
(di Milena Gabanelli e Simona Ravizza – corriere.it) – Con i contributi del mio lavoro oggi, pago chi sta prendendo la pensione; e domani ci dovrà essere qualcuno che lo farà per me. Ma i lavoratori, a cominciare dai più giovani, si chiedono: «Siamo sicuri che prenderemo la pensione?». Per rispondere, guardiamo cosa dicono le proiezioni della Ragioneria dello Stato per la Generazione Z, i nati tra il 1997 e il 2012.
I numeri da conoscere
Nel 2070, quando i nostri figli e nipoti andranno in pensione, la speranza di vita salirà a 85,8 anni per gli uomini e 89,2 per le donne: circa 4 anni in più rispetto al 2025. Ma la natalità continua a calare: il tasso di fecondità è sceso da 1,44 figli per donna nel 2010 a 1,24 nel 2020, e la ripresa, ammesso che davvero ci sia, sarà lenta.
Sta di fatto che la popolazione italiana passerà da 58,9 milioni a 48,3 milioni (flussi migratori inclusi). Dove perderemo questi 10,6 milioni? Gli under 79 diminuiranno drasticamente: meno 12,9 milioni. Mentre gli over 80, al contrario, aumenteranno di 2,3 milioni.
Vediamo come si ripercuoterà tutto questo sulla forza lavoro. Nel 2070 ci saranno quasi 4 milioni di occupati in meno: passeranno da 24,1 a 20,2 milioni.
Il numero dei pensionati, invece resterà quasi invariato, cioè 14,7 milioni contro i 14,9 di oggi.
In altre parole: oggi, ogni 100 persone tra i 20 e i 64 anni, ossia in età lavorativa, mantengono 42 anziani. Nel 2070, ne dovranno mantenere 67. Sarà proprio in quegli anni che la Generazione Z avrà tra i 58 e i 73 anni. Cosa li attende?
L’equilibrio a rischio
Il sistema pensionistico si regge solo se ci sono almeno 1,5 lavoratori per ogni pensionato. Oggi siamo a 1,6. Ma nel 2070, senza cambiamenti, scenderemo a 1,37: il rischio è che salti il banco. Il sistema pensionistico può finire sotto la soglia di sostenibilità.
Per questo, già nel luglio 2009, un decreto-legge del governo Berlusconi IV (n. 78, art. 22 ter comma 2 qui) ha stabilito che l’età pensionabile, oggi 67 anni, debba aumentare in base alla speranza di vita certificata dall’Istat. Nel 2011, la riforma Fornero (legge 201/2011 qui) ha trasformato gli adeguamenti da triennali a biennali (art. 24 comma 13 qui) e li ha estesi anche ai requisiti per la pensione anticipata, quella legata al raggiungimento di un certo numero di anni di contributi (art. 24 comma 12 qui).
Dal 2019, con il governo Conte I, i requisiti per la pensione anticipata sono stati congelati fino al 2026 (n. 4, art. 15 comma 2 qui). Non sono stati dunque adeguati alla crescita dell’aspettativa di vita, ma restano 42 anni e 10 mesi di contribuzione per gli uomini e un anno in meno per le donne. Successivamente, Quota 100 (voluta dalla Lega), Quota 102 (qui) e Quota 103 (qui) hanno abbassato ancora l’età di uscita, aggravando il problema.
La domanda giusta
Cosa significa tutto ciò per i Gen Z? Il Centro studi Itinerari Previdenziali, guidato da Alberto Brambilla, avverte: in futuro la pensione sarà garantita se l’età di pensionamento seguirà la demografia e se aumenteranno gli occupati. In sintesi: non può esserci una pensione anticipata per tutti, vanno tutelate solo le situazioni di vera fragilità, e per il resto bisogna premiare le carriere più lunghe, lasciando che l’età pensionabile cresca con l’aspettativa di vita.
Per i giovani di oggi la domanda giusta non è «prenderò la pensione ?», ma «di quanto sarà la mia pensione?». Vediamo su quali regole viene calcolata.
Lo spartiacque
La riforma Dini del 1995 ha sostituito il sistema retributivo con quello contributivo (legge 335/95 qui). La differenza è sostanziale. Nel sistema retributivo la pensione è calcolata sulle ultime retribuzioni: se ho avuto una carriera difficile ma negli ultimi anni ho guadagnato di più, la mia pensione sarà comunque dignitosa. Nel sistema contributivo, invece, la pensione dipende da quanto verso in tutta la vita lavorativa: periodi di disoccupazione, lavori precari o stipendi bassi incidono pesantemente. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 è interamente nel sistema contributivo, e le prime pensioni totalmente contributive inizieranno a essere erogate nel 2036, ipotizzando una carriera iniziata nel 1996 e un pensionamento a 66-67 anni.
Una pensione più magra
Secondo il Consiglio nazionale dei Giovani, l’organo che si occupa di rappresentarli nel dialogo con le Istituzioni (qui), già i nati nel 1980 percepiranno pensioni lorde medie di 1.593 euro al mese, inferiori a parità di potere d’acquisto, del 25% rispetto ai nati nel 1945 (qui su dati Inps, pag. 19). La Generazione Z rischia di ritrovarsi in una situazione ancora peggiore perché parte da stipendi iniziali più bassi e carriere più frammentate (qui il Dataroom sulle buste paga).
Bisogna agire ora
Se l’età pensionabile aumenterà, anche il lavoro dovrà essere adattato. Occorre ripensare le mansioni per gli over 55, ridurre l’usura fisica, offrire formazione continua e contratti flessibili che accompagnino alla pensione. E occorre farlo da oggi. Va poi considerato il fatto che in questo momento l’Italia ha 36 milioni di persone in età da lavoro, ma solo 24 milioni hanno un’occupazione. Questi 12 milioni di inattivi sono un’enorme riserva che va recuperata con assoluta priorità, proprio per sostenere le pensioni di domani.
dataroom@corriere.it
Se le persone nascono uguali, ma durante la loro carriera professionale hanno destini diversi, derivanti dalla fortuna e dalle loro capacità, forse è il caso di farle ritornare uguali almeno da vecchi, assicurando a tutti un reddito congruo, dignitoso ma equo per tutti.
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Un aspetto non chiarito ma cruciale, è il fatto che aspettativa di vita o no, all’età oggi pensionabile progredisce un degrado di prestanza fisica, e a volte anche psichica, che contrasta crudelmente con i ragionamenti da tavolino dei vari burocrati che ne disquisiscono. https://www.santagostino.it/it/santagostinopedia/invecchiamento
“che l’età pensionabile, oggi 67 anni, debba aumentare in base alla speranza di vita” e la prestanza fisica pure me la aumentano per legge?!
E poi, se la popolazione diminuisce ed i vecchi la vorano più a lungo, come lo risolviamo il problema della disoccupazione giovanile, ulteriormente in progresso in futuro?!
Sarebbe gran tempo di ripensare i meccanismi dell’economia mettendo più risorse da parte per far fronte a questi problemi di un futuro non così lontano; tassazione veramente progressiva (come da costituzione), eliminazione di privilegi illegali, lotta a corruzione ed evasione fiscale, drastica riduzione degli sprechi di soldi pubblici dovranno essere una priorità per i governi a venire.
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