Dazi: Bloomberg, Ue verso ok 10% Usa con riduzioni settoriali

(AGI) – L’Unione europea sarebbe pronta ad accettare dazi universali del 10% da parte degli Stati Uniti, ma vuole ottenere da Washington la riduzione delle tariffe in alcuni settori chiave.
Lo riporta Bloomberg, citando fonti informate sulla questione. Secondo Bloomberg, nel mirino dei negoziatori Ue ci sono settori come la farmaceutica, gli alcolici, i semiconduttori e gli aeromobili commerciali. I negoziatori europei starebbero inoltre spingendo per ottenere quote ed esenzioni per ridurre di fatto la tariffa del 25% di Washington su automobili e componenti auto, nonche’ la tariffa del 50% su acciaio e alluminio.
Secondo le fonti, un accordo cosi’ strutturato sarebbe leggermente favorevole agli Stati Uniti, ma comunque accettabile per la Commissione europea.
I funzionari hanno inoltre delineato quattro scenari possibili prima della scadenza della prossima settimana: un accordo con un livello di asimmetria accettabile; un’offerta squilibrata dagli Usa che l’Ue non potrebbe accettare; la proroga della scadenza per continuare i negoziati; infine, l’abbandono dei colloqui da parte di Trump e l’aumento dei dazi, che porterebbe l’Ue a rispondere con tutte le opzioni a propria disposizione.
Donald Trump e la democrazia americana non sono in crisi per il narcisismo di cui Trump è affetto ma per il disprezzo per ogni regola di diritto tipici delle destre e dei dittatori del nuovo millennio. In questo periodo storico così drammatico, abbiamo una spaventosa carenza di personalità politiche all’altezza. Dai grandi del dopoguerra siamo passati a dei nani e quindi ad un vuoto politico tale da permettere alle lobby di spadroneggiare, a partire da quella della guerra. E viene il dubbio che non sia un caso se la politica ma anche l’informazione siano precipitate così in basso, come se questo vuoto servisse per avere mano libera su tutti noi.
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No, le cose non stanno in questi termini.
L’Europa non ha deciso di arrendersi a Trump; e se anche dovesse farlo e’ del tutto legittimo chiedersi per quanto tempo lo farebbe.
Innanzi tutto il discorso dazi con Trump e’ in fase di negoziazione, ancora non ci sono dati certi; parlari di dazi al 10% significa un parlare del nulla.
Andewbbero visti almeno per settori cosi’ da poterne comprendere l’efficacia.
Al momento sul tavolo ci sono tariffe del 25% per le auto e del 50% per acciaio e alluminio, come riporta l’articolo e per fare un esempio.
Il 25% e’ diverso dal 10% per di piu’ applicato ad un settore in grave crisi.
Vedremo cosa verra’ fuori il 9 luglio e anche quel risultato sarebbe da prendere con le pinze e da non considerarsi definitivo vista la condizione cerebrale dell’inquilino della casa bianca.
Quanto all’europa cui certamente si puo dare la colpa della lentezza decisionale, va ricordato tuttavia che lentezza ed inattivita’ sono due cose distinte.
E’ notizia recente che in occasione della visita del presidente neozelandese a Bruxelles, VdL ha fatto sapere che sono in corso trattative con il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (Cptpp).
Il Cptpp e’ l’erede della Trans-Pacific Partnership, che contava tra i firmatari anche gli Usa di Bush jr. prima e Obama poi.
Si trattava di un accordo di libero scambio, in chiave anti cinese e quindi del tutto vantaggioso per Washington. Nel 2017 però, all’inizio del suo primo mandato, Trump lo abbandono’.
Il Cptpp annovera tra i nsuoi membri Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Perù, Singapore, Vietnam.
Arrivare a delle conclusioni con Trump tra i piedi equivale ad una dichiarazione medica del reparto psichiatria: follia.
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Nel frattempo Trump ha attaccato Musk dicendo che 1- le auto elettriche non sono mai state obbligatorie nel suo programma, vanno bene ma nessuno deve essere obbligato a comprarle 2- Musk senza sostegni economici dagli USA sarebbe costretto a chiudere baracca e tornare in Sud Africa. E’ l’uomo più sovvenzionato della Storia e ci vorrebbe anche lì un DOGE per vedere cosa si può risparmiare, sicuramente molti soldi a non finanziare più le sue aziende.
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Musk ha dato un fottìo di soldi alla campagna elettorale di Trump. E se li ha dati c’è un motivo
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