrice di rimedi per qualunque male o problema della società. E invece, siccome il ministro è di destra allora è ovvio che «si vogliono mettere le mani sulla scuola», si vuole «cancellare la scuola democratica», si cerca di educare i giovani italiani al «nazionalismo», e così via fantasticando e delegittimando.
Come si vede muoversi nel campo della cultura non è facile. Ma qualcosa si può fare: basta mettere da parte qualunque progetto egemonico, non far caso né alle poltrone né agli strapuntini e cercare di avere invece qualche idea. Che ci vuole?
tutto questo bla bla bla per cosa?
a parte l’enorme ipocrisia del soggeto che si auto-incensa e loda il suo datore di lavoro,
sta cercando di candidarsi a qualcosa?
eppoi oltre a sminuire i critici: ke caxxo ha fatto?
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Eppure l’articolo era partito bene, poi a metà strada Ernesto si è ricordato che anche lui “tiene famiglia ” ed è subito deragliato senza più riprendersi. Peccato, una voce critica da destra in mezzo a tanti signorsi non guasterebbe affatto.
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A vederti pure a un celodurista della lega verrebbe moscio, altro che scatto!!
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