Il caso Paragon si allarga: tra gli spiati anche il fondatore di Dagospia, Roberto D’Agostino. La procura di Roma ha disposto accertamenti tecnici sul suo smartphone e su quelli delle altre sei persone oggetto di spionaggio. Saranno presenti consulenti della Fnsi e dell’Odg. E le opposizioni chiamano in causa il governo: Meloni non può più tacere

(Irene Famà – lastampa.it) – Lo scandalo Paragon si allarga. E la Procura di Roma ha disposto accertamenti tecnici irripetibili sui dispositivi telefonici in uso a sette persone, parti lese nell’indagine: il fondatore di Dagospia Roberto D’Agostino e i giornalisti Eva Vlaardingerbroek, Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino. L’accertamento riguarda anche i dispositivi degli attivisti di Mediterranea Saving humans Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferraris. I magistrati vogliono verificare se nei cellulari c’è traccia del software Graphite prodotto dalla società di Tel Aviv Paragon Solutions o se invece ci sono altri tipi di spyware. L’attività tecnica, in base a quanto si apprende, è svolta in coordinamento con i pm della procura di Napoli che sulla vicenda hanno avviato un fascicolo.
Il conferimento dell’incarico verrà affidato lunedì. Nell’indagine si procede, al momento contro ignoti, per accesso abusivo a sistema informatico e quanto previsto all’articolo 617 del codice penale su reati informatici, cognizione, interruzione o impedimento illecito di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche e installazioni abusiva di apparecchiature atte ad intercettare. L’ordine dei giornalisti e la Federazione Nazionale Stampa Italiana, costituitisi nel procedimento, potranno nominare loro consulenti per questi accertamenti.
«Cronache dall’Italia all’olio di ricino: Dagospia finisce spiata! – si legge sul sito di Dagospia – Lo scandalo delle intercettazioni illegittime si allarga, nel disinteresse collettivo: dopo Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, spiato per più di cinque mesi con il software Graphite, anche Roberto D’Agostino e Dagospia sono finiti nell’inchiesta delle procure di Roma e Napoli sul caso di spionaggio».
E se dagli accertamenti del Copasir, il comitato parlamentare che monitora l’operato degli 007 italiani, è emerso che le intercettazioni agli attivisti dell’ong dei servizi segreti esterni sono state preventive e autorizzate, resta l’interrogativo su chi ha spiato i giornalisti.
Ed è polemica politica. Matteo Renzi, leader di Italia viva, attacca: «Lo scandalo intercettazioni illegittime esplode ogni giorno di più. Se davvero anche Dagospia è stata messa sotto controllo, come sembra, siamo davanti a una svolta clamorosa». Sui social scrive: «Io non sono un fan di Roberto D’Agostino e con lui ho avuto scontri molto duri, in tutte le sedi. Ma se anche Dagospia è stata spiata e il governo italiano continua a far finta di nulla, siamo in presenza di un fatto gravissimo – spiega sui social – Nelle democrazie non si spiano i giornalisti. Se si spiano i direttori delle testate giornalistiche non è più democrazia. Tutti zitti anche stavolta? #ItalianWatergate». L’europarlamentare Sandro Ruotolo, responsabile informazione nella segreteria Pd, Debora Serracchiani, capogruppo Dem della commissione giustizia alla Camera e Stefano Graziano, capogruppo Pd della commissione Difesa alla Camera, aggiungono: «La presidente Meloni e il sottosegretario Mantovano non possono più tacere. Se i servizi segreti italiani continuano a sostenere la loro estraneità nell’intercettare i giornalisti, il governo deve dirci chi è stato. Chi ha avuto accesso ai loro telefoni? Chi ha installato lo spyware? E con quali finalità? Il caso non è chiuso, si sta allargando».
Tutte balle tanto per intimarci di stare bravi e… non disturbare il grande manovratore.
Le persone che contano sono tutte attenzionate dai nostri emeriti servizi segreti e tutti i gerarchi che si sono succeduti al governo sanno e sapevano.
Oggi ci meravigliamo per le proteste di quelli che spiavano ieri e che torneranno a spiare nell’eventualità dovessero ritornare a governare.
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Sono stati colti con il sorcio in bocca e hanno avuto anche la sfortuna che una delle procure che si occupa del caso è guidata dal magistrato più famoso d’Italia. Ne vedremo delle bruttissime e Mantovano può pure essere arrestato senza tante cerimonie, visto che non è né parlamentare né ministro.
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Troveranno il fesso a cui dare la colpa… basta aspettare ..avete sempre fretta!
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e sarà sempre il “solito IGNOTO”
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infatti… e ci vuole tempo perchè il personaggio che troveranno vorrà una contropartita!
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