L’ultimo rapporto Milex demolisce la narrazione della retorica bellicista che vorrebbe l’Italia inadempiente nella contribuzione Nato.

(di Giulio Cavalli – lanotiziagiornale.it) – C’è una guerra che si combatte a colpi di propaganda. Spesso vestita da “linee guida” o “obiettivi condivisi”. Propaganda che serve a giustificare l’insostenibile, a far sembrare dovuto ciò che è già eccesso. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio Milex demolisce una delle narrazioni più durevoli della retorica bellicista: quella che vorrebbe l’Italia inadempiente nella contribuzione Nato. È il contrario. Siamo tra i primi.
Secondo il nuovo Burdensharing Index, che tiene conto della capacità reale di ogni Paese di contribuire alla sicurezza globale (non solo del Pil), l’Italia è il primo alleato Nato dopo Stati Uniti e Giappone. Il nostro indice di contribuzione assoluta è 4,75, superiore a Francia, Regno Unito, Germania e Olanda. Se poi si considera la nostra capacità economica, risultiamo il settimo contributore Nato, con un Burdensharing Ratio di 1,12. Tradotto: stiamo già dando più di quanto le nostre possibilità giustificherebbero.
Eppure si insiste nel raccontare un’Italia “in ritardo”, da redimere con un salto al 5% del Pil in spese militari. Una forzatura che richiederebbe, secondo Milex, oltre 400 miliardi aggiuntivi in un decennio. Intanto la Banca Europea degli Investimenti finanzia con 540 milioni una base militare in Lituania, mentre Ursula von der Leyen legittima l’esclusione del Parlamento europeo dalle decisioni sul riarmo con la scusa della “sfida esistenziale”. Il tutto mentre la Spagna prende le distanze, definendo “irrazionale” il nuovo target della Nato e “incompatibile col nostro welfare”. Appunto.
In questo quadro, il dibattito democratico viene trattato come un intralcio. I vincoli di bilancio spariscono solo per i carri armati. Le clausole di emergenza diventano la regola. Gli investimenti diventano spese solo quando riguardano la sanità, non la difesa. La guerra, per tornare accettabile, ha bisogno di sembrare naturale. E naturale, oggi, è solo il diritto a non crederci più.
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Devo confessare che l’unico merito di questo articolo è avermi fatto scoprire l’esistenza del Burdensharing Index, che ignoravo.
Tolto questo, dopo averlo letto (vantaggi dei turni di notte), mi verrebbe sinceramente voglia di prendere a calci il giornalista; “sciacallo dell’informazione” sarebbe forse una definizione più accurata. Non si possono ingannare i lettori in modo così spudorato.
Il Burdensharing Index è uno strumento estremamente complesso, che tiene conto di una molteplicità di fattori: spesa militare, sì, ma anche contributi operativi (missioni, truppe), infrastrutturali (presenza di basi NATO), politici e strategici, tutti correlati tramite algoritmi vettoriali. È un indice che riflette l’allineamento concreto di un Paese all’architettura NATO, non solo la sua disponibilità a spendere.
Ad esempio, se l’attuale governo è fortemente allineato alle richieste dell’alleanza, è del tutto normale che il BS Index salga.
Se domani dovesse subentrare un governo con una postura diversa (diciamo, uno stile Conte), l’indice probabilmente scenderebbe; ammesso che a un diverso atteggiamento politico corrispondano anche atti concreti. Il debito pubblico italiano da oltre 3.000 miliardi lascia qualche dubbio in merito.
Se l’Italia ospita più basi NATO della Francia, è del tutto logico che il nostro indice sia più alto.
E se domani gli Stati Uniti decidessero di chiudere Aviano o Sigonella, il nostro indice scenderebbe, a prescindere dalla spesa militare nazionale.
Quanto al Burdensharing Ratio, si tratta di un indicatore che misura l’equità del contributo in rapporto alla capacità economica, ma anche in questo caso non si limita agli oneri finanziari. È costruito a partire dal BS Index e ne eredita la logica composita.
Quindi cosa c’entra la dichiarazione di Sánchez?
Sánchez contesta esplicitamente l’aumento della spesa militare al 5% del PIL. Non ha detto che la Spagna non contribuirà alla sicurezza collettiva, né che vuole uscire dalla NATO. Sta parlando di soldi, non di basi, missioni o posizionamenti strategici.
Tirarlo in ballo per sostenere la tesi dell’Italia “virtuosa” e’ profondamente scorretto. L’articolo messcola piani diversi per prendere per il kulo i lettori.
Un’informazione onesta dovrebbe spiegare come funziona davvero quell’indice. Non usarlo come arma ideologica.
Burdensharing and Its Discontents: Understanding and Optimizing Allied Contributions to the Collective Defense
Indice alternativo alla percentuale di spesa sul PIL pone l’Italia ai vertici di contributo alla sicurezza globale – MIL€X Osservatorio sulle spese militari italiane
https://www.ansa.it/amp/europa/notizie/rubriche/altrenews/2025/04/22/socialisti-ue-madrid-partner-affidabile-nella-nato-e-nellue_bbc2d68e-5645-4da0-a
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E tutto questa spiegazione dettagliata da chi non sapeva nemmeno dell’esistenza del burdensharing index. Complimenti!!
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esiste perché deve mantenere dei succhiasoldi europei ,tutta gente inesistente e improbabile che però paghiamo 20 mila al mese più spese !
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Se leggendo Giulio Cavalli ( spesso approssimativo e fazioso) la tua reazione è prenderlo a calci ( e per me è legittimo, pure da “pacifista”…) non oso pensare cosa possa ispirarti un articolo di Jacopo Iacoboni.
P.s. Se incrocio Jacopo Iacoboni vado in galera. Sicuro.
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