
(Tommaso Merlo) – L’Italia non è un paese, è una ridicola colonia americana. Nonostante siamo indebitati fino al collo, nonostante lo stato sociale è allo sfascio, nonostante una crisi sociale permanente con metà della popolazione sparita dai radar ed intere generazioni che scappano, nonostante siamo talmente irrilevanti e senza spina dorsale da non avere nessun nemico, il governo ubbidisce al duo Trump-Rutte ed alza le spese militari a livelli allucinanti. Come se un genitore in bolletta invece di mantenere i suoi figli e la casa, comprasse armi in vista di una guerra immaginaria col vicino. Uno storico furto di futuro. Un insulto al buonsenso. Invece di investire nella rinascita di un paese in perenne e ormai pericoloso declino, decine di miliardi di soldi dei cittadini verranno buttati via per produrre strumenti di morte utili ad ammazzare altri cittadini chissà dove e chissà perché. Soldi pubblici usati per distruggere invece che costruire. Usati per generare dolore invece che benessere. Usati per ripetere deleterie ricette invece che tentare nuove strade. E con l’abitudinario servilismo coloniale come unica vera motivazione, coi burattini politici che si inginocchiano per l’ennesima volta ai deliri della lobby della morte travestita da Nato e che spadroneggia da Washington fino a Bruselles. Una lobby che insanguina il mondo a vanvera da decenni e negli ultimi ha arricchito la sua collezione col genocidio del secolo e il disastro ucraino. Il tutto con un livello di ipocrisia e doppiopesismo tragicomici. Ormai il diritto internazionale è una barzelletta, lo usano solo quando gli conviene e per fare propaganda. E scatenano guerre senza nemmeno uno straccio di dibattito pubblico, come se fossero affari loro e non le pagassero invece i cittadini anche con la pelle. In Ucraina la lobby della morte ha sfruttato un classico, la russofobia reduce della guerra fredda ed ha convinto i burattini politici e svuotare magazzini e casse per l’ennesima mattanza per procura questa volta sull’uscio di casa. E non contro qualche barbuto col turbante, ma contro Putin che fino a ieri passava le vacanze sulle nostre coste a mangiare spaghetti allo scoglio e veniva osannato da molti partiti. Hanno tentato di piazzargli di soppiatto dei missili sotto al balcone e quando ha reagito, gli hanno dato la colpa. Asilo nido. Ma se la lobby della morte chiama, i burattini politici e anche giornalistici rispondono e soprattutto quelli delle colonie voltagabbana come la nostra. Erano sicuri di stravincere ed invece la Nato ha collezionato l’ennesima figuraccia epocale, ma come da tradizione ha fatto spallucce ed ha convinto i burattini politici a rilanciare con un immenso riarmo continentale per coronare il sogno di arrivare fino a Mosca anche a costo di rischiare la terza guerra mondiale nucleare. Dei politici seri li avrebbero mandati a quel paese e si sarebbero schierati dalla parte dei loro cittadini rifiutandosi di buttare via un solo euro. Dei politici seri si sarebbero messi a fare il loro lavoro e cioè diplomazia e non meschina propaganda e servilismo lobbistico. Sarebbero tornati a trattare con Putin per il bene supremo della pace ma anche perché nostro interesse strategico. Dei politici seri avrebbero detto basta a guerre che convengono solo ai produttori di armi e agli sciacalli finanziari. Potentati senza volto ed anima la cui unica ideologia è il profitto e per cui la guerra non è altro che un affare intramontabile e redditizio. Dopo decenni di disastri, dei politici seri rimetterebbero in discussione non solo la Nato ma anche l’egemonica leadership americana dato che non hanno più senso nel nuovo panorama internazionale. Ed invece l’Italia è una ridicola colonia americana che si appresta a compiere uno storico furto di futuro ai suoi cittadini già provati da un grave e perenne declino. Con immense risorse pubbliche che invece di essere investite per costruire un paese migliore, verranno sprecate nell’autodistruzione planetaria. A conferma di come la lobby della morte abbia ormai un potere abnorme che supera quello di stati sempre più in balia di burattini accuratamente selezionati e identici tra loro. La lobby della morte si crede inarrestabile ma con la complicità nel genocidio e la disfatta ucraina e l’assurdo riarmo, potrebbe aver superato il limite di sopportazione generando un progressivo risveglio popolare foss’anche solo per non mandare i propri figli e nipoti a morire ammazzati per niente. Popoli che riprendendo le redini della democrazia e con essa la via del buon senso e della pace.
Caro Merlo se pensiamo che il Congresso Americano è obbligato a presentare la “dichiarazione di guerra” verso i paesi a cui esporta la democrazia, è tutto detto!
Ma quando mai hanno dichiarato guerra in Afganistan,in Irak,in Ucraina,in Cossovo,in Palestina,in Libanoi ecc… quando mai!
E noi scimmiottiamo quella democrazia e condanniamo quella degli altri stati orientali: barbari ed incivili!
Che vergogna,obbligati a tacere per salvare il parmigiano e il prosecco e acquistare le armi USA!
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Parmigiano e prosecco non hanno bisogno di essere “salvati”, comunque i prodotti italiani sono di nicchia.
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FRANCESCA ALBANESE
Giurista e docente italiana, specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati.
Forte oppositrice dell’occupazione israeliana della Palestina, Albanese ha raccomandato nel suo primo rapporto che gli stati membri delle Nazioni Unite sviluppino “un piano per porre fine all’occupazione coloniale israeliana e al regime di apartheid”. Albanese ha criticato l’inazione sul problema, descrivendo gli Stati Uniti come “soggiogati dalla lobby israeliana” e l’Europa dal “senso di colpa per l’Olocausto”, con il risultato che entrambi “condannano gli oppressi” nel conflitto.
Durante la guerra tra Israele e Hamas del 2023, Albanese ha chiesto un cessate il fuoco immediato, avvertendo che “i palestinesi corrono il grave pericolo di una pulizia etnica di massa”. Ha inoltre affermato che la comunità internazionale deve “prevenire e proteggere le popolazioni dai crimini atroci” e che “anche la responsabilità per i crimini internazionali commessi dalle forze di occupazione israeliane e da Hamas deve essere immediatamente perseguita”. Il 26 marzo 2024, dopo aver pubblicato un rapporto dal titolo “Anatomia di un genocidio”, Albanese ha riferito al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che sulle azioni di Israele a Gaza c’erano “fondati motivi” per parlare di genocidio.
Per la sua posizione è fortemente invisa al Governo Meloni che vuole destituirla.
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CAPITALISMO COLONIALE
1 – «Lo dico sempre: se la Palestina fosse una scena del crimine avrebbe addosso le impronte digitali di tutti noi. I beni che compriamo, le banche a cui affidiamo i nostri risparmi, le università a cui paghiamo le tasse».
Nel nuovo rapporto presentato oggi all’Onu, Francesca Albanese accusa apertamente: «Il genocidio a Gaza non si fermerà, perché è redditizio». La giurista italiana, attaccata più volte per la sua fermezza nell’attribuire a Israele responsabilità e crimini gravissimi, va ancora più a fondo e spiega in forma documentata che il massacro in corso non è solo l’effetto della violenza coloniale, ma anche di interessi economici radicati e strutturati.
Il documento, che segue il precedente rapporto del marzo 2024 (“Anatomia di un genocidio”), collega la distruzione sistematica della Striscia di Gaza al ruolo di aziende, banche, fondi di investimento, università e industrie belliche che traggono beneficio diretto o indiretto dalla repressione israeliana.
«Dietro il genocidio esiste una rete di complicità che alimenta la violenza: chi fornisce armi, tecnologia, cemento, fondi, chi firma contratti, chi investe in start-up legate alla sicurezza, chi offre legittimità accademica o diplomatica. È una catena di profitto globale che attraversa Stati Uniti, Europa e Israele».
Il rapporto parla di “capitalismo coloniale”: un sistema nel quale la distruzione e lo spossessamento del popolo palestinese diventano occasioni per sperimentare tecnologie militari e di sorveglianza, testare armi su popolazioni civili, consolidare l’industria bellica israeliana – la stessa che poi esporta nel mondo intero, pubblicizzando i propri prodotti come “combat-tested”, testati in battaglia.
Albanese denuncia anche l’omertà dei grandi media e il silenzio colpevole dei governi occidentali, che non solo rifiutano di riconoscere il genocidio in atto, ma continuano a fornire appoggio militare, economico e politico allo Stato israeliano e nulla hanno fatto per bloccare le forniture d’armi, né per sospendere gli accordi commerciali con Tel Aviv :
«I Paesi che finanziano e armano Israele mentre questo commette crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, violano il diritto internazionale e hanno l’obbligo giuridico di fermarsi e intervenire».
Tra le aziende citate nel rapporto figurano multinazionali del settore bellico, colossi della tecnologia legati alla sorveglianza, società di costruzione che operano nei Territori occupati, e persino istituti accademici coinvolti in programmi congiunti di ricerca militare.
2 – “Ho cominciato a pensare a questo report nel 2023, dopo aver letto di quante aziende partecipassero all’occupazione, alla sottrazione indebita di risorse naturali e al circuito bancario di supporto alle colonie. Ma non è solo questo: esiste un sottosuolo di attività economiche che supporta non solo le colonie, ma il sistema militare e tecnologico israeliano. Le ricerche hanno condotto a individuare la compartecipazione del settore privato, una serie di imprese che continuano a trarre profitto. Mentre l’economia israeliana sembra entrare in crisi, la Borsa valori di Tel Aviv registra decine di miliardi di dollari di crescita. Mettendo insieme i pezzi mi sono resa conto dell’esistenza di un’economia dell’occupazione che si è trasformata in economia del genocidio (…)
Senza le imprese che trasferiscono armi, Israele non può tenere sotto scacco i palestinesi e non può continuare a trarre profitto dal perfezionamento e la vendita di armi. Lo sviluppo di armamenti e tecnologie si fermerebbe senza la cooperazione e la legittimità che arriva dalle università e dai centri ricerche, come il nostro Cnr che ha una serie di partnership con l’industria dell’agrobusiness, ad esempio. Non funzionerebbe senza i fondi europei elargiti alle compagnie israeliane. (…)
Storicamente le compagnie private hanno cercato di schivare gli obblighi legali diventando molto influenti nella definizione degli obblighi e delle responsabilità. Pensiamo a quanto siano influenti le lobby delle armi nel dare vita a leggi e regolamenti. Allo stesso tempo però esistono dei principi che impongono una due dilingence. In questo caso ci sono dei procedimenti contro Israele aperti dalla Corte internazionale di Giustizia e dalla Corte penale internazionale. Seppure non si sia ancora arrivati a giudizio, le due corti hanno avvisato della presunzione di rischio che impone di non sostenere lo Stato sotto indagine. Se quest’obbligo è in capo agli Stati, dovrebbe valere anche per le imprese le cui azioni danneggiano direttamente dei diritti umani. Certe aziende partecipano alla commissione di crimini: la compagnia di cemento che estrae risorse naturali nelle miniere dei Territori palestinesi occupati, le compagnie che vendono armi che uccidono, quelle che forniscono bulldozer usati per le demolizioni nei Territori occupati…Non c’è semplicemente un legame ma complicità nella commissione di crimini volti a violare il diritto all’autodeterminazione, a cristallizzare l’annessione e a sostenere l’occupazione permanente”.
Insomma la complicità del settore privato permette il mantenimento del progetto coloniale di insediamento e di conseguenza del regime di apartheid. Questo avviene perché quel sistema di oppressione è conveniente e crea profitto.
Francesca Albanese spiega come si potrebbe rendere sconveniente questo sistema:
“Il metodo più immediato e giusto è perseguire l’ingiustizia. Compagnie come l’israeliana Elbit o l’italiana Leonardo vanno portate in tribunale, anche per poter riconoscere riparazioni alle vittime. Il secondo metodo è la responsabilità imposta dalle opinioni pubbliche. Compagnie come Airbnb e Booking possono essere soggetto al boicottaggio. Lo stesso vale per Volvo i cui mezzi sono usati per demolire case e rimuovere corpi palestinesi dalle macerie di Gaza o per trasferire i prigionieri politici palestinesi. Dobbiamo tornare a un sistema di legalità. Il mio è innanzitutto un richiamo alla legalità che si fonda su un punto: basta con l’artificio mentale per cui c’è un Israele buono dentro i confini dello Stato e un Israele cattivo nei Territori occupati. La colonizzazione è un’impresa dello Stato, l’apartheid è un crimine dello Stato, il genocidio è un crimine dello Stato. Non basta più disinvestire solo dalle colonie”
La relatrice speciale conclude il rapporto con un appello: “I genocidi del passato sono stati riconosciuti troppo tardi. Questa volta possiamo e dobbiamo intervenire prima. La giustizia non può aspettare la fine del massacro”.
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Che dire, mi sembra un’analisi eccellente.
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alla Leonardo sono coinvolti troppi politici! Ladri e assassini!
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